Il processo di digitalizzazione del fisco italiano ha nei fatti svuotato la professione tributaria di buona parte dell’originario appeal di un tempo. L'analisi e le possibili soluzioni.
Oggi invii telematici, avvisi bonari, civis, click day e quant’altro occupano mediamente i tre quarti del tempo dedicato all’attività professionale.
La lettura dello scadenzario di questo mese sembra ormai sancire definitivamente il de profundis della immagine della professione tributaria, almeno nel senso nobile attribuibile un tempo anche a coloro che nella propria piccola dimensione prestavano la loro professionalità alle partite IVA facenti parte di quella “economia di vicinato” che viviamo tutti i giorni: l’artigiano, il negoziante, la piccola impresa, il professionista.
Ecco le principali scadenze:
- liquidazione IVA Ottobre;
- liquidazione IVA Terzo Trimestre;
- invio Li. Pe.;
- invio Autodichiarazione Aiuti di Stato;
- invio Dichiarazioni dei Redditi ed Irap;
- liquidazione Secondo acconto Imposte 2022;
- invio Modello Intrastat;
- liquidazione Imposta di Bollo su Fatture Elettroniche.
In questo quadro, poi, bisogna inserire altri adempimenti per i quali si è ancora in attesa dei decreti attuativi che potrebbero essere emanati nel bel mezzo del calendario sopra riportato, come la comunicazione dei titolari effettivi.
Oggi si incontra il cliente quasi solo per comunicare l’importo da versare relativo alla scadenza del momento o per firmare questo o quel modulo o questa o quella istanza avendo minor tempo per affiancare lo stesso nelle proprie scelte di indirizzo e di investimento, ed in genere da dedicare alla parte più appagante di quello che è nelle corde della nostra professione, la consulenza di impresa.
Fiscalisti? Compilatori seriali
È questo quello che volevamo quando ci siamo avvicinati alla professione tributaria o erano altre le nostre aspettative?
Un lavoro autonomo, un tempo ambito, è oggi letteralmente svuotato di appeal almeno per quanto attiene a quella più ampia fascia di professionisti dedita principalmente alla consulenza “di base”, attività non più attrattiva e trascurata anche dai nostri figli, come la mia che pur iscrivendosi alla facoltà di economia ha scelto ben altro indirizzo piuttosto che la prospettiva di un futuro qualitativamente poco interessante dietro una scrivania, alle prese principalmente con la gestione di una miriade di invii telematici ed adempimenti in genere ridondanti e più utili a sancire il primato della burocrazia che ad assicurare un corretto flusso di imposte alle casse dell’Erario.
Viene in mente una parafrasi di un intellettuale del primo novecento, Ugo Ojetti: “Si è sempre i cliccatori di qualcuno”.
La frase definisce bene l’attuale condizione della base delle professioni tributarie, necessariamente dedita alla gestione di xml e pm7 più che alla redazione di business plan e pianificazioni fiscali di investimento.
L’attività necessita di un rilancio che può esser stimolato dal Legislatore, promuovendo una effettiva semplificazione degli adempimenti, prima ancora che la riduzione delle aliquota fiscali, e non alchimie normative o di prassi di corto respiro, ma anche da noi stessi dedicandoci agli aggiornamenti dei processi di studio ed ancor più ad una più attenta scelta dei percorsi di aggiornamento e formazione, anche trasversale, e non come oggi visto solo seguiti solo come un obbligatorio accumulo di crediti formativi, maturati su temi di mero adempimento pratico e poveri di contenuto qualitativo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il fiscalista, una professione da rilanciare