Sono in arrivo i fondi stanziati dall'ultima Legge di Bilancio per il reddito di libertà: delle domande da rifare dopo una lunga attesa, delle criticità e delle possibili soluzioni ne abbiamo parlato con Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re, e Tania Stefanutto, commercialista
Dopo la firma del decreto attuativo che sblocca i fondi stanziati dall’ultima Legge di bilancio per erogare il reddito di libertà alle donne vittime di violenza, la lunga attesa per ricevere il contributo economico sta per finire.
Dai tempi di attuazione alla dotazione in campo, passando per la necessità di ripresentare domanda per tutte coloro che hanno richiesto e non ottenuto il sostegno economico per mancanza di risorse, le buone intenzioni della misura, nella pratica, si scontrano con una serie di limiti e criticità che rendono lo strumento troppo debole per raggiungere gli obiettivi che si prefigge.
Ne abbiamo parlato con Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, e Tania Stefanutto, commercialista presso lo Studio Stefanutto.
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Il rreddito di libertà, fondi in arrivo dopo una lunga attesa sarà possibile ripresentare domanda
Introdotto nel 2020 dal Decreto Rilancio, il reddito di libertà è un contributo economico destinato alle donne vittime di violenza in condizioni di povertà legata a uno stato di bisogno straordinario o urgente seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali.
La Legge di Bilancio 2024 ha messo in campo nuovi fondi (10 milioni per gli anni dal 2024 al 2026 e 6 milioni dal 2027) per supportare il percorso di fuoriuscita dalla violenza con un importo pari a un massimo di 500 euro al mese per dodici mesi.
Il nuovo stanziamento a distanza di un anno ha dato vita a un paradosso: da un lato è stato riconosciuto ed evidenziato il carattere di urgenza dello strumento, dall’altro dopo quasi un anno esatto il provvedimento attuativo non ha ancora tagliato il traguardo della Gazzetta Ufficiale.
Risultato? I 30 milioni di euro stanziati per il triennio, che gli enti locali possono eventualmente incrementare, sono rimasti accessibili solo in teoria. I tempi di attuazione delle novità approvate, messe nero su bianco dalle norme, non sono una questione di forma, ma di sostanza, tanto più nei casi che richiedono risposte urgenti.
Il tema non è certamente nuovo, ci sono agevolazioni rimaste sulla carta anche per due anni, ma senza dubbio è estremamente rilevante se si parla di percorsi di fuoriuscita dalla violenza.
“L’attesa pesa tantissimo nella vita delle donne, che sono intaccate dalla violenza, la violenza può essere di vari tipi e può essere anche una violenza economica. Dai nostri dati D.i.Re un terzo delle donne non ha un proprio reddito e ha reddito zero”.
Sottolinea Mariangela Zanni. Un dato che rende un sostegno economico utile e necessario:
“Questa misura è stata accolta con grande fiducia e soddisfazione da parte delle donne e quelle che l’hanno ottenuta negli anni hanno avuto la possibilità in alcuni casi di uscire più velocemente dalla violenza e di avere quel piccolo contributo per l’affitto o per mettersi da parte la caparra per una nuova casa”.
Ed è proprio l’importanza del reddito di libertà, che pure presenta diversi limiti, a determinare un effetto boomerang quando la promessa non è manutenuta: l’attesa di un anno ha generato “un senso di frustrazione e delusione nei confronti delle istituzioni perché per tutto quest’anno nessuna donna ha potuta accedere a questa misura. Questo ha un significato forte nel senso di giustizia che le donne possono avere e anche in un senso di fiducia nelle istituzioni”.
La conseguenza è tutt’altro che trascurabile se si considera che la fiducia, o la sfiducia, nelle istituzioni hanno un peso rilevante nel momento in cui le donne vittime di violenza si trovano a scegliere di chiedere aiuto.
Reddito di libertà, fondi in arrivo: ma l’importo resta troppo basso
Ma a diluire l’efficacia della misura non sono solo i tempi di attesa, la possibilità di accedere al reddito di libertà fai conti anche con una dotazione di risorse messe in campo totalmente irrisoria se rapportata alle necessità.
Nonostante rispetto al primo stanziamento i fondi siano triplicati, soltanto meno di 1700 donne potranno ottenere il contributo in misura piena per ogni anno dal 2024 al 2026, un dato che deve fare i conti anche con il numero di domande che saranno ripresentate e avranno la priorità perché non soddisfatte in passato per mancanza di risorse.
A peggiorare il rapporto tra disponibilità e necessità è il numero di coloro che si rivolgono ai Centri Antiviolenza: secondo i dati ISTAT diffusi il 25 novembre 2024, durante lo scorso anno oltre 61.000 hanno chiesto supporto.
“Parliamo di meno del 3 per cento che può accedere. È vero che è sempre meglio che niente, ma stiamo parlando di quasi nulla anche perché 500 euro non sono nemmeno l’assegno sociale che è pari a 534 euro”.
Evidenzia Tania Stefanutto che già ai tempi del Decreto Rilancio aveva riepilogato in un approfondimento per Informazione Fiscale i limiti della misura.
Confrontando la cifra anche con altri passaggi normativi che danno degli indicatori economici minimi, quelle del reddito di libertà risultano essere delle “briciole”. Il ragionamento parte dalle regole relative all’incapienza:
“Quando un soggetto ha dei debiti, si ritiene che non possa pagarli quando il suo reddito netto risulta essere pari all’assegno sociale aumentato del 50 per cento, si parla di 800 euro.”
L’importo del reddito di libertà, per Stefanutto, si fa sempre più piccolo se si considera che spesso le donne vittime di violenza sono anche madri di uno o più figli o figlie.
“Se facessimo una ipotesi con una mamma con due figli, un nucleo con tre figli, per sopravvivere, guardando alla norma sul sovraindebitamento, dovrebbe ricevere circa 1.500 euro.”
L’importo corrisposto dovrebbe tener conto, inoltre, anche del costo della vita diverso da territorio a territorio, come sottolinea Mariangela Zanni.
Tutte migliorie che, attualmente, non sembrano avere alcuna chance di essere attuate perché richiederebbero una importante iniezione di risorse aggiuntive.
Il reddito di libertà non basta: serve un sistema di bonus e agevolazioni
Ma se non è possibile potenziare lo strumento, è possibile, per Stefanutto, provare a disegnare strategie alternative per potenziare il reddito di libertà e ampliare la platea di donne che accedono alle agevolazioni: “visto che abbiamo tutti questi bonus e tutta questa voglia di fare sgravi sulle imposte, i versamenti diretti a sostegno di una di queste persone in difficoltà, o gli affitti a prezzi calmierati potrebbero avere quella quota di reddito non tassato”.
Sulla prospettiva e l’esigenza di un approccio integrato è d’accordo anche Mariangela Zanni che, però, sottolinea: “attualmente le misure fiscali e i bonus economici non sono assolutamente nell’idea del Legislatore. Si è sempre agito con interventi spot, senza una sintonia tra le diverse misure”.
Lo stesso reddito di libertà da solo non funziona: “effettivamente per le donne che lo hanno ottenuto è stato un supporto, ma soprattutto dove magari c’erano già altri redditi e non c’era la possibilità di arrivare a un’autonomia vera e propria. Sono d’accordo con Stefanutto sul fatto che per una donna in povertà estrema non sono un aiuto, non vanno a cambiare sostanzialmente la sua situazione”.
Per ora, però, non sembra essere all’orizzonte il potenziamento del sostegno economico alle donne vittime di violenza con un sistema integrato di misure: nell’immediato futuro bisognerà accontentarsi dei 3 milioni di euro in programma con il Disegno di Legge di Bilancio 2025 “per l’orientamento e la formazione al lavoro delle donne vittime di violenza e di favorire l’effettiva indipendenza economica e l’emancipazione delle stesse”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il reddito di libertà è troppo debole: fondi in arrivo tra attese, domande da rifare e criticità