Controllo formale sulle dichiarazioni fiscali: quali sono i limiti previsti dalla normativa per le verifiche dell'Agenzia delle Entrate?
Con l’interessante ordinanza n. 28343/2024 la Corte di Cassazione ha affermato che l’art. 36 ter del D.P.R. n. 600/1973 consente, al comma 2, lett. c), di escludere in sede di controllo formale le deduzioni dal reddito non spettanti,
“dovendosi procedere in via ordinaria (quindi previo apposito avviso di accertamento) solo allorché occorra una complessa attività di verifica o di interpretazione.
Nel caso di specie, l’Agenzia ha effettuato una rettifica a seguito di un controllo meramente formale fondato sull’esclusione ictu oculi del canone dedotto dal novero degli oneri deducibili dal reddito ai sensi dell’art. 10 TUIR”.
Controlli fiscali sulle partite IVA: il caso analizzato dalla Cassazione
Una contribuente ha impugnato davanti ai giudici di primo grado le cartelle emesse nei suoi confronti con cui veniva recuperato a tassazione per gli anni d’imposta 2010 e 2011 l’importo - dedotto dai contribuenti dal reddito derivante da alcuni immobili realizzati su arenile in concessione demaniale - del canone concessorio dei suoli.
La CTP accoglieva il ricorso, ma la CTR riformava la pronuncia limitatamente all’anno d’imposta 2010. E da qui il ricorso di parte in cassazione della ricorrente.
I giudici del Palazzaccio ricostruiscono, innanzitutto, la questione. Nello specifico rilevano che la contribuente risulta proprietaria di un immobile - da essa dato in locazione - realizzato su area (allora) demaniale, per la quale versava un canone di concessione.
Di contro l’art. 10 del T.U.n.917/86 permette la deduzione dal reddito che produce un bene immobile di:
“canoni, livelli e censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili”
Per gli Ermellini,
“trattasi all’evidenza di oneri reali, cioè obbligazioni legate al bene e caratterizzate dall’ambulatorietà. Viceversa, appare ictu oculi evidente che il canone concessorio è costituito da un’obbligazione ricollegata al rapporto intercorrente fra la pubblica amministrazione e il privato concessionario, che non solo non ha natura reale né è caratterizzata dall’ambulatorietà ma al contrario e connessa alla persona del concessionario”.
Pur volendo poi ritenere che il canone non riguarda esclusivamente il suolo ma anche il fabbricato la cui locazione costituisce il reddito da cui il canone era stato dedotto, in relazione alla riespansione del diritto del proprietario demaniale alla scadenza della concessione, analogamente a quanto avviene in caso di riespansione della nuda proprietà sulla proprietà superficiaria,
“ciò non muta la sostanza del canone come non reale ed è oltremodo evidente che il corrispettivo per la costituzione del diritto di superficie non è certo deducibile dal reddito derivante dai canoni locatizi che il titolare della proprietà superficiaria ritrae dal fabbricato realizzato sfruttando lo ius aedificandi” (salvo il caso della natura strumentale ad un’attività d’impresa del fabbricato, ipotesi che non ricorre nel caso di specie).
In definitiva, la Corte di Cassazione afferma che l’Agenzia delle Entrate:
“ha effettuato una rettifica a seguito di un controllo meramente formale fondato sull’esclusione ictu oculi del canone dedotto dal novero degli oneri deducibili dal reddito ai sensi dell’art. 10 TUIR, ed appunto l’art. 36 ter d.p.r. n. 600/1973 consente, al comma 2, lett. c) di escludere in sede di controllo formale le deduzioni dal reddito non spettanti, dovendosi procedere in via ordinaria (quindi previo apposito avviso di accertamento) solo allorché occorra una complessa attività di verifica o di interpretazione”.
Controllo formale delle dichiarazioni fiscali: la normativa di riferimento
Come è noto, il D.Lgs. n. 241/1997 ha modificato il cd. controllo formale, ex art.36-ter, del D.P.R.n.600/73, per assicurare una efficace verifica dei dati indicati dai contribuenti nelle dichiarazioni fiscali presentate.
Pertanto, gli Uffici procedono, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta sulla base dei criteri selettivi fissati dal MEF, tenendo anche conto di specifiche analisi del rischio di evasione e delle capacità operative dei medesimi Uffici.
Il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi.
L’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarate, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Il comma 3-bis, dell’art.36-ter, del D.P.R.n.600/1973 prevede che, ai fini di detto controllo, gli Uffici, ai sensi dell’art.6, comma 4, della L.n. 212/2000, non richiedono ai contribuenti documenti relativi a informazioni disponibili nell’anagrafe tributaria o a dati trasmessi da parte di soggetti terzi in ottemperanza a obblighi dichiarativi, certificativi o comunicativi, salvo che la richiesta riguardi la verifica della sussistenza di requisiti soggettivi che non emergono dalle informazioni presenti nella stessa anagrafe ovvero elementi di informazione in possesso dell’Amministrazione finanziaria non conformi a quelli dichiarati dal contribuente.
Per effetto dei commi 3 e 4, del medesimo art.36 ter, del D.P.R. n. 600/1973, il contribuente è invitato, preliminarmente, a fornire chiarimenti e a trasmettere l’eventuale documentazione in ordini ai dati indicati nella propria dichiarazione, rendendolo edotto dell’esito del controllo.
I limiti ai poteri di controllo fiscale
Per completezza d’analisi, ricordiamo che l’articolo 5, del D.Lgs.n.175/2014, nell’attuale formulazione normativa, fissa dei limiti ai poteri di controllo, in presenza della cd.precompilata.
In particolare, nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, ovvero mediante CAF o professionista, senza modifiche, non si effettua il controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati in dichiarazione, forniti dai soggetti terzi.
Su tali dati resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.
Nel caso di presentazione, direttamente ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, della dichiarazione precompilata con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, non operano le esclusioni dal controllo di cui sopra, ad eccezione dei dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata, che non risultano modificati.
Con riferimento agli oneri forniti dai soggetti terzi che risultano modificati rispetto alla dichiarazione precompilata, l’Agenzia delle entrate effettua il controllo formale relativamente ai documenti che hanno determinato la modifica.
In forza di quanto indicato nel comma 3, dell’articolo 5, del D.Lgs.n.175/2014, nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, con modifiche, effettuata mediante CAF o professionista, il controllo formale viene effettuato nei confronti del CAF o del professionista, anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata fermo restando a carico del contribuente il pagamento delle maggiori imposte e degli interessi.
Il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni è effettuato nei confronti del contribuente. Mentre, nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione precompilata, con modifiche, mediante CAF o professionista, il controllo formale non è effettuato sui dati delle spese sanitarie che non risultano modificati rispetto alla dichiarazione precompilata e non è richiesta la conservazione della documentazione.
Ai fini del controllo il CAF o il professionista verifica, prendendo visione della documentazione esibita dal contribuente, la corrispondenza delle spese sanitarie con gli importi aggregati in base alle tipologie di spesa utilizzati per la predisposizione della dichiarazione precompilata. In caso di difformità, l’Agenzia delle entrate effettua il controllo formale relativamente ai soli documenti di spesa che non risultano indicati nella dichiarazione precompilata.
Nel caso di presentazione della dichiarazione direttamente ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla precompilata, che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che presentano elementi di incoerenza rispetto ai criteri pubblicati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro, l’Agenzia delle entrate può effettuare controlli preventivi, in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine.
Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato dall’Agenzia delle entrate non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Restano fermi i controlli previsti in materia di imposte sui redditi.
La scelta del metodo di accertamento
Nel ribadire che la scelta del metodo di accertamento compete all’Ufficio (Cass.n.2473/2017), fermo restando la corretta interpretazione offerta dalla Cassazione nella pronuncia n.28343/2024, riteniamo che comunque è possibile per l’Ufficio procedere, ad esempio, al recupero a tassazione di oneri deducibili, utilizzando l’accertamento ordinario e non attraverso l’art. 36-ter, del D.P.R. n. 600/73, tenuto conto che l’art.38 del D.P.R. n. 600/1973 prevede che la rettifica della dichiarazione possa essere eseguita quando
“non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni indicate nella dichiarazione”.
Naturalmente, in questo caso, l’Ufficio usufruisce del maggior termine di decadenza previsto dall’art.43, del D.P.R.n.600/73 (31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, rispetto a quello previsto dall’art.36-ter, del D.P.R.n600/73, secondo cui gli uffici procedono al controllo entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione), e applica la sanzione per dichiarazione infedele (90%, oggi 70%, per le violazioni commesse a far data dal 1° settembre 2024) anziché quella del 30% (oggi 25%, per le violazioni commesse a far data dal 1° settembre 2024), riducibile ai due terzi nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione di irregolarità (art. 3, D.Lgs. 462/97).
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I limiti dei controlli fiscali