La spesa per il welfare, pensioni, sanità e assistenza, nel 2022 ha raggiunto i 559 miliardi, la metà della spesa totale italiana. Solo per le pensioni ammonta a 247 miliardi. Tra i possibili interventi la separazione tra previdenza e assistenza, limitare l'uscita anticipata, incentivi per chi resta al lavoro e misure di politica attiva
Nel 2022 è aumentato il numero dei pensionati in Italia che salgono a 16,1 milioni, per una spesa previdenziale pari a 247 miliardi di euro.
Questo uno dei dati emersi dall’analisi pubblicata dal Centro studi e ricerche “Itinerari previdenziali” e presentata alla Camera il 15 gennaio 2024.
Il rapporto tra pensionati e lavoratori è di 1,4, ancora lontano dalla soglia di sicurezza, ma il sistema, come sottolineato dal Presidente Alberto Brambilla, continuerà ad essere sostenibile anche per i prossimi 10/15 anni purché vengano effettuate scelte oculate e interventi mirati su pensioni anticipate, età pensionistica e politiche attive del lavoro.
Quanto valgono gli importi della pensione? Nel 2022 la spesa per gli assegni è stata di 247 miliardi di euro
È stato pubblicato ieri, 16 gennaio 2024, l’11° Rapporto “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2022”, elaborato dal Centro studi e ricerche “Itinerari previdenziali”.
Il documento racchiude una visione d’insieme del complesso sistema previdenziale italiano una riclassificazione della spesa sostenuta per il welfare all’interno del più ampio bilancio dello Stato.
All’interno sono indicati gli andamenti della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi delle differenti gestioni pubbliche e privatizzate che forniscono una fotografia della situazione di INPS e Casse di Previdenza dei liberi professionisti al 2022.
La spesa per la protezione sociale, comprensiva quindi di pensioni, sanità e assistenza, ammonta in totale a 559,5 miliardi di euro. Un valore in aumento del 6,2 per cento rispetto all’anno precedente e pari a più della metà della spesa totale italiana.
Solo per le pensioni, la spesa nel 2022 ha raggiunto i 247,5 miliardi di euro, 48 dei quali solo per le uscite anticipate. Le prestazioni pensionistiche in pagamento sono state 22,7 milioni (17,7 IVS; 4,4 pensioni assistenziali INPS; 641mila indennità INAIL).
I dati salienti che emergono dal rapporto mostrano un incremento del numero dei pensionati che nel 2022 raggiungono i 16,1 milioni, ma anche la risalita del tasso di occupazione, che fa aumentare a quota 1,4 il rapporto tra occupati e pensionati, ancora distante però dalla soglia considerata di sicurezza, cioè 1,5.
Il rapporto delinea un sistema sostanzialmente in equilibrio, e che continuerà ad esserlo anche tra 10/15 anni quando si pensioneranno i nati dal 1962 al 1980, purché si presti attenzione affinché vengano limitate le troppe eccezioni alla Legge Fornero e si sleghi il rapporto tra previdenza e assistenza.
Inoltre, sarà necessario prestare attenzione la questione della transizione demografica, con il rapido invecchiamento della forza lavoro e il crollo delle nascite.
Riforma pensioni: le possibili ipotesi di intervento a breve medio termine
La delicata stabilità del sistema, ha spiegato il Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, si potrà mantenere anche fino al 2035/2040 quando la maggior parte dei baby boomer sarà in pensione.
Perché avvenga, continua Brambilla, però sarà necessario intervenire in maniera stabile e duratura, tenendo conto di alcuni principi fondamentali, quali:
- ridurre le numerose forme di pensionamento anticipato a pochi strumenti efficaci, con conseguente aumento delle età di pensionamento;
- favorire l’invecchiamento attivo dei lavoratori e delle lavoratrici con misure misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più anziane (interventi come la reintroduzione del cosiddetto “superbonus” per chi volontariamente desidera lavorare fino ai 71 anni, che permette di fruire del 33 per cento di contributi al netto delle imposte in busta paga per tre anni);
- favorire le politiche attive del lavoro accompagnate da una intensificazione della formazione professionale (si propone di eliminare la varie forme di decontribuzione, compresa quella Sud, sostituendole con crediti d’imposta, welfare aziendale e aumenti dell’articolo 51 del Tuir);
- favorire la prevenzione, intesa in senso più ampio come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute.
Anche se il sistema appare stabile, almeno nel prossimo futuro, saranno necessari, dunque, interventi mirati e strutturali per affrontare le sfide della sostenibilità, della transizione demografica e dell’invecchiamento della forza lavoro.
Per tutti i dettagli si rimanda al testo integrale del Rapporto.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Quanto valgono gli importi della pensione? Nel 2022 la spesa per gli assegni è stata di 247 miliardi di euro