I contributi a fondo perduto e le altre misure di ristoro frenano la chiusura delle partite IVA: nel report trimestrale del MEF pubblicato l'11 maggio le cessazioni registrate nel 2020 sono 333.495, il 22 per cento in meno del 2019. Un dato in controtendenza, se si considera il momento di forte crisi, ma che trova la sua origine nei diversi pacchetti di aiuti messi in campo nel corso dell'anno.
I contributi a fondo perduto e le altre misure di ristoro sono efficaci per contrastare le perdite delle partite IVA colpite dall’emergenza Covid? Questo interrogativo ritorna come un leit motiv ogni volta che un nuovo provvedimento emergenziale viene approvato.
La domanda è retorica: in alcuni casi non c’è forma di sostegno che possa sanare il calo subito. Il settore del turismo o della ristorazione sono solo i due esempi più evidenti.
Ma una risposta, anche se parziale e da analizzare al microscopio, arriva dai dati riportati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel comunicato stampa dell’11 maggio. Gli aiuti messi in campo hanno avuto il loro impatto: la possibilità di usufruire delle misure emergenziali ha ridotto le chiusure delle partite IVA del 22 per cento.
I contributi a fondo perduto frenano la chiusura delle partite IVA
Nel 2020, l’anno della pandemia e del lockdown totale, le cessazioni registrate sono 333.495. Nel 2019, l’anno che tutti i provvedimenti emergenziali prendono come parametro di normalità per valutare le perdite subite, invece sono state registrate 429.478 chiusure di partite IVA, un numero sorprendentemente più alto.
Prevedibili, invece, sono le cifre che riguardano le nuove aperture di partite IVA dei primi tre mesi del 2021: 186.019 con un aumento del 15,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e un incremento del 105,7 per cento, se si considera solo marzo, che nel 2020 ha segnato l’inizio della crisi epidemiologica e dello stop generalizzato.
I conti tornano. Salta all’occhio, invece, il primo dato. L’annus horribilis che ci siamo lasciati alle spalle ha fatto registrare un calo delle cessazioni del 22 per cento: in altre parole sono rimaste in vita più attività in tempo di guerra che in tempo di pace.
Nel comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11 maggio 2021 si legge:
“Nel particolare contesto di crisi pandemica attuale, si ritiene opportuno fare un cenno anche ai dati delle chiusure di partita Iva avvenute nel corso del 2020, da considerarsi ora pressoché definitivi.[...] Tali dati sembrano mostrare che le misure di sostegno alle Partite Iva messe in campo nel corso del 2020 abbiano avuto l’effetto di limitare le cessazioni di attività”.
I dati dell’Osservatorio sulle partite IVA sono evidentemente in controtendenza.
E la loro origine, come evidenzia il MEF, è da rintracciare nei provvedimenti emergenziali approvati a partire da marzo 2020.
I diversi contributi a fondo perduto, l’origine dei dati sulla chiusura delle partite IVA
Il principale strumento di sostegno per le partite IVA messo in campo dall’inizio della crisi sanitaria ed economica è rappresentato dai contributi a fondo perduto.
Sono 8 le diverse formule messe a punto nei pacchetti di aiuti approvati nell’ultimo anno:
- il primo contributo a fondo perduto del Decreto Rilancio;
- il contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici del Decreto Agosto;
- il contributo a fondo perduto del Decreto Ristori per i settori economici interessati dalle misure restrittive di ottobre;
- la replica del sostegno precedente prevista dal Decreto Ristori bis;
- il contributo a fondo perduto del Ristori ter;
- il contributo a fondo perduto del Ristori quater;
- il contributo a fondo perduto del Decreto Natale;
- la nuova versione prevista dal Decreto Sostegni e relativa al 2021, quindi in un periodo diverso da quello considerato nei dati MEF.
Alla lista, inoltre, sta per aggiungersi un’ulteriore voce: si attende in questa settimana l’approvazione del Decreto Sostegni bis che prevede una nuova tranche di aiuti.
Da provvedimento a provvedimento i requisiti cambiano, ma avere la partita IVA attiva nella data di entrata in vigore dei diversi decreti è uno dei presupposti fondamentali per accedere alle somme messe in campo dal Governo per arginare la crisi economica.
In questo contesto un numero più alto di attività rispetto al 2019 è rimasto ancora in vita e ha provato a resistere, in un quadro di difficoltà estrema, facendo leva sugli aiuti emergenziali.
Ma se è vero, come dice il MEF, che i dati relativi al 2020 sono ormai definitivi, è anche vero che i dati reali che riguardano l’anno che si è concluso arriveranno solo nei prossimi mesi, quando le misure emergenziali si diraderanno sempre di più.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I contributi a fondo perduto frenano (per ora) la chiusura delle partite IVA