L’ipotesi che la posta passiva iscritta in bilancio sia inesistente non rientra tra le fattispecie previste dal concetto di sopravvenienza attiva. Lo specifica la Cassazione nella sentenza n. 19945 del 12 luglio 2023
Il concetto di sopravvenienza attiva implica che una spesa, una perdita o una passività, già iscritta in bilancio, sia reale ed esistente e che successivamente, per qualsiasi ragione, prevedibile o imprevedibile, la sua operatività o effettività sia venuta meno, o anche che abbia subito una variazione quantitativa favorevole al contribuente.
Non rientra in tale fattispecie l’ipotesi che la posta passiva iscritta in bilancio fosse inesistente, perché documentata da atti o fatture false materialmente o ideologicamente o giuridicamente non dotate dei requisiti formali per essere portate in deduzione.
Sono queste le conclusioni della Sentenza della Corte di Cassazione n. 19945 del 12 luglio 2023.
Sopravvenienza attiva imponibile solo se la relativa passività è esistente
La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno di imposta 2008, l’Agenzia delle entrate aveva accertato nei confronti di una società maggiore IRES, IRAP e IVA ed irrogato le conseguenti sanzioni.
Avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso, parzialmente accolto dalla Commissione tributaria provinciale. Avverso la pronuncia del giudice di primo grado sia l’Agenzia delle entrate che la società avevano proposto appello.
Per quanto di interesse la CTR ha accolto parzialmente entrambi gli appelli, confermando, ai fini IRES, la ripresa fiscale relativa alla omessa contabilizzazione e dichiarazione di sopravvenienze attive imponibili.
Sul punto la società ha opposto uno specifico motivo di ricorso per Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 88 del DPR n. 917/1986 in materia di omessa contabilizzazione di sopravvenienze attive imponibili.
La società, a tal proposito, evidenzia che, trattandosi di una ripresa comportante l’accertamento di componenti positivi, era l’ufficio che aveva l’onere di fornire la prova del conseguimento degli stessi, e, pertanto, non era corretta la statuizione del giudice del gravame che aveva parzialmente confermato il rilievo, non avendo la sentenza accertato che l’amministrazione finanziaria avesse dato prova che nell’esercizio fosse sopravvenuta l’insussistenza degli oneri dedotti in precedenti esercizi, non essendo a tal fine sufficiente il solo decorso del tempo.
I giudici di Cassazione hanno ritenuto fondato il motivo di ricorso.
Gli altri elementi che rientrano tra le sopravvenienze attive
Richiamando la previsione di cui all’art. 88 la Corte di Cassazione ha precisato che, tra le sopravvenienze attive da dichiarare rientra anche:
“la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritti in bilancio in precedenti esercizi.”
Da tale definizione si evince che la sopravvenienza deve essere dichiarata (e tassata) nell’esercizio in cui si manifesta solo se la posta passiva sia stata già iscritta in precedenti bilanci e se la sua insussistenza sia sopravvenuta e non originaria, derivi cioè da eventi ulteriori che ne modifichino l’effettività, e non già, a contrario, se venga rilevata l’originaria inesistenza soltanto in un momento successivo.
Si è inoltre affermato che non rientra tra le sopravvenienze attive l’accertamento sopravvenuto dell’insussistenza originaria di una posta passiva pure iscritta nel bilancio di un precedente esercizio:
“in quanto essa rileva al momento della sua eliminazione per decisione discrezionale del contribuente (Cass. civ., 2 agosto 2017, n. 19219).”
In altre parole, il concetto di sopravvenienza attiva implica che una spesa, una perdita o una passività, già iscritta in bilancio, era reale ed esistente, e che successivamente, per qualsiasi ragione, prevedibile o imprevedibile, la sua operatività o effettività sia venuta meno, o anche che abbia subito una variazione quantitativa favorevole al contribuente, come nel caso di impossibilità sopravvenuta di una condizione, ovvero di impossibilità sopravvenuta della prestazione, o anche di risoluzione del contratto o al recesso, che determinino in capo al contribuente un incremento della disponibilità finanziaria o patrimoniale.
È pertanto estranea a tale fattispecie l’ipotesi che una posta passiva (spesa o perdita o qualsiasi altra passività) iscritta in un determinato bilancio, ma inesistente perché documentata da atti o fatture false materialmente o ideologicamente o giuridicamente non dotate dei requisiti formali per essere portate in deduzione.
Infatti, in tal caso, la circostanza che i bilanci degli esercizi successivi siano indirettamente influenzati dalla falsità o insussistenza della perdita o passività già iscritta nulla toglie al fatto oggettivo che gli effetti tributari della passività indebitamente iscritta si siano già realizzati in relazione all’esercizio in cui la perdita è stata rilevata (nel caso di specie contribuendo alla diminuzione del risultato d’esercizio imponibile.
Da qui l’accoglimento del motivo di ricorso e la Cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
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