Variazione IVA in diminuzione e procedura fallimentare: regole, tempistiche e modalità che il cedente del bene o il prestatore del servizio deve seguire per portare l'imposta in detrazione. A chiarirle è l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 328 del 2 agosto 2019.
Variazione IVA in diminuzione e procedura fallimentare, deve esserci il presupposto della conclusione infruttuosa. Regole, tempistiche e modalità nei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 328 del 2 agosto 2019.
La variazione IVA in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta è una possibilità offerta al cedente del bene o prestatore del servizio, che in questo modo può portare in detrazione l’imposta che corrisponde alla variazione.
Si può utilizzare solo nei casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi di procedure concorsuali oppure esecutive individuali rimaste infruttuose.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 328 del 2019
- Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Variazione IVA in diminuzione e procedura fallimentare: quando utilizzarla
Lo spunto per fare luce sulla variazione IVA e sulle condizioni per potersene avvalere viene fornito da un contribuente che si rivolge all’Agenzia delle Entrate per poter ottenere chiarimenti sulle modalità per beneficiarne.
Nel fornire i chiarimenti richiesti, l’Agenzia delle Entrate parte dal riferimento normativo cardine, l’articolo 26, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che stabilisce:
“Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, […] per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose […], il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
Come si legge nella risposta all’interpello numero 328 del 2019, nei casi caratterizzati dalla certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore, perché che il contribuente possa beneficiare del diritto alla variazione IVA devono verificarsi determinate condizioni:
- deve aver avuto inizio una procedura, ovvero deve essere stato posto in essere almeno, il primo atto tipico (rispettivamente, sentenza dichiarativa del fallimento o pignoramento) con il quale la stessa si instaura;
- la procedura deve essere stata conclusa infruttuosamente, vale a dire:
- per ciò che attiene al fallimento, deve essere scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato, ovvero in assenza del piano riparto, deve essere scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso;
- per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, si verifica quando il credito del cedente o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato, ossia deve risultare accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione.
Variazione IVA in diminuzione e procedura fallimentare: le regole da applicare
Nel quadro di regole che delinea l’Agenzia delle Entrate, le tempistiche sono fondamentali. Nel testo del documento si specifica:
“Alla luce del quadro normativo e di prassi succintamente tratteggiato, deve desumersi che la chiusura della procedura esecutiva individuale consente, in linea generale, l’emissione di una nota di variazione ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA per la parte del credito rimasta insoddisfatta.
Tale previsione deve tuttavia coordinarsi con l’eventuale fallimento del creditore esecutato”.
Non c’è alcun dubbio sulla possibilità di beneficiare di questo strumento quando il fallimento avviene in un momento non solo successivo alla chiusura della procedura esecutiva individuale, ma anche all’emissione delle note di variazione in diminuzione con relative annotazioni nei registri IVA che consente.
La stessa cosa non si può dire quando l’apertura del fallimento e l’insinuazione al passivo avvengono prima dell’emissione delle note di variazione.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, conclude:
“In tale eventualità, infatti, l’instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l’intero patrimonio del cessionario debitore impone, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l’esito – secondo quanto precisato sub a) ed indicato nei citati documenti di prassi: «Il legislatore fiscale ha [...] inteso subordinare il diritto alla variazione IVA all’avvenuta insinuazione al passivo fallimentare se e nella misura in cui, all’esito della procedura, il relativo credito sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto» (così la risoluzione n. 195/E del 2008) – potendo, in ipotesi, la procedura collettiva risultare in tutto od in parte fruttuosa anche per il creditore individuale rimasto prima insoddisfatto”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Variazione IVA in diminuzione e procedura fallimentare: regole e tempi