Contributi previdenziali deducibili solo se rimasti effettivamente a carico del professionista: è questa la sintesi dell'Ordinanza della Cassazione emessa nei confronti di un avvocato iscritto alla Cassa Forense.
I contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati alla cassa previdenziale di categoria sono esclusi dal reddito imponibile ai fini IRPEF solo se rimasti effettivamente a carico del soggetto che li ha corrisposti.
Pertanto, se il contributo è applicato sulla fattura, il relativo importo non fa parte delle componenti del compenso ed è indeducibile.
Questo il principio desumibile dall’Ordinanza n. 32258 depositata il 13 dicembre 2018.
- Corte di Cassazione - ordinanza n. 32258 del 13 dicembre 2018
- Contributi previdenziali deducibili solo se rimasti a carico del professionista
Il fatto – Il giudizio verte sul ricorso proposto da un avvocato avverso una cartella di pagamento, emessa per il recupero a tassazione degli oneri dedotti dal reddito complessivo relativi ai contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati dal ricorrente alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense.
Il ricorso avente ad oggetto l’infondatezza della pretesa fiscale è stato accolto dalla CTP ma poi è stato respinto in sede di appello.
Il professionista ha impugnato la decisione della Commissione Tributaria Regionale deducendo, quale motivo principale di ricorso, violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 50 del D.P.R. n. 917 del 1986, vigenti ratione temporis. A parere del ricorrente il giudice di merito aveva erroneamente escluso che i contributi previdenziali corrisposti alla Cassa di previdenza potessero essere dedotti dal reddito complessivo.
I giudici di cassazione hanno ritenuto infondato il motivo e rigettato il ricorso del contribuente, con la conseguente conferma della legittimità della cartella di pagamento impugnata.
La decisione – In merito alla determinazione del reddito da lavoro autonomo, la disciplina fiscale prevede che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge rimasti a carico del professionista, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.
In linea di principio, pertanto, sono deducibili dal reddito imponibile i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge rimasti a carico del soggetto che li ha corrisposti.
Nella vicenda in commento, l’avvocato ha dedotto dal proprio reddito imponibile i contributi previdenziali obbligatori corrisposti alla Cassa previdenziale di categoria. Tali oneri sono stati ripresi a tassazione dall’Amministrazione finanziaria che ne ha negato le deducibilità fiscale.
A parre dei giudici della Cassazione il motivo di doglianza del professionista, che si lamenta della decisione con cui il giudice regionale ha negato la deducibilità dei contributi assistenziali e previdenziali da lui versati obbligatoriamente alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense, è infondato.
Il motivo sta proprio nella lettera dell’art. 50 del Testo Unico, secondo il quale dal compenso del professionista sono esclusi i contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde (mentre concorrono a formare la sola base imponibile ai fini Iva).
Secondo il giudizio della Suprema Corte, infatti, “è pacifico che l’importo del 2% (ora del 4%) del fatturato riportato nella parcella sia a carico del cliente, sicché il relativo importo non fa parte delle componenti del compenso e nulla pertanto va dedotto, esulando dalla fattispecie prevista dall’art. 10 del TUIR.”
In altre parole l’importo dei contributi corrisposto alla Cassa, non essendo rimasto a carico del professionista in quanto ribaltato sul cliente, è indeducibile ai fini della determinazione del suo reddito imponibile.
Sorte diversa hanno invece i contributi previdenziali corrisposti dal libero professionista senza che il costo sia ribaltato sul cliente, che sono legittimamente deducibili dal reddito ai fini IRPEF.
È il caso, ad esempio, del contributo integrativo minimo versato alla Cassa forense a prescindere dalla fatturazione di prestazioni, perché necessario al raggiungimento dell’importo minimo richiesto per la permanenza della iscrizione alla medesima Cassa. Tali oneri, rimasti a carico del professionista perché slegati dal fatturato effettivo del lavoratore autonomo, sono fiscalmente deducibili.
Da qui l’infondatezza della tesi dell’avvocato che invocava la deducibilità dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori versati dal ricorrente alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense.
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