Anche i legami i parentela tra cedente e cessionario possono incidere sul diritto alla detrazione dell’IVA

Il diritto alla detrazione può essere negato anche se non si è di fronte ad una vera e propria frode fiscale, essendo sufficiente la conoscenza o doverosa conoscibilità di una situazione di evasione del versamento dell’IVA applicata in rivalsa da parte del cedente, da apprezzare nell’ambito dell’intero quadro probatorio e tenendo conto anche dei rapporti e legami tra fornitore e cessionario.
Lo ha sancito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9919/2025.
I legami di parentela tra cedente e cessionario possono incidere sulla detrazione dell’IVA
Il caso riguarda l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate ad una contribuente per indebita detrazione IVA.
Le doglianze della contribuente sono state accolte in entrambi i gradi di giudizio. In particolare, la Corte di Giustizia di secondo grado ha escluso che nel caso di specie ricorresse un’ipotesi di frode, come contestato dall’Ufficio, dal momento che la società emittente le fatture, i cui soci erano rispettivamente coniuge e cognato della contribuente, aveva dichiarato le operazioni, pur non versando l’IVA.
Ad avviso della CGT2, per la dimostrazione della frode non è sufficiente provare, anche in via indiziaria, che il ricevente delle fatture fosse a conoscenza della temporanea illiquidità dell’emittente, ma è necessario provare il comportamento attivo e preordinato del soggetto che la compie e la piena conoscenza, da parte del destinatario delle fatture, delle finalità dell’operazione compiuta, non essendo sufficiente la presunzione di conoscenza della volontà di elusione.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione o falsa applicazione dell’articolo 19 e dell’articolo 54 del DPR n. 633 del 1972 e la Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo.
In tema di detrazione di IVA, l’Agenzia ricorrente ha ricordato il principio per cui viene posto a carico del cessionario un obbligo di diligenza nella scelta del fornitore e di attenzione ai requisiti del soggetto cedente, che non possono sfuggire ad un contraente onesto che operi in un determinato settore commerciale e che, in particolare, non devono sfuggire ad un imprenditore mediamente accorto.
L’ufficio aveva dedotto in giudizio non solo il rapporto di coniugio, ma anche e soprattutto il costante e ripetuto omesso versamento delle imposte dovute da parte dell’emittente, cominciato ben prima dell’emissione delle fatture in contestazione.
In particolare, i rapporti familiari tra la contribuente accertata ed i soci (marito e cognato) del soggetto cedente sono di per sé idonei a suffragarne la conoscenza o, comunque la conoscibilità dell’evasione di imposta generata “a monte” dall’emittente le fatture, così come i consolidati rapporti commerciali tra cedente e cessionario.
La Cassazione ha ritenuto fondata tale ricostruzione.
Il principio di neutralità dell’IVA
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto che non fosse configurabile alcuna frode, per il fatto che la società cedente avesse rappresentato, in sede di dichiarazione, la “realtà delle operazioni intercorse con i clienti cosicché non può nel caso parlarsi di frode fiscale”.
La CGT ha poi concluso che:
“per la dimostrazione della frode non è sufficiente provare, anche in via indiziaria, che il ricevente le fatture fosse a conoscenza della temporanea illiquidità dell’emittente ma è necessario provare il comportamento attivo e preordinato del soggetto che la compie e che il ricevente delle fatture fosse a piena conoscenza delle finalità dell’operazione compiuta non essendo sufficiente la presunzione di conoscenza della volontà di elusione.”
In primo luogo, la pretesa distinzione tra le nozioni di “frode” ed “elusione” (peraltro assunta in senso atecnico come comportamento non preordinato di omesso versamento dell’IVA) contenuta nella sentenza impugnata contrasta con la giurisprudenza unionale (CGUE, 2015, C-277/14 cit.), che evoca quale scopo della sesta direttiva “la lotta contro ogni possibile frode, evasione ed abuso”, con la conseguenza che, ai fini del disconoscimento del diritto alla detrazione previsto nell’articolo 19 del DPR n. 633/1972, è sufficiente la conoscenza o conoscibilità da parte del cessionario della condotta evasiva del cedente.
Non è, quindi, necessaria una situazione di frode - come nel caso di operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti - essendo sufficiente anche la conoscenza o doverosa conoscibilità di una situazione di evasione del versamento dell’IVA applicata in rivalsa da parte del cedente, da apprezzare nell’ambito dell’intero quadro probatorio.
Difatti, se è vero che il cessionario non è, in generale, obbligato ad accertarsi del versamento dell’IVA che gli è addebitata in rivalsa dal cedente, è altrettanto vero che il valore di tale regola trova il proprio fondamento e limite nel principio di neutralità dell’IVA.
Di conseguenza, nelle ipotesi connotate da assoluta estraneità e assenza di legami (familiari o riconducibili a partecipazioni azionarie) la necessità di dare effettività e concreta applicazione al principio appena evocato impone di riconoscere il diritto alla detrazione ex art. 19 DPR n. 633 del 1972, anche quando il cedente non versi l’IVA applicata in rivalsa al cessionario.
Al contrario, se emergono indizi, sempreché gravi, precisi e concordanti, che portano a ritenere che il cessionario avrebbe potuto avere conoscenza del mancato versamento dell’IVA addebitata in rivalsa dal cedente, si avrebbe una situazione riconducibile alla nozione di evasione cui fa riferimento la giurisprudenza unionale sopra richiamata, quale punto di rottura del principio di neutralità che connota l’applicazione del tributo, rendendo possibile il disconoscimento della detrazione prevista nell’art. 19 DPR n. 633 del 1972.
La conoscenza della situazione di illiquidità del cedente e la conoscenza o doverosa conoscibilità dell’omesso versamento dell’IVA applicata in rivalsa non sono, quindi, circostanze irrilevanti ai fini del disconoscimento del diritto alla detrazione e sono da valutare, nell’ambito dell’intero quadro probatorio a disposizione del giudice, tenendo conto anche dei rapporti e legami tra fornitore e cessionario.
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