Le somme percepite dal dipendente a causa della perdita di chance, conseguente all'ingiusta esclusione da un concorso interno non sono tassabili. Lo stabilisce la Corte di Cassazione nell'Ordinanza numero 3632 del 2019.
Non sono tassabili le somme percepite dal dipendente a causa della perdita di “chance”, conseguente all’ingiusta esclusione da un concorso interno che lo ha privato della possibilità di sviluppo e di promozione nell’ambito della propria attività lavorativa. Sono invece soggette a tassazione solo le indennità risarcitorie percepite dal contribuente a titolo di mancata percezione di redditi.
Sono queste le indicazioni incluse nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 3632\2019.
- Corte di Cassazione - Ordinanza n.3632 del 7 febbraio 2019
- La perdita di chance non è tassabile. A stabilirlo la Corte di Cassazione con l’Ordinanza 3632/2019.
La Sentenza – La controversia ha ad oggetto l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria in merito a un rimborso IRPEF.
Tale imposta era stata versata dal contribuente su somme ricevute dal proprio datore di lavoro a titolo di risarcimento del danno, a causa della perdita di chance conseguente ad irregolarità verificatesi nello svolgimento di un concorso interno per una promozione.
In accoglimento all’appello proposto dall’Ufficio, la CTR ha ritenuto che la perdita di opportunità lamentata dal contribuente costituisse “un’ipotesi di lucro cessante per il danno patrimoniale futuro”, rientrante nella previsione dell’art. 6 del TUIR che prevede la tassazione di tutte le indennità (anche a titolo risarcitorio) conseguite in sostituzione dei redditi.
Di diversa opinione il contribuente, che qualifica tale circostanza come “danno emergente e non lucro cessante”, non assoggettabile a tassazione perché non avente natura reddituale.
La Corte di legittimità ha accolto il motivo di doglianza proposto dal contribuente nel ricorso per cassazione, rammentando che il disposto del citato art. 6 è riferibile a tutti i casi di indennità sostitutive della retribuzione.
Entrando nel merito i giudici di Piazza Cavour hanno ribadito un principio di diritto già espresso in precedenti pronunce secondo cui, “le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto non tassabile il risarcimento ottenuto da un dipendente “da perdita di chance”, consistente nella privazione della possibilità di sviluppi e progressioni nell’attività lavorativa a seguito dell’ingiusta esclusione da un concorso per la progressione in carriera)”.
A parere dei giudici le opportunità lavorative sono qualificabili come vere e proprie entità patrimoniali, giuridicamente ed economicamente valutabili, “la cui perdita produce un danno attuale e risarcibile qualora si accerti, anche con elementi presuntivi, la ragionevole probabilità dell’esistenza di detta chance intesa come attitudine attuale”. Ciononostante le indennità ricevute per la loro perdita non sono riconducibili all’art. 6 del TUIR perché non hanno natura reddituale in quanto non sostitutive del reddito non percepito.
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