La digitalizzazione a singhiozzo dei servizi della pubblica amministrazione. Limiti e rallentamenti del sistema SPID.
Il Governo punta ad una ampia diffusione di Spid, Sistema Pubblico di Identità Digitale, per ottimizzare l’accesso ai portali della pubblica amministrazione disattivando nei prossimi mesi il rilascio ed il rinnovo delle tradizionali password di accesso ai singoli portali istituzionali.
Con una unica chiave informatica è possibile accedere a qualsiasi portale così da mettere a disposizione i servizi degli uffici sul proprio desktop: la mensa dei figli, la multa stradale, il certificato camerale, il Cassetto Fiscale, il portale Fatture e Corrispettivi e quant’altro messo a disposizione in rete dalle strutture pubbliche.
Il Bengodi per chi, come me, è fautore da sempre di questa evoluzione verso il digitale, se non fosse per alcuni limiti che, a vario titolo, fanno pensare.
SPID, i limiti e il confronto con la Carta d’Identità Elettronica
Lo strumento SPID potrebbe ben presto essere considerato inutile doppione di un qualcosa già nelle nostre tasche.
Un esempio è quanto avvenuto in occasione del click day per l’assegnazione del cosiddetto bonus monopattino, messo in crisi da problemi derivati da un numero di accessi in contemporanea sopra le aspettative per alcuni osservatori, ma a mio parere sottovalutato da chi doveva sovraintendere, dal Ministero dell’Ambiente alla Sogei.
Problemi in buona parte subiti dagli stessi utenti di Spid, rilasciato da Poste Italiane che da soli rappresentano circa l’80% dei titolari di questa chiave elettronica.
Ecco conseguentemente un altro punto da evidenziare non di poco conto, il fatto che la gestione della propria identità digitale sia affidata soggetti privati - i cosiddetti Identity Provider - i quali sono tenuti a rispettare una serie di norme a tutela della sicurezza dei dati e della identità dell’utilizzatore della chiave ma non a garantire un così elevato di richieste in contemporanea.
Certo, la funzionalità è stata messa in crisi da un evento caratterizzato da un picco di flussi particolare ma che nel prosieguo del percorso di digitalizzazione dei servizi potrebbe più spesso ripetersi in futuro.
Parlando con una collega che ha avuto una recente esperienza di amministratore pubblico in un ente locale ricordavamo la riforma Bassanini che negli anni Novanta codificò la CIE, la carta di identità elettronica, che solo dopo venti e più anni sta raggiungendo una certa diffusione.
E ciò per una serie di problematiche che non sto qui ad elencare nel dettaglio, ma che sostanzialmente sono riassumibili nella poca convinzione della stessa PA nel promuovere fin da subito uno strumento che ha in se il potere di stravolgere lo status quo del pachiderma burocrate.
Un ritardo nella penetrazione nel quotidiano di una carta che può utilmente svolgere la funzione di riconoscimento come e meglio di SPID evitando quindi la delega del servizio ad un provider terzo esterno alla PA, con potenziali conseguenze come sopra indicate.
Una funzionalità insita nel chip della carta che utilizzata insieme alla app CieID gestita dalla stessa PA e disponibile sia per Android che IOS probabilmente a breve grazie al graduale incremento della distribuzione delle nuove carte di identità elettroniche farà percepire obsoleto lo stesso Spid ora fortemente promosso dal Governo.
Altro punto da mettere in evidenza è la efficienza a valle dei servizi digitalizzati dalla PA.
Si può realizzare il miglior software od applicazione che però a nulla serve senza adeguare quanto vi è dietro facendo peraltro percepire inefficace lo strumento utilizzato.
Penso ad esempio alla app Immuni che tante polemiche sta creando non tanto per la funzionalità in se quanto perché la sua effettiva utilità ha come limite quel avviene al momento del ricovero
Può accadere che non venga attivato il meccanismo di avviso per dimenticanza da parte del paziente, giustificabile per l’emotività vissuta del momento, meno quella degli operatori sanitari che probabilmente non hanno questo compito definito nel protocollo di ricovero, comportamenti che vanificano la funzionalità della procedura.
Il PIN spedito per posta ai tempi di SPID
Lo stesso Spid usato per l’accesso al portale richiesto che però non prevede o consente di effettuare l’operazione per la quale è stato effettuato l’accesso al portale
Un esempio in prima persona riguarda un caso vissuto in questi giorni nell’affiancare due clienti per la consultazione del cassetto fiscale di società della quale sono da anni rappresentanti legali. Normalmente una volta effettuato l’accesso con il proprio Spid si può accedere ad una procedura dedicata, tutto semplice se non fosse che non riconosce collegabile il codice fiscale della società.
Un contrattempo superabile con una telefonata a numero verde dell’assistenza?
Per niente, quando ti rendi conto che l’operatore ne sa meno di te e ti rinvia alla procedura appena fallita, allora provi con lo strumento tradizionale di richiesta del Pin on line, una procedura che rilascia immediatamente la prima parte del codice ma la cui seconda parte sarà inviata all’indirizzo risultante in anagrafe tributaria per posta ordinaria.
Che sarà mai un problemino in più a cui far fronte a ridosso della scadenza delle deleghe biennali per l’accesso a Fatture e Corrispettivi per lo più rilasciate a fine 2018.
Nel frattempo, poi, si è ancora alle prese con secondi acconti, seconda rata Imu, invio di Cu, 770, redditi 2019, Fondo Perduto Decreti Ristori , Fondo perduto del decreto Rilancio scartato venerdì 13 scorso, Fondo perduto Centri storici da inviare dal 18 novembre prossimo, Credito Imposta Locazioni, zone gialle arancioni rosse allegato 1 allegato 2 allegato X ecc…Per non parlare della gestione ordinaria delle attività di consulenza, tipiche di uno studio tributario ma questa è ormai andata nel dimenticatoio da marzo scorso.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il PIN spedito per posta ai tempi di SPID