Obbligo di identità soggettiva tra chi appone il visto di conformità e chi trasmette la dichiarazione dei redditi, Irap o IVA, ma vale la “buona fede” per i comportamenti precedenti: ecco tutte le novità nella risoluzione numero 99/E del 29 novembre 2019.
L’Agenzia delle Entrate interviene in materia di visto di conformità con un provvedimento - la risoluzione numero 99/E del 29 novembre 2019 - che conferma un aspetto molto dibattuto tra gli addetti ai lavori: l’apposizione del visto di conformità puo’ avvenire solo da parte del soggetto che ha trasmesso la dichiarazione dei redditi, Irap o la dichiarazione IVA.
In linea di principio non si tratta di una straordinaria novità: le responsabilità di chi invia la dichiarazione dei redditi sono ben diverse da quelle di colui che appone il visto di conformità; quindi normalmente le due figure - soggetto che predispone ed esegue l’invio telematico e soggetto che appone il visto di conformità - coincidono.
Ad ogni modo, la stessa Agenzia delle Entrate ha precisato che, rispetto alle condotte già poste in essere, gli uffici competenti valuteranno caso per caso la sussistenza per l’applicazione del principio di affidamento e buona fede previsto dal comma 3 dell’articolo 10 della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) e dal comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo numero 472/1997.
Visto di conformità: chi invia la dichiarazione dei redditi deve essere lo stesso soggetto che appone il visto di conformità, ecco quanto chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione numero 99/E del 29 novembre 2019
Con la risoluzione numero 99/E del 29 novembre 2019 l’Agenzia delle Entrate chiarisce una volta per tutte un tema molto dibattuto tra gli addetti ai lavori ovvero l’obbligo di identità soggettiva tra colui che invia la dichiarazione dei redditi e colui che appone il visto di conformità.
- Visto di conformità: obbligo di identità soggettiva con chi esegue l’invio telematico della dichiarazione dei redditi
- Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 99/E del 29 novembre 2019: testo ufficiale in formato pdf
Com’è noto, il visto di conformità è obbligatorio al fine di:
- ottenere l’esonero dalla prestazione della garanzia in caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza a credito IVA superiore a 30.000 euro (si veda a questo proposito l’articolo 38-bis del dpr 633/1972);
- utilizzare in compensazione i crediti emergenti dalle dichiarazioni fiscali per importi superiori a 5.000 euro.
Chi puo’ apporre il visto di conformità: i soggetti abilitati
I soggetti legittimati all’apposizione del visto di conformità sono individuati dall’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo numero 241/1997:
“I soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, numero 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l’asseverazione di cui ai commi 1 e 2, lettera a), del presente articolo, relativamente alle dichiarazioni da loro predisposte”
L’articolo 3, comma 3, del dpr 322/1998 prevede come soggetti incaricati della trasmissione telematica della dichiarazione dei redditi:
a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell’articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché
quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ovvero:
- e1) associazioni e le società semplici costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni in cui almeno la metà degli associati o dei soci è costituita da soggetti indicati all’art. 3 comma 3, lettere a) e b) del dpr 322/1998;
- e2) società commerciali di servizi contabili le cui azioni o quote sono possedute per più della metà del capitale sociale da soggetti indicati all’art. 3, comma 3, lettere a) e b) del dpr 322/1998.
Visto di conformità: ecco perché chi lo appone deve essere lo stesso soggetto che invia la dichiarazione dei redditi
L’articolo 23 del decreto ministeriale 164/1999 stabilisce che:
“1. I professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili.
2. Le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.”
Tale norma va letta alla luce della disposizione di cui al comma 3-bis dell’articolo 3 del d.p.r. 322/1998:
“I soggetti di cui al comma 3, incaricati della predisposizione delle dichiarazioni previste dal presente decreto, sono obbligati alla trasmissione in via telematica delle stesse”
Inoltre, la circolare della stessa Agenzia delle entrate numero 21/E del 4 maggio 2009, ha chiarito che
“La trasmissione telematica delle dichiarazioni può essere effettuata esclusivamente dal singolo professionista che ha apposto il visto di conformità o dall’associazione cui lo stesso appartiene e non può essere effettuata da altro professionista, anche se abilitato, della stessa associazione diverso da quello che ha apposto il visto sulle dichiarazioni.”
Visto di conformità: sanzioni e tutela della buona fede
Qualora la dichiarazione dei redditi o IVA sia vistata da un soggetto che non ne aveva la legittimità, l’Agenzia delle Entrate applicherà le sanzioni previste dalla normativa vigente.
In particolare, per il contribuente l’Amministrazione finanziaria procederà a:
- richiedere idonea garanzia per ottenere il rimborso dei crediti IVA;
- irrogare le sanzioni previste ai sensi dell’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo numero 471 del 1997, con conseguente recupero del credito superiore a 5.000 euro.
In ordine, invece, al professionista che ha apposto un visto su una dichiarazione poi non trasmessa dallo stesso oppure trasmesso una dichiarazione dallo stesso non vistata, trovano applicazione rispettivamente:
- l’articolo 39 del d.lgs. n. 241 del 1997 ovvero una sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582;
- l’eventuale sospensione e inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità previste nelle ipotesi individuate dall’articolo di cui sopra.
Come detto in apertura, per le situazioni passate l’Agenzia delle Entrate valuterà caso per caso, nel rispetto dei principi di affidamento e buona fede previsti dallo statuto dei diritti del contribuente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Visto di conformità: obbligo di identità con chi trasmette la dichiarazione fiscale