Le associazioni che intendono adeguare i propri statuti alle norme previste dal d.lgs 117/2017 ed entrare a far parte del RUNTS, si trovano difronte ad una scelta molto importante da compiere, quella relativa alla categoria di ETS che vogliono assumere.
Le associazioni si trovano, ormai dal 2017, in una situazione di limbo, assistendo alla incompleta attuazione di una riforma che resta ancora oggi piena di falle ed incongruenze.
In aggiunta alla confusione creata dal legislatore, gli enti devono affrontare anche quella legata alla scelta della tipologia di ente da adottare nel momento in cui affronteranno la trasmigrazione al RUNTS.
Due sono le categorie più diffuse tra gli enti del terzo settore, le APS e le ODV, e molti operatori ancora oggi non sanno ben comprendere quali sono le reali differenze che distinguono l’una dall’altra, per questo si trovano in difficoltà nella scelta della categoria ottimale.
La scelta della categoria più adatta in base ai tipi di obiettivi sociali che il nostro ente si è prefissato di raggiungere è di fondamentale importanza, per questo è un processo che necessita di molta attenzione e studio approfondito.
Scegliere una categoria ETS: le caratteristiche da analizzare
Le caratteristiche da analizzare al fine di poter ben scegliere la categoria ETS più adatta ai valori dell’associazione, all’attività da essa svolta e agli obietti sociali che essa intende raggiungere sono le seguenti:
- tipologia civilistica dell’ente;
- regole di ammissione dei soci;
- regole di governance;
- tipologia di entrate;
- presenza dei volontari;
- destinatari dell’attività;
- decommercializzazione attività e particolari regimi fiscali.
L’ultima delle caratteristiche da analizzare, quella attinente alla “decommercializzazione delle attività” e alla presenza di particolari “regimi fiscali” è forse quella di primaria importanza in quanto il legislatore ha sicuramente riservato alle ODV e alle APS un asset fiscale maggiormente ricco di agevolazioni, dando loro quindi un posto, se si vuole così definire, privilegiato all’interno del nuovo mondo del terzo settore.
Proseguendo invece nell’analisi delle caratteristiche, la tipologia civilistica dell’ente ci permetterà di classificare la nostra associazione come riconosciuta o non riconosciuta, limitando la scelta della categoria per alcune tipologie di enti, come abbiamo approfondito in un articolo apposito, per il caso delle Fondazioni che non possono assumere qualsiasi tipo di categoria degli ETS.
Oltre ai vantaggi fiscali, l’elemento su cui risulta importante soffermarsi nella scelta della categoria di ETS è quello relativo ai “destinatari dell’attività”, punto che in realtà definisce completamente l’animus dell’associazione considerata.
ODV o APS: come scegliere tra le due categorie
Dopo aver chiarito che il legislatore ha sicuramente previsto per tali tipologie associative maggiori agevolazioni fiscali, creando una tendenza degli operatori a convergere verso la scelta di una di esse per l’adeguamento dei propri enti no profit, è opportuno analizzare le analogie e le differenze che esistono tra i due tipi di enti in modo da fornire uno schema pratico da seguire per compiere correttamente e consapevolmente la scelta.
Partiamo con il dire che la figura del volontario è fondamentale in entrambe le tipologie di associazioni, questo preme sottolinearlo perché molto spesso gli operatori scelgono come tipologia di ente l’ODV solo in quanto la denominazione contiene il vocabolo di “volontario”.
Certamente all’interno di un ODV si accentua l’attenzione sulla figura del volontario, ma anche l’APS necessita la presenza di tale entità, e ne ha bisogno in misura prevalente rispetto ad eventuali collaboratori a pagamento.
La presenza dei volontari:
- nelle APS devono essere presenti almeno due volontari ogni dipendente e/o parasubordinato. L’ulteriore paramentro da valutare riguarda inoltre il rapporto lavoratori/soci. I lavoratori infatti non devono essere superiori al 5 per cento del numero dei soci;
- nelle ODV devono essere presenti almeno due volontari ogni dipendente e/o parasubordinato.
Sfatato questo mito è importante soffermarsi invece sulla decommercializzazione delle attività, elencando nello specifico le attività considerate di natura non commerciale per le ODV e le APS.
Il legislatore considera come di natura non commerciale, se svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato, per le ODV le seguenti attività:
- attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
- cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempre che la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione di volontariato senza alcun intermediario;
- attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale;
- attività di interesse generale se svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento, qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta consecutivi.
Per quanto riguarda invece le APS, il legislatore considera come non commerciali le seguenti attività:
- attività svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al settanta percento da enti del Terzo settore ai sensi dei servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;
- cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali;
- attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato;
- per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, quali nel dettaglio mense aziendali, circoli cooperativi ed enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’interno, iscritti nell’apposito registro, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera in ogni caso commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari, nonché l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempre che tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli associati e dei familiari conviventi degli stessi, per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati.
La destinazione dell’attività: fulcro della differenza tra ODV e APS
Parlando di reale differenza tra le vesti di ODV e APS, non dovremmo quindi analizzare i regimi fiscali o la presenza dei volontari.
Tali aspetti sono difatti diversi ma per millimetriche asimmetrie.
La reale differenza che dovrebbe far optare l’utilizzatore per l’una o l’altra categoria è la destinazione dell’attività e la tipologia di orientamento a cui le due vesti sono proiettate.
L’organizzazione di volontariato è difatti un’associazione proiettata verso l’esterno che dedica lo svolgimento della sua attività principalmente a tutta la comunità senza far distinzioni tra soci, associati od estranei.
L’APS invece è più chiusa ed orientata verso l’interno, non perché non abbia intenzione di coinvolgere la comunità nelle attività di promozione sociale che intende perseguire ma perché anche in base alla possibilità di decommercializzare particolari tipologie di attività, solo se svolte nei confronti di soci e associati, è più frequente una internalizzazione del focus della realizzazione degli obiettivi sociali di questa veste associativa.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: APS e ODV: differenze e similitudini