Verso una revisione della disciplina del riporto delle perdite fiscali: un'analisi partendo dalle novità in arrivo con la riforma
La Legge delega fiscale approvata in Consiglio dei Ministri lo scorso 16 marzo 2023 prevede, tra le altre, il riordino del regime delle perdite fiscali.
Tra gli aspetti specifici su cui intervenire si evidenziano, in particolare, i seguenti:
- la modifica del regime delle perdite nel consolidato nazionale, al fine di evitare il problema derivante dalla attribuzione di quelle non utilizzate dalla consolidante all’atto dell’interruzione o revoca del consolidato;
- modifiche alle regole che limitano le compensazioni intersoggettive tra utili e perdite realizzate nell’ambito di operazioni quali fusioni, scissioni, del trasferimento del controllo della società dotata di perdite fiscali, o a seguito dell’opzione per la tassazione consolidata;
- la definizione delle perdite “finali”, ai fini del loro riconoscimento secondo i principi espressi dalla giurisprudenza eurounitaria, armonizzando la normativa interna con l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, più volte chiamata a pronunciarsi sul tema sin dalla sentenza Marks & Spencer (sentenza del 13 dicembre 2005, resa nella causa C-446/03) e fino alla recente sentenza W. AG (sentenza del 22 settembre 2022, resa nella causa C-583/20), ha individuato le condizioni da soddisfare in base alle quali le Autorità fiscali sono tenute a ritenere che le perdite di una società controllata non residente siano definitive e, quindi, deducibili dal reddito della società controllante residente. Secondo la Corte di Giustizia, al fine di qualificare una perdita come “definitiva” non è infatti sufficiente che la società controllata venga posta in liquidazione, o che la disciplina locale non consenta alcun riporto delle perdite, ma è necessario che l’impresa stabilita nell’altro Stato membro abbia terminato le proprie attività commerciali attraverso la cessione o la eliminazione di tutti i propri asset potenzialmente produttivi di ricavi e che la medesima società non possa essere ceduta a terzi, nell’ambito di una compravendita il cui prezzo tenga conto del valore fiscale delle perdite.
Riporto delle perdite: le novità in arrivo
Al di là di queste rilevanti indicazioni, resta comunque anche un altro aspetto da considerare: la disciplina relativa al riporto delle perdite dei soggetti IRES, laddove si stabilisce, in particolare, che la perdita fiscale conseguita in un periodo d’imposta può essere computata in diminuzione dei redditi dei periodi successivi, nel seguente modo:
- in misura non superiore all’80 per cento del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta, per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare;
- entro il limite del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta successivo e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare se relativa ai primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione, sempreché si riferiscano ad una nuova attività produttiva.
In base a questa disposizione, le società non sono dunque soggette ad alcun limite temporale di riporto delle perdite, che pertanto risultano interamente assorbibili.
Ma questo solo in diminuzione dei redditi futuri.
Nelle annualità di conseguimento di un reddito, potendo le perdite abbattere non più dell’80 per cento dello stesso, almeno il 20 per cento del reddito conseguito è quindi soggetto a tassazione.
L’articolo 84, comma 3, del TUIR, su cui appunto la Legge delega intende intervenire, stabilisce inoltre ulteriori limiti (tranne che non siano rispettati determinati parametri di “solidità”) alla riportabilità delle perdite (escludendola nel caso in cui si verifichino congiuntamente il trasferimento o acquisizione da parte di terzi del controllo sul soggetto che riporta le perdite e la modifica dell’attività principale effettivamente esercitata dalla società nel periodo di imposta in cui avviene il suddetto trasferimento o acquisizione o nei due precedenti o successivi).
Altri limiti sono poi stabiliti dall’art. 101, co. 6, TUIR in tema di perdite attribuite per trasparenza e società in nome collettivo e per accomandita semplice.
I vari vincoli previsti e sopra indicati potrebbero dunque essere eliminati o comunque ridotti, rendendo le perdite comunque riportabili senza “paletti”, né quantitativi, né temporali, né procedurali.
Ed estendendo la possibilità del riporto della perdita non solo per i redditi futuri, ma anche per i redditi passati, introducendo (anche sulla base dell’esperienza di altri ordinamenti ed in analogia a quanto già previsto dall’art. 165 del TUIR in tema di cosiddetto foreign tax credit) forme di riporto all’indietro della perdita fiscale.
Disciplina del riporto delle perdite: verso le novità della riforma fiscale
Il mantenimento di un’impostazione focalizzata esclusivamente sul principio loss carry forward, infatti, fa sì che il sistema mantenga un certo livello di anelasticità nel recupero della perdita fiscale, con conseguente scarsa aderenza della disciplina del reddito d’impresa al principio di capacità contributiva e configurazione di debiti d’imposta solo per effetto della combinazione del principio economico-aziendale di parcellizzazione degli esercizi sociali e del criterio dell’autonomia dei singoli periodi d’imposta.
E tale sistema, soprattutto in un momento di crisi particolare come quello generato dall’emergenza Covid e post Covid, potrebbe non reggere più.
In Francia, del resto, si consente già il riporto delle perdite all’indietro per l’anno precedente, così come anche in Germania (seppur entro alcuni limiti quantitativi), in Olanda e in Gran Bretagna.
Il meccanismo del riporto all’indietro consente all’impresa che consegua una perdita fiscale in un determinato periodo d’imposta di computare quest’ultima in diminuzione di eventuali redditi d’impresa dichiarati in periodi precedenti, dando così luogo alla riliquidazione e quindi alla restituzione (sotto forma di credito d’imposta) delle imposte a suo tempo pagate su tali redditi.
Tale meccanismo, peraltro, non è neppure una novità assoluta per il nostro Ordinamento, laddove, a causa dei disallineamenti che sussistono fra le regole di determinazione del reddito applicate nel Paese della fonte e quelle applicate nel Paese di residenza (l’Italia), accade spesso che nella imposta italiana non vi sia capienza per scomputare l’imposta estera o viceversa che vi sia un eccesso di quota d’imposta italiana rispetto a quella estera.
Per ovviare a queste incongruenze è stato introdotto quindi (art. 165 TUIR) un particolare meccanismo di riporto all’indietro ed in avanti (carry back e carry forward) delle eccedenze d’imposta italiana rispetto a quella estera, nonché delle eccedenze di imposta estera rispetto alla quota di imposta italiana relativa allo stesso reddito estero.
Il riporto copre un ampio periodo comprendente nel complesso ben sedici esercizi (otto periodi d’imposta all’indietro e otto in avanti - vedi anche Circolare n. 9 del 2015).
Insomma, un tema, quello della revisione della disciplina delle perdite fiscali, su cui l’impegno del Legislatore non sarà di poco conto.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Revisione della disciplina del riporto delle perdite