La violazione del termine dilatorio (vigente pro tempore) rende illegittimo l’atto impositivo

Emiliano Marvulli - Imposte

In caso di inosservanza del termine dilatorio per l'avviso di accertamento, in vigore fino all'abrogazione del DLgs n. 219/2023, l'atto impositivo risulta illegittimo: lo precisa la Corte di Cassazione

La violazione del termine dilatorio (vigente pro tempore) rende illegittimo l'atto impositivo

L’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, vigente fino all’abrogazione disposta dal D.Lgs. n. 219/2023, determina l’illegittimità dell’atto impositivo, salvo la ricorrenza di specifiche ragioni di urgenza.

Pertanto, in caso di violazione del termine di legge, senza che l’Amministrazione finanziaria provi la ricorrenza di ragioni d’urgenza, l’atto impositivo emanato ante tempus è nullo.

È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 19151 dell’11 luglio 2024.

Violazione del termine dilatorio e legittimità dell’atto impositivo

Sulla base delle risultanze di un processo verbale di constatazione, rilasciato alla società a conclusione di una verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento ai fini IRAP prima della scadenza prevista dalla legge.

L’atto è stato impugnato dalla contribuente e la CTP lo ha accolto per il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art.12 comma 7 della L.n. 212/2000, vigente pro tempore, a far data dalla consegna del PVC.

Sulle medesime motivazioni l’appello proposto dall’Ufficio finanziario è stato respinto dalla CTR. L’Agenzia delle entrate ha quindi impugnato la sentenza d’appello, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, nella parte in cui ha ritenuto illegittimo l’atto perché emesso ante tempus.

Nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, ancorché il termine di 60 giorni non sia stato rispettato, il principio del contraddittorio non è stato violato, perché il contribuente ha comunque prodotto all’Ufficio osservazioni ai sensi dell’art. 12 comma 7 della L.n. 212/2000, dimostrando così di aver esercitato in concreto il diritto al contraddittorio, a prescindere dal mancato rispetto del termine dilatorio.

In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, dello statuto del contribuente dev’essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento-termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus.

Detto termine, infatti, è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.

Termine dilatorio e legittimità dell’atto impositivo: la posizione della Corte di Cassazione

Il vizio invalidante non consiste dunque nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione dà continuità al seguente principio, in quanto lo spatium deliberandi di 60 giorni fino all’ultimo giorno consente al contribuente di effettuare nuove ed ulteriori interlocuzioni ai fini del compimento del contraddittorio, e questo lasso di tempo riservato dalla legge non può essere abbreviato o consumato dalla presenza di una intermedia interlocuzione scritta.

Da qui il rigetto del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria con conseguente declaratoria di illegittimità dell’avviso di accertamento.

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