Il Ministro del Lavoro Calderone interviene sulla questione dei ritardi nei rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Si guarda a tassazione agevolata e ulteriore taglio del cuneo fiscale come strumenti risolutivi: uno sguardo ai CCNL in stand by
Tassazione agevolata nel breve termine e ulteriore diminuzione del cuneo fiscale nel corso della legislatura.
Questa la ricetta proposta dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, che mercoledì 11 gennaio 2023, è intervenuta alla Camera dei Deputati sulla spinosa questione dei ritardi nei rinnovi di contratti collettivi nazionali di lavoro.
Una questione che coinvolge più della metà dei lavoratori dipendenti italiani in attesa - in alcuni casi anche da anni - del rinnovo del proprio contratto collettivo di lavoro.
Ritardi che si ripercuotono in maniera importante sulla vita quotidiana dei lavoratori, alle prese con l’inflazione crescente e stipendi inadeguati all’aumento del costo della vita.
Ipotesi tassazione agevolata per facilitare il rinnovo dei CCNL
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, rispondendo a un’interrogazione presentata dal Partito Democratico, ha annunciato l’intenzione del Governo di attivare una serie di misure e interventi volti ad agevolare e velocizzare la risoluzione dei rinnovi dei contratti collettivi scaduti da maggior tempo, assicurando la convocazione presso il Ministero delle parti sociali interessate dai rinnovi.
Il Ministro ha poi riferito circa le azioni che il Ministero starebbe valutando di intraprendere per facilitare la risoluzione delle vertenze come, ad esempio, la possibilità di estendere ai nuovi contratti le forme di tassazione agevolata introdotte con nella Legge di Bilancio 2023 e un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale.
“Con gli uffici del Ministero - ha detto il Ministro Calderone - stiamo valutando le modalità con cui adottare strumenti normativi che facilitino l’efficace soluzione della questione. Mi riferisco, in particolare, alla riaffermazione dell’impegno a ridurre il cuneo contributivo e fiscale di 5 punti percentuali nel corso della legislatura, ma anche al sostegno alla contrattazione decentrata e al welfare aziendale, oltre che all’estensione ai rinnovi contrattuali e alle relative clausole in materia di aumenti reddituali di forme di tassazione agevolata sulla scia e a implementazione di quanto già fatto recentemente con la citata legge di bilancio.”
Queste le misure al vaglio del Ministero del Lavoro che naturalmente dovranno trovare opportune coperture finanziarie.
Rinnovo contratti, qual è la situazione? I dati Istat sui CCNL
Ma qual è la situazione delle vertenze relative ai rinnovi dei CCNL?
Secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istat, a fine settembre 2022 erano 29 i contratti collettivi nazionali di lavoro in attesa di rinnovo e circa 6,3 milioni i dipendenti coinvolti, pari al 50,7 per cento del totale.
Lavoratori che da mesi, in alcuni casi da anni, attendono un adeguamento contrattuale che si armonizzi con l’aumento del costo della vita.
L’istituto di statistica ci dice anche che nel 2022 sono aumentati anche i tempi medi di attesa per i rinnovi, che sono passati da 28,7 mesi (settembre 2021) a 33,9 mesi (settembre 2022).
In media, quindi, un lavoratore con contratto scaduto deve attendere circa 2 anni e 8 mesi per il rinnovo del contratto.
Scendendo più nel dettaglio, dalla lettura dei dati Istat, si evince che nel corso del terzo trimestre del 2022 sono stati rinnovati sei contratti del settore privato, ovvero, quelli relativi a:
- estrazione minerali solidi;
- chimiche;
- laterizi e manufatti in cemento;
- energia elettrica;
- radio e televisioni private;
- energia e petroli.
Nel pubblico, invece, sono stati recepiti i rinnovi per i contratti di vigili del fuoco non direttivi e non dirigenti e vigili del fuoco direttivi.
Nello stesso periodo però è scaduto il CCNL società e consorzi autostradali.
Questa la sintesi dell’Istat:
“Alla fine di settembre risultano quindi in vigore 44 contratti, che regolano il trattamento economico di circa 6,1 milioni di dipendenti e corrispondono al 50,0 per cento del monte retributivo complessivo.
Quest’ultima quota sale al 66,1 per cento nel settore privato, differenziandosi per attività economica: 100,0 per cento nel settore agricolo, 97,9 per cento nell’industria, 37,0 per cento nei servizi privati. Nella pubblica amministrazione l’incidenza è pari a zero, in quanto tutti i contratti sono scaduti.”
Infine, la previsione dell’Istat per gennaio 2023, in assenza di rinnovi, indica una riduzione della quota dei contratti collettivi in vigore al 40,7 per cento, a fine mese dall’Istituto arriverà un nuovo aggiornamento dei dati.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rinnovo contratti collettivi: si guarda a tassazione agevolata e aumento del taglio del cuneo fiscale