Il professionista che collabora “da esterno” con lo studio legale non è tenuto a versare l'IRAP. Il presupposto impositivo si realizza se è responsabile dell'organizzazione e se i beni utilizzati eccedono il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività.
Con riferimento alle attività professionali l’integrazione del presupposto impositivo dell’IRAP si realizza se il professionista è responsabile dell’organizzazione e se i beni utilizzati eccedono il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.
Spetta al giudice di merito cercare gli indizi e pervenire alla verifica della sussistenza o meno del requisito dell’autonoma organizzazione.
Questo il principio affermato dall’interessante ordinanza numero 34484/2021 della Corte di Cassazione.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 34484 del 16 novembre 2021
- Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 34484 del 16 novembre 2021.
La Sentenza – Il ricorso introduttivo è stato proposto da un lavoratore autonomo avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate in merito all’istanza di rimborso dell’IRAP, asseritamente non dovuta per assenza del requisito dell’autonoma organizzazione.
In effetti, il professionista esercitava la professione di avvocato quale semplice collaboratore esterno di uno studio legale, senza assumere all’interno di esso né una funzione direttiva o di responsabilità né la qualifica di associato, limitandosi ad utilizzare beni posti a disposizione dallo studio per l’esercizio dell’attività lavorativa (ufficio, pc, telefoni e servizi di segreteria).
La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l’appello del professionista, affermando che per svolgere la propria attività di avvocato, si era avvalso di un’autonoma organizzazione, avendo utilizzato beni e servizi propri ed in associazione con altri professionisti, come dichiarato dallo stesso e rilevato nelle dichiarazioni dei redditi.
Il contribuente ha proposto ricorso in cassazione, lamentando violazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
Il ricorrente ha evidenziato che il presupposto dell’Irap è costituito dall’esercizio di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
Tuttavia, con riferimento alle attività professionali, ai fini della configurabilità della soggettività passiva il professionista deve essere anche il responsabile dell’organizzazione (e non essere inserito in strutture organizzative riferibili all’altrui responsabilità ed interesse) e l’attività professionale deve essere svolta con l’utilizzo di fattori idonei ad accrescerne la produttività.
Nel caso di specie l’avvocato lamenta l’assenza di tali requisiti e la non debenza dell’imposta.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato con rinvio la decisione impugnata.
Sulla base di un filone giurisprudenziale reso dalle Sezioni Unite, il Collegio di legittimità ha ribadito che, in tema di IRAP, il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quanto il contribuente:
a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. È peraltro onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni.
Pertanto punti fermi sono, da un lato, che l’assenza di autonoma organizzazione dell’attività professionale deve essere dimostrata dal contribuente e, dall’altro, che deve essere libero il convincimento del giudice nel cercare gli indizi e pervenire alla verifica della sussistenza o meno dell’organizzazione, tenendo presente che la regola è la sottoposizione ad IRAP dell’attività professionale ed eccezionale il suo affrancamento.
Nel caso di specie, i giudici di merito si sono limitati a ricavare la sussistenza del presupposto per l’applicazione dell’IRAP dal fatto che
“il contribuente, per svolgere la propria attività di avvocato, si è avvalso di un’autonoma organizzazione, avendo utilizzato beni e servizi propri ed in associazione con altri professionisti”
In tal modo il collegio ha del tutto omesso di verificare la sussistenza nel caso concreto dei due requisiti realmente rilevanti al fine di integrare il presupposto impositivo, se cioè:
- il contribuente fosse il responsabile dell’organizzazione (e non fosse, dunque, semplicemente inserito in un’organizzazione riferibile ad altrui responsabilità ed interesse);
- e se i beni utilizzati eccedessero il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Niente IRAP per il professionista che collabora “da esterno” con lo studio legale