Credito di imposta Mezzogiorno: chiarimenti su rilevanza fiscale e possibilità di ripartizione della somma tra soci e collaboratori familiari. Il bonus riconosciuto alle imprese per gli investimenti destinati alle strutture produttive delle Regioni del Sud al centro dei chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 85 del 5 marzo 2020.
Credito di imposta Mezzogiorno: le somme di cui le imprese beneficiano sono rilevanti ai fini fiscali ed è possibile ripartirle tra soci e collaboratori familiari. Su queste due affermazioni si articola la risposta all’interpello numero 85 del 5 marzo 2020 sul bonus riconosicuto alle imprese per gli investimenti destinati alle strutture produttive delle Regioni del Sud.
Come di consueto, lo spunto per fare luce sui due particolari aspetti arriva dall’analisi di un caso pratico. Protagonista è un contribuente, titolare di una ditta individuale, che ha acquisito in locazione finanziaria un distributore automatico, un magazzino automatizzato interconnesso ai sistemi gestionali di fabbrica, per avviare una forma speciale di vendita dei prodotti.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 85 del 5 marzo 2020
- Articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno.
Credito di imposta Mezzogiorno: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla rilevanza fiscale
Per l’investimento il titolare della ditta individuale ha chiesto e ottenuto il credito di imposta Mezzogiorno, l’agevolazione spetta alle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive della regione Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo.
Il bonus investimenti Mezzogiorno è stato prorogato dall’ultima Legge di Bilancio fino al 31 dicembre 2020 ed è riconosciuto in maniera differenziata in base alla dimensione del soggetto che lo richiede:
- 20 per cento per le piccole imprese;
- 15 per cento per le medie;
- 10 per cento per le grandi.
L’idea del contribuente è quella di utilizzare il credito d’imposta in compensazione con le imposte sui redditi e i relativi contributi previdenziali e richiede chiarimenti per procedere in maniera corretta.
Il contribuente pone l’accento su due aspetti particolari della sua situazione:
- nel 2017 ha stipulato con il cognato un atto d’impresa familiare con effetti fiscali a decorrere dall’anno di imposta 2018;
- a decorrere dall’anno d’imposta 2017, ha optato per il regime di cassa previsto dall’articolo 18, comma 5, del Decreto del presidente della Repubblica numero 600 del 1973.
Alla luce delle condizioni descritte, si rivolge all’Amministrazione finanziaria per verificare la rilevanza fiscale del credito di imposta e le eventuali modalità di ripartizioni delle somme tra titolare e collaboratore familiare.
In assenza di un’espressa esclusione normativa, il credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno si considera rilevante ai fini fiscali e, quindi, tassabile?
In particolare, il credito d’imposta Mezzogiorno rileva come un contributo in conto esercizio oppure come un contributo in conto impianti?
Sono queste le domande posto sul primo aspetto, e su cui si sofferma l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 85 del 5 marzo 2020.
Il credito di imposta Mezzogiorno è rilevante ai fini fiscali: si tratta di un contributo tassabile ai fini Irpef, Ires e Irap.
“Naturalmente, le quote di ammortamento calcolate sui beni strumentali agevolabili sono deducibili dal reddito d’impresa”, come chiarisce la circolare numero 34/E del 2016.
Il documento, poi, specifica:
“Sulla natura del contributo in esame, sulla base delle precisazioni fornite dalla risoluzione n. 241/E del 19 luglio 2002 in merito all’analogo credito d’imposta per investimenti nelle aree depresse introdotto dall’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, si ritiene che l’agevolazione in questione, generata dall’acquisto di beni strumentali nuovi, rientri nella categoria dei contributi in conto impianti”.
Credito di imposta Mezzogiorno: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla ripartizione con soci e collaboratori familiari
Il secondo aspetto al centro dei chiarimenti sul credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno riguarda le eventuali modalità di ripartizioni delle somme tra titolare e collaboratore familiare.
È possibile utilizzare in maniera esclusiva la somma a cui ha diritto, in quanto titolari dell’impresa familiare? O il credito deve essere utilizzato, in proporzione alla quota di partecipazione al reddito d’impresa, tra titolare e collaboratore familiare e, quindi, utilizzato in compensazione nei rispettivi modelli di pagamento F24 e indicato dai due beneficiari nel quadro RU dei propri modelli di dichiarazione?
Per rispondere ai due quesiti, l’Agenzia delle Entrate parte dalla definizione dei destinatari del bonus Mezzogiorno: tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, da individuare riferendosi all’articolo 55 del TUIR, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, esclusi i soggetti che operano in determinati settori e i soggetti in difficoltà.
Secondo le regole che determinano il trattamento fiscale dei redditi prodotti dall’impresa familiare, “il collaboratore familiare è titolare di un reddito di partecipazione, che, ottenuto dalla ripartizione del reddito di impresa, ne mantiene la stessa natura; dal che consegue che lo stesso, in qualità di titolare di reddito di impresa, possa rientrare nell’ambito soggettivo di applicazione del credito di imposta in esame”.
Già in passato, ad esempio con la risoluzione numero 163 del 2003, l’Agenzia delle entrate aveva affermato la possibilità di trasferire ai soci di società di persone le agevolazioni riconosciute alle imprese sotto forma di credito di imposta, tramite l’attribuzione ai soci del credito non utilizzato dalla società.
Si tratta di una regola applicabile anche al caso analizzato: è possibile attribuire il credito d’imposta in esame al collaboratore familiare, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili.
La ripartizione del credito di imposta in questione deve risultare dalla dichiarazione dei redditi del titolare dell’impresa familiare, in questo modo il collaboratore familiare ha il via libera a utilizzare la quota di reddito che gli è stata assegnata solo dopo averla indicata nella propria dichiarazione dei redditi.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Credito di imposta Mezzogiorno: focus su rilevanza fiscale e ripartizione tra soci