Non si può presentare la richiesta di rimborso per le somme versate a titolo di ravvedimento operoso. Lo precisa la Corte di Cassazione, che specifica come questo sia ammissibile solamente in caso di errore essenziale e riconoscibile
Con l’Ordinanza n. 11993 del 5 maggio 2023 la Corte di Cassazione ha affermato l’illegittimità dell’istanza di rimborso sulle somme versate a seguito del ravvedimento operoso.
In effetti, una volta che il contribuente abbia optato per il ravvedimento operoso, le sanzioni così corrisposte dipendono da una scelta di natura negoziale e consapevole, che giustifica il rimborso solo se il contribuente sia caduto in un errore “determinante”, in quanto essenziale e riconoscibile, risultando irrilevante la natura formale o sostanziale della violazione per la quale si presta il “ravvedimento” stesso.
I medesimi principi si applicano alle soprattasse.
L’Ordinanza della Corte di Cassazione
Il ricorso introduttivo è stato proposto da una contribuente avverso il diniego dell’Agenzia delle Entrate dell’istanza di rimborso di sovrattasse ed interessi per il ritardato pagamento di imposte relative all’anno 2012, importo versato a seguito di ravvedimento operoso.
A parere della ricorrente, il ritardo nel versamento delle imposte era da addebitarsi al mancato incasso di ingenti somme dovute da una Pubblica Amministrazione.
La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello della contribuente, confermando il motivo del ritardato pagamento nei termini proposti dalla parte.
L’Agenzia delle Entrate ha così proposto ricorso in Cassazione, lamentando violazione dell’articolo 13 del Dlgs n. 472/1997, essendo pacifico che i pagamenti fossero avvenuti in forza di ravvedimento operoso.
Pertanto, doveva ritenersi preclusa la contestazione in ordine alla debenza delle relative somme, mancando i presupposti dell’errore essenziale e riconoscibile. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato la decisione impugnata, respingendo il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.
Rimborso delle somme versate in ravvedimento solo in caso di errore essenziale e riconoscibile
La controversia ruota attorno alla corretta interpretazione dell’articolo 13 del decreto n. 472 del 1997, che consente il pagamento in misura ridotta della sanzione qualora il pagamento dell’imposta dovuta, od un acconto, o anche la regolarizzazione degli errori venga effettuato entro un termine stabilito (in base alle diverse ipotesi) dalla norma in esame.
Il c.d. “ravvedimento operoso”, pertanto, costituisce uno spontaneo, seppur tardivo, adempimento dei doveri fiscali il quale, appunto per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente.
Fermo restando che il tardivo pagamento costituisce certamente una violazione sostanziale, incidendo sul versamento del tributo, come peraltro confermato dalla stessa Cassazione con la Sentenza n. 4960 del 27 febbraio 2017, attribuire un ruolo principale alla natura della violazione ravveduta e/o ancorare la ripetibilità delle somme alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risulta palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento, che nega valore alla sussistenza dei presupposti sanzionatori, per sua stessa essenza.
La Corte di Cassazione ha affermato, quindi, che scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all’art. 13, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà - rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza - per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante.
Ai fini dell’istanza di rimborso delle somme così versate, risulta irrilevante la natura, formale o sostanziale, della violazione per la quale si presta il “ravvedimento” stesso, né la stessa può essere ancorata alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori.
Pertanto, rilevante è solo quando l’errore, in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso, sia determinante ai sensi dell’art. 1428 c.c., perché essenziale e riconoscibile.
I medesimi principi si applicano alla soprattassa, oggetto della presente controversia, che costituisce una sanzione pecuniaria, con l’unica particolarità del suo collegamento ad una violazione costituita dal ritardo nel pagamento di un tributo, ben distinta dallo scopo risarcitorio affidato invece agli interessi moratori.
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