La Suprema Corte rimette all’attenzione della Consulta una questione relativa al presupposto impositivo dell’IMU. I giudici di legittimità suggeriscono una attenta riflessione, ai fini risolutivi della questione, sulla rilevanza della materiale disponibilità ovvero della titolarità giuridica del bene
Con l’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 9957 del 2023, la Suprema Corte rimette all’attenzione della Consulta una questione relativa al presupposto impositivo dell’IMU.
Con riferimento alla posizione della società in merito alla applicabilità o meno dell’IMU, la competente commissione tributaria regionale dichiarava l’insussistenza del presupposto impositivo, costituito dal possesso dell’immobile per il quale era stata versata l’IMU, sulla base del fatto che l’immobile della società era stato occupato; al riguardo, la società aveva dimostrato che erano state attivate le iniziative sulla proprietà per prevenire l’occupazione dell’immobile, successivamente alla sua dismissione da parte del soggetto al quale tale immobile era stato locato.
IMU in caso di occupazione abusiva dell’immobile: la ricostruzione del fatto e l’orientamento giurisprudenziale
La società aveva provveduto a denunciare immediatamente all’Autorità preposta l’avvenuta occupazione e nonostante fosse stato disposto un sequestro preventivo dell’immobile, lo stesso non aveva avuto esecuzione; la società si trovava quindi ad essere proprietaria dell’immobile, ma nella situazione di occupazione abusiva doveva ritenersi averne perduto il possesso. Pertanto, argomenta la CTR, non sussisteva il presupposto per l’applicazione dell’imposta di cui era stato chiesto il rimborso, dato che la società, neppure tramite il ricorso all’Autorità di Pubblica Sicurezza e all’Autorità Giudiziaria, era riuscita a ripristinare il “contatto materiale con il bene”, dovendo pertanto escludersi che essa potesse essere considerata possessore dell’immobile.
La Corte di Cassazione osserva che il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impositivi, non già la detenzione materiale del bene bensì l’esistenza di un titolo legittimante il possesso o la detenzione dell’utilizzatore.
Sulla base di tali presupposti è stato affermato che in tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile. Difatti, l’articolo 1, commi 2 e 3 del D.Lgs. n. 504 del 1992, riferisce il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene.
Tali principi sono confermati dall’orientamento giurisprudenziale per cui in tema di leasing, soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata.
Sulla base di tali principi è stata quindi ritenuta irrilevante l’abusiva detenzione del bene da parte dell’utilizzatore che sia rimasto nel godimento del bene dopo la risoluzione del contratto, ciò confermando la debenza dell’IMU da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Con particolare riferimento all’occupazione abusiva, la Corte, nel ritenere sufficiente ad individuare il soggetto passivo dell’imposta la titolarità del diritto di proprietà, ha ritenuto, dunque, irrilevante che fosse in atto un contenzioso che aveva ad oggetto non la titolarità del diritto reale bensì un’occupazione abusiva del terreno da parte di terzi che su di esso rivendicavano un diritto di pascolo.
Inoltre, la Corte, chiamata a risolvere la questione del pagamento dell’IMU in relazione a due immobili di cui le società proprietarie non avevano la disponibilità perché occupati abusivamente da terzi, ha specificamente riaffermato il principio secondo cui l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’imposta, richiamando un precedente in tema di ICI, secondo cui, ai fini della debenza del tributo, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento.
Ciò in linea con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde, ai fini della applicazione del tributo, dalla redditività del bene sottoposto a tassazione, rilevando il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà.
Gli argomenti a sostegno della rimessione della questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale
Con riferimento al possibile contrasto con il principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione, e tenendo conto dei tre requisiti essenziali della capacità contributiva (effettività, certezza ed attualità), la Corte fa presente che, con riferimento al primo requisito, il nesso tra il fatto rivelatore di capacità contributiva e il tributo deve essere effettivo e non apparente o fittizio; l’effettività esprime, infatti, la concreta idoneità del presupposto rispetto all’obbligazione d’imposta, che dovrà avere ad oggetto una manifestazione economica reale, che consenta la misurazione di un reddito esistente e non meramente presunto; il concorso alle spese pubbliche deve, quindi, salvaguardare il diritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere alle spese pubbliche solo in quanto in possesso di effettiva capacità contributiva e idoneità effettiva al pagamento delle imposte, non potendo essere qualificata capacità contributiva un’idoneità economica che non si basi su fatti reali, ma abbia una base fittizia.
La capacità contributiva, inoltre, deve essere effettiva nel senso di certa ed attuale, e non meramente fittizia.
Infine, in base al parametro dell’attualità, il tributo deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, e non ad una capacità contributiva passata o futura.
La capacità contributiva, argomenta la Corte, risulta, pertanto, inscindibilmente connessa ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza tributaria, dato che, in base al combinato disposto di cui agli artt. 53 e 3 della Costituzione, a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, parimenti, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale.
Da ciò consegue la necessità che siano disciplinati in modo uguale i fatti economici che esprimono pari capacità contributiva, ma regolati in modo diversificato i fatti che esprimono capacità contributiva in modo differenziato.
Il principio di uguaglianza tributaria presuppone, peraltro, necessariamente quello di capacità contributiva, che fornisce il criterio di giudizio per valutare se due situazioni siano eguali o diverse al fine del pari o diverso trattamento tributario.
Nel declinare tali principi generali al caso di specie, la Corte ritiene che, con riferimento alle annualità d’imposta, in cui permane l’occupazione abusiva per scelte degli organi amministrativi preposti allo sgombero degli immobili, il prelievo tributario potrebbe porsi in contrasto con i menzionati principi costituzionali.
Se è vero, infatti, che il presupposto dell’IMU è da individuarsi nel “possesso” di immobili (diversi dall’abitazione principale), va evidenziato che il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini IMU, per essere effettivo, presuppone che la cosa rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore, così che quest’ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul bene.
Nelle ipotesi in cui il contribuente sia sprovvisto sia della disponibilità materiale del bene, sia della possibilità di esercitare qualsiasi diritto sulla cosa, alla Corte sorge il dubbio che la società non avrebbe dovuto essere considerata soggetto passivo ai fini IMU.
Con riferimento agli immobili occupati abusivamente e di cui sia precluso lo sgombero per cause indipendenti dalla volontà del contribuente, la Corte ritiene possa venire a mancare il presupposto dell’imposta, che si assume essere l’effettivo e concreto esercizio dei poteri di disposizione e godimento del bene, in quanto ritenuti manifestazioni di capacità contributiva.
Ai fini del verificarsi o meno del presupposto IMU assume rilievo la circostanza, giuridicamente rilevante, dell’accertata perdita del possesso in correlazione con le dichiarazioni degli organi di Polizia che attestano l’impossibilità di sgomberare l’immobile e quindi, da parte dei proprietari, di entrare nel possesso della loro proprietà.
Inoltre, se gli organi istituzionali preposti (Prefetture, Polizia di Stato, ecc.) non possono difendere i diritti di proprietà, costituzionalmente sanciti, per motivi di ordine politico sociale, il proprietario, di riflesso, resta senza tutela e quindi senza possesso e senza detenzione, né diretta né indiretta.
In caso di occupazione abusiva dell’immobile, l’obbligo tributario, dunque, dovrebbe ritenersi conseguente alla natura civilistica della controversia con l’occupante o il concessionario inadempiente, ed alla conseguente possibilità di ricorrere ai rimedi civilistici previsti dall’ordinamento.
Di fronte ad una situazione patologica in cui il contribuente sia impossibilitato a servirsi e trarre beneficio dall’utilizzo diretto o indiretto del proprio bene ma anche a recuperare il possesso dell’immobile per scelta degli organi dello Stato preposti a sgomberare gli immobili (e non a causa di comportamento illegittimo o per inerzia del contribuente), dunque in presenza di un fatto oggettivo accertato da Autorità statali, la Corte ritiene potrebbe configurarsi un contrasto con i principi costituzionali nell’imporre il pagamento dell’imposta anche per gli esercizi in cui resta l’occupazione abusiva in assenza di strumenti giuridici idonei a tutelare la proprietà privata, difettando la capacità contributiva del singolo contribuente.
Nel contempo, la disciplina IMU, con particolare riferimento all’articolo 9 del DL n. 201 del 2011 appare in contrasto con il principio di eguaglianza recato dall’articolo 3 della Costituzione, che necessariamente implica un principio di ragionevolezza delle leggi.
A tal proposito, la Corte ritiene che risulterebbe irragionevole che al proprietario di un immobile inagibile o inabitabile (eventualmente, a causa della sua inerzia) sia riconosciuta, ai sensi dell’articolo 13, comma 3 del D.L. n. 201 del 2011, una riduzione della base imponibile IMU, mentre, per il proprietario di un immobile, occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua volontà e privo di strumenti di tutela giuridica per recuperarne il possesso, sia prevista una tassazione integrale.
Da ultimo, la Corte rileva che la tassazione degli immobili occupati abusivamente, e non “sgomberabili”, in capo ai soggetti passivi IMU pone dubbi di compatibilità costituzionale anche con l’articolo 42, comma 2, della Costituzione e con l’articolo 1 del Protocollo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: IMU: qual è il trattamento fiscale in caso di occupazione abusiva dell’immobile?