Regime IVA esportatori abituali: cos'è e come funziona? Dalla definizione agli adempimenti di cui tenere conto. Una panoramica sul tema.
Chi è un esportatore abituale e qual è il regime IVA che deve applicare?
Si tratta di un soggetto che effettua operazioni di esportazione, quindi che svolge un’attività lavorativa prevalentemente rapportandosi con clienti esteri. Questa in sintesi la definizione.
In base alle disposizioni dell’articolo 8, comma 1 del D.P.R. n. 633/1972 (Decreto Iva), questa tipologia di imprenditori ha la facoltà di acquistare beni e servizi senza dover corrispondere l’IVA ai propri fornitori, nell’ambito di un plafond che si sono costituiti nell’anno solare precedente.
L’ammontare dei corrispettivi realizzati con l’estero deve superare il volume d’affari calcolato secondo la normativa Iva, di almeno il 10%, per poter acquisire la qualifica di esportatore abituale.
Adempimento fondamentale è il rilascio, da parte dell’esportatore, di una dichiarazione d’intento rivolta sia all’Agenzia delle Entrate che ai propri fornitori.
Vediamo di seguito i diversi metodi di calcolo per il plafond, gli adempimenti dichiarativi ai fini Iva, la dichiarazione di intento e i rimedi previsti per lo splafonamento, cioè il superamento del limiti previsto dal plafond.
Lo status di esportatore abituale
Ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del DPR n. 633/72, costituiscono cessioni alle esportazioni non imponibili le cessioni, anche tramite concessionari, eseguite mediante il trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità Europea, risultanti da un documento doganale.
Il comma c) del medesimo articolo specifica che:
le cessioni, anche tramite commissionari, dei beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e le prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell’imposta
Le operazioni che concorrono a formare il plafond sono:
- cessioni all’esportazione di cui all’art. 8, primo comma lettera a) e b) del Dpr 633/1972;
- cessioni di beni e prestazione di servizi assimilate alle precedenti ex articolo 8 bis del D.p.r. 633/1972;
- servizi internazionali e connessi agli scambi internazionali di cui all’articolo 9 del D.p.r. 633/1972;
- operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino (articolo 71, comma 1 del D.p.r. 633/1972);
- operazioni non imponibili in base a trattati e accordi internazionali (articolo 72 del D.p.r. 633/1972);
- prestazioni di servizi intracee, comprese le operazioni triangolari (articolo 41, commi 1 e 2 del D.l. 331/1993);
- prestazioni extra-Ue rese dalle agenzie di viaggio (articolo 74-ter del D.p.r. 633/1972;
- cessioni intracomunitarie di beni prelevati da un deposito Iva, con trasporto o spedizione in altro Stato Ue (articolo 50-bis, comma 4, lettera f) del D.l. 331/1993);
- margini di cui al D.L. 41/95 relativi a operazioni non imponibili che possono costituire plafond;
Un esportatore abituale che svolge questo tipo di operazioni, emette fattura in regime di non imponibilità verso in propri clienti, ricevendo al contempo fatture con IVA sugli acquisti dai fornitori. Questa condizione rendebbe l’esportatore un creditore Iva cronico.
Per evitare che ciò si verifichi, l’articolo 8, primo comma, lettera c) del DPR n. 633/72, stabilisce che l’esportatore, ricorrendo al presupposto soggettivo, può formulare il suo intento di richiedere ai fornitori l’applicazione dell’articolo di cui sopra, nei limiti dell’importo delle sue operazioni non imponibili effettuate nei dodici mesi precedenti.
Come si acquisisce lo status di esportatore abituale?
Un esportatore abituale è tale in quanto rispetta un determinato requisito quantitativo, dato dal rapporto tra l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione, delle operazioni assimilate, dei servizi internazionali e delle operazioni intracomunitarie, registrati nell’anno solare precedente, ed il relativo volume d’affari, determinato a norma dell’articolo 20 del D.P.R. n. 633/1972, (senza tener conto dei beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale): quando il risultato di questo rapporto è superiore al 10%, si acquisisce lo status di esportatore abituale.
Esportatore abituale: plafond fisso o plafond mobile?
Un esportatore abituale ha il particolare diritto di acquistare beni e servizi senza dover corrispondere il tributo ai propri fornitori, ossia in regime di sospensione di imposta.
Questo diritto però, può essere esercitato entro un certo limite definito plafond disponibile: esso può essere calcolato con la metodologia del plafond fisso o il sistema del plafond mobile.
Il limite del plafond è costituito dall’ammontare complessivo delle operazioni non imponibili (cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie ed operazioni assimilate, servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali) registrate nell’anno solare precedente.
Con il metodo del plafond fisso, al 1° Gennaio di ciascun anno, si considera come plafond massimo disponibile l’ammontare delle operazioni non imponibili registrate nell’anno precedente; nel corso dell’anno si controlla che gli acquisti e le importazioni con lettera di intento non superino l’ammontare del plafond inizialmente calcolato.
Il metodo del plafond mobile, invece, necessita di una maggiore attenzione operativa, perché è necessario valutare, mese per mese, se si è mantenuto lo status di esportatore abituale.
L’iter di calcolo da seguire è il seguente:
1) verificare mensilmente lo status di esportatore abituale, cioè verificare che le cessioni effettuate all’estero nei dodici mesi precedenti abbiano superato il 10% del volume d’affari;
2) determinare il volume delle operazioni generatrici di plafond registrate nei dodici mesi precedenti;
3) determinare il volume di utilizzi netti, ossia il totale degli acquisti con plafond effettuati nei dodici mesi precedenti e sottrarre da tale ammontare il volume delle esportazioni del tredicesimo mese precedente;
4) determinare l’entità del plafond di cui si dispone all’inizio del mese, che è pari alla differenza tra i due aggregati calcolati al punto 2 e 3.
Il metodo del plafond fisso è certamente più facile da gestire rispetto al plafond mobile ma quest’ultimo è conveniente da utilizzare nel caso in cui si prospetti una crescita delle cessione con l’estero, perché la base di calcolo di riferimento si sposta nel tempo e segue, pertanto, il fatturato dell’azienda.
Non e` possibile acquistare con il plafond i seguenti beni e servizi:
– fabbricati (le limitazioni valgono anche se i fabbricati sono acquisiti con contratti di appalto o di leasing - C.M. n. 145/E del 1998);
– aree fabbricabili;
– beni e servizi per i quali l’IVA è indetraibile, anche per effetto del pro-rata di detrazione ai sensi degli artt. 19 ss. del D.P.R. n. 633/1972
Altra precisazione importante è la definizione del momento di formazione del plafond che, ai fini Iva, differisce dal momento di utilizzo dello stesso: mentre per il primo calcolo si prendono in considerazione le operazioni di esportazione le cui fatture sono state registrate nel registro delle fatture emesse, previsto dall’articolo 23 del D.P.R. n. 633/1972, il plafond si considera utilizzato nel momento di effettuazione degli acquisti e importazioni ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. n. 633/1972.
Gli adempimenti dell’esportatore abituale: la lettera d’intento e dichiarazione Iva
Al fine di poter acquistare dai propri fornitori beni e servizi non imponibili IVA, nel limite del plafond calcolato con i metodi illustrati in precedenza, è necessario che l’esportatore abituale adempia ad un ulteriore adempimento, di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 633/1972, ovvero rilasciando al fornitore un’apposita dichiarazione d’intento.
Dal Febbraio 2015 il D.Lgs. n. 175/2014, il c.d. decreto Semplificazioni, ha stabilito che è l’esportatore abituale a dover comunicare all’Agenzia delle Entrate e al fornitore o alla Dogana la dichiarazione di intento emessa.
La dichiarazione viene presentata inizialmente all’Agenzia delle Entrate, attraverso supporti telematici, compilando il modello Mod. DI: il modello di riferimento è stato confermato con il provvedimento dell’ Agenzia delle Entrate n. 213221 del 2 dicembre 2016.
- Modello DI - Dichiarazione di intento
- Dichiarazione d’intento di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto
Il sistema rilascerà una ricevuta che l’esportatore deve obbligatoriamente consegnare al fornitore o alla Dogana, unitamente alla dichiarazione di intento emessa.
Da un punto di vista dichiarativo, la Dichiarazione Iva 2018, presenta, ugualmente allo scorso anno, il Quadro VC composto da 6 colonne dedicate al plafond disponibile e quello utilizzato dagli esportatori abituali nel corso dell’anno, con la specifica, nel riquadro in basso, del metodo di calcolo del plafond (solare o mensile).
Allo stesso modo, i fornitori di esportatori abituali dovranno compilare il quadro Quadro VI in cui vanno riepilogate alcuni dati relativi alle dichiarazioni d’intento ricevute:
- nel campo 1, il numero di partita IVA dell’ esportatore abituale;
- nel campo 2, il numero di protocollo attribuito dall’Agenzia alla dichiarazione di intento trasmessa in via telematica dall’esportatore abituale.
Come comportarsi in caso di splafonamento?
Lo splafonamento è quella condizione in cui l’esportatore abituale utilizza il suo plafond in maniera eccedente rispetto l’ammontare disponibile, cioè effettua acquisti in regime di esenzione di imposta superando il limite consentito.
La risoluzione del 6 febbraio 2017 16/E dell’Agenzia delle Entrate, spiega tre modalità concesse all’esportatore per poter sanare la condizione di splafonamento:
- l’esportatore può richiedere al proprio fornitore di emettere un’apposita nota di variazione in aumento dell’IVA non addebitata nella fattura originale: si tratta di emettere una nuova fattura contente l’Iva non versata, che l’operatore provvederà a versare al fornitore;
- l’esportatore emette un’autofattura, in duplice copia, contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, L’ammontare eccedente il plafond e l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata.
In seguito all’annotazione dell’autofattura nel registro degli acquisti, si procede al versamento dell’imposta che può avvenire anche con modello F24, utilizzando il codice tributo Iva del periodo in cui si sarebbe dovuta versare l’imposta, il codice tributo 1991 per gli interessi e, per le sanzioni, il codice tributo 8904 - sanzione pecuniaria IVA ravvedimento operoso;
- viene emessa un’autofattura entro il 31 dicembre dell’anno di splafonamento: in questo caso si versa l’IVA in sede di dichiarazione periodica. Si annota la maggiore imposta e i relativi interessi, entro il 31 dicembre del medesimo anno sia nel registro IVA delle vendite, che nel registro IVA degli acquisti. Una copia dell’autofattura va presentata al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, mentre il versamento della sanzione, può essere effettuato anche con l’istituto del ravvedimento operoso. In caso di ravvedimento, la sanzione amministrativa è quella prevista dall’articolo 7 comma 4 del D.Lgs. n. 471/97, (dal 100 al 200% dell’imposta dovuta) e potrà essere versata, tramite il modello F24.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il regime iva degli esportatori abituali