I costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità di altre società del gruppo, beneficiando di agevolazioni contributive non spettanti, non sono deducibili dal reddito: sono direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell'INPS. Lo chiarisce la Corte di Cassazione
Non sono deducibili dal reddito i costi sostenuti da una società per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell’Inps, perché direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell’ente.
La deducibilità del costo di manodopera deve essere valutato non soltanto in base alla liceità del lavoro retribuito e svolto dai dipendenti, bensì anche considerando l’esistenza o meno di un legame strutturale-funzionale tra il costo del lavoro recuperato a tassazione e il compimento delle fattispecie di reato, oggetto di un processo penale, che deve essere accertato.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 26678 del 15 settembre 2023.
Indeducibilità dei costi di manodopera e truffa nei confronti dell’INPS: il caso analizzato dalla Cassazione
Il caso riguarda l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva recuperato a tassazione i costi di manodopera, considerati indeducibili, sostenuti per ingaggiare personale collocato nelle liste di mobilità da altre società del gruppo, fruendo di indebite agevolazioni contributive ai danni dell’INPS, perché direttamente connessi al reato di truffa nei confronti dell’ente.
La CTP ha accolto il ricorso della società contribuente, dichiarando deducibili i costi relativi all’impiego di manodopera in mobilità, ritenendo che il costo sopportato per la manodopera realmente impiegata nel ciclo della lavorazione fosse un costo effettivo e pertanto non collegato all’attività posta in essere dalla società per sottrarsi al pagamento dei contributi previdenziali relativi e per lucrare le corrispondenti agevolazioni.
L’Agenzia delle entrate ha proposto appello, evidenziando che i costi recuperati a tassazione erano incontestabilmente collegati a condotte penalmente rilevanti ed erano, pertanto, indeducibili ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, L. 537/93.
La CTR, confermando la decisione dei primi giudici, ha rigettato l’appello ritenendo che la società avesse dedotto costi di manodopera regolarmente assunta.
Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4-bis, della legge n. 537/93, per non aver la CTR riconosciuto l’indeducibilità dei costi che si riferiscono alla manodopera assunta mediante una condotta fraudolenta che configura i reati di truffa aggravata ai danni dell’INPS e di falsità ideologica, per i quali pende giudizio penale.
La Corte di cassazione ha accolto la tesi della parte ricorrente e ha cassato con rivnio la sentenza impugnata.
Il thema decidendum della controversia ruota attorno alla definizione dell’art. 14, comma 4-bis, della L n.537/1993, che prevede che, nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6 del TUIR “non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 424 c.p.c. ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’articolo 157 c.p.”.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
Si premette che, per principio oramai consolidato, l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, anche nell’ipotesi in cui sia consapevole del loro carattere fraudolento, purché effettivi, inerenti, certi e determinati, mentre è esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente inesistenti.
Un limite alla deducibilità è relazionato alla diretta utilizzazione di quei costi o spese per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo. In altre parole, non sono deducibili i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività nel caso di illeciti penalmente rilevanti.
Inoltre, ai sensi dell’art. 14, comma 4-bis, cit., devono ritenersi costo o spesa direttamente “utilizzati” per il compimento del delitto, ed in quanto tali non deducibili, anche quelli sostenuti in un momento successivo al perfezionamento della fattispecie delittuosa ogni qual volta il loro sostenimento trovi titolo nell’assunzione, da parte dell’agente, di una obbligazione strutturalmente funzionale alla realizzazione del delitto.
Nel caso di specie, il costo relativo al reclutamento del personale - collocato nelle liste di mobilità della società del gruppo e dalle altre aziende del medesimo gruppo - ancorché̀ regolarmente sostenuto e appostato in bilancio, era direttamente connesso alla fattispecie di reato (truffa ai danni dell’INPS) e quindi indeducibile ai sensi della norma indicata.
Ciò in quanto l’illecito commesso al momento della irregolare assunzione dalle liste di mobilità per ottenere i benefici economici consistenti nella riduzione dell’aliquota contributiva ha dato titolo all’obbligazione funzionale alla realizzazione del delitto, consistita nel pagamento dello stesso personale.
Sul punto la Corte di cassazione ha statuito che, in tema di reati tributari, l’indeducibilità dei componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, di cui all’art. 14, comma quattro-bis, L. n. 537 del 1993 non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose alle quali l’impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi fittiziamente fatturati, ancorché realmente sostenuti.
Nel caso di specie i giudici di secondo grado hanno statuito sulla deducibilità dei costi di manodopera, basandosi unicamente sulla liceità del lavoro retribuito e svolto dai dipendenti, senza adeguatamente motivare e dare rilievo alla esistenza o meno di un legame strutturale-funzionale tra il costo del lavoro recuperato a tassazione e il compimento delle fattispecie di reato, oggetto di un processo penale.
Per tale motivo la Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso prospettato dall’Agenzia delle entrate e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Indeducibili dal reddito i costi di manodopera connessi al reato di truffa nei confronti dell’INPS