Bonus prima casa, separazione consensuale e cessione a terzi dell'immobile: decadono i benefici. Se non si ricorre a un giudice, non è possibile conservare l'agevolazione. A stabilirlo è l'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 80 del 27 febbraio 2020.
Bonus prima casa, separazione consensuale e cessione a terzi dell’immobile: decadono i benefici. La procedura di scioglimento del matrimonio davanti al sindaco, senza ricorrere al giudice, non può contenere patti di trasferimento patrimoniale e non consente di conservare l’agevolazione.
A stabilirlo è l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello numero 80 del 27 febbraio 2020.
Lo spunto per fare luce sulla questione arriva da una coppia che ha comprato un’abitazione beneficiando del bonus prima casa nel 2014, nel 2018 i coniugi si sono separati con accordo siglato davanti all’ufficiale di stato civile del Comune di Milano.
L’agevolazione, nel caso di acquisto da privati, consiste nella possibilità di beneficiare di agevolazioni sul versamento delle imposte dovute:
- imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (invece che 9%);
- imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
- imposta catastale fissa di 50 euro.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 80 del 27 febbraio 2020
- Decadenza agevolazione «cd prima casa» nel caso in cui i coniugi si separino consensualmente davanti all’ufficiale di stato civile e successivamente cedano a terzi l’immobile per cui hanno fruito delle suddette agevolazioni.
Bonus prima casa, con la separazione consensuale si verifica la decadenza dei benefici
In seguito alla separazione consensuale, l’immobile a cui era stato applicato il bonus prima casa è stato ceduto a terzi nel 2018, il contribuente che si rivolge all’Amministrazione finanziaria per i chiarimenti non ha intenzione di acquistare un’altra abitazione.
La cessione è avvenuta, dunque, prima dei 5 anni dall’acquisto: secondo la normativa, chi vende o dona prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto decade dall’agevolazione, se entro un anno non riacquista un’altra abitazione.
Alla luce delle regole previste dal bonus prima casa, il coniuge si rivolge all’Agenzia delle Entrate per verificare se la cessione a terzi, “concordata consensualmente con il coniuge ma in assenza di una omologazione di detto accordo da parte di un Giudice”, comporti la decadenza dalle agevolazioni.
Il contribuente sostiene di poter conservare i benefici, anche nell’ipotesi di cessione a terzi della casa coniugale, concordata tra ex coniugi senza ricorso ad un giudice, nel caso in cui si effettui una ripartizione secondo le quote di relativo possesso.
Nel motivare la sua posizione, il contribuente richiama la risoluzione numero 80 del 9 settembre 2019, con cui l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che, in linea con la ratio dell’articolo 19 della legge numero 74 del 1987, la cessione a terzi di un immobile oggetto di agevolazione prima casa in virtù di clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale, non comporta la decadenza dal beneficio.
Ma l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 80 del 27 febbraio 2020 pone il suo veto sulla possibilità di applicare le stesse regole:
“Si rappresenta nel caso in esame non può richiamarsi la risoluzione n. 80 del 2019 dal momento che la stessa si riferisce alla diversa ipotesi in cui la separazione si realizza nell’ambito dell’istituto della negoziazione assistita di cui all’art. 6 del citato decreto legge”.
Bonus prima casa, separazione consensuale e cessione a terzi: senza giudice, decadono i benefici
Nel motivare la sua risposta, l’Agenzia delle Entrate non si sofferma tanto sulla normativa che regola l’agevolazione prima casa, quanto sull’articolo 19 della legge numero 74 del 6 marzo 1987, che stabilisce:
“Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Si fa riferimento a tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili.
Secondo quanto stabilito nell’Ordinanza numero 22023 del 21 settembre 2017 dalla Corte di Cassazione, le agevolazioni nascono per favorire “gli atti e le convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali”.
In linea con la ratio dell’articolo 19, i benefici dell’agevolazione prima casa si conservano anche nel caso in cui i coniugi si separino.
Ma la situazione analizzata ha una sua specificità: si tratta di separazione consensuale, una modalità semplificata di separazione, in cui la presenza dei difensori non è obbligatoria.
L’Agenzia delle Entrate specifica:
“Al riguardo, si osserva che la separazione consensuale di cui all’articolo 12 del d.l. n. 132 del 2014, “non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. Ne consegue che eventuali pattuizioni aventi ad oggetto trasferimenti patrimoniali non possono essere considerati parte integrante della descritta procedura di separazione consensuale”.
Inapplicabile, quindi, l’articolo 19 e impossibile conservare i benefici del bonus prima casa.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Bonus prima casa e separazione consensuale: decadono i benefici