Cos'è il contratto di associazione in partecipazione, quali sono le sue caratteristiche principali ed il relativo inquadramento civilistico e fiscale
Il contratto di associazione in partecipazione permette ad un soggetto (l’associato) di prendere parte degli utili di un’impresa o di uno o più affari dell’associante.
Questo istituto è stato parzialmente dal Jobs Act, che ha escluso per le persone fisiche la partecipazione mediante lavoro.
A volte usato per mascherare un rapporto di lavoro subordinato, il contratto di associazione in partecipazione differisce dal contratto di lavoro dipendente in quanto impone all’associato di condividere il rischio dell’impresa o affare.
La sua definizione e regolamentazione è esposta all’interno del codice civile, agli articoli 2549 e seguenti.
Approfondiamo insieme quindi cos’è il contratto di associazione in partecipazione, cercando di delineare come funzioni e le sua caratteristiche principali.
Il contratto di associazione in partecipazione: definizione e riferimento normativo nel codice civile
Un contratto di associazione unisce in maniera consensuale due soggetti distinti: l’associante e l’associato.
Da quanto indicato dal codice civile, art. 2549 infatti:
“Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto”.
L’associazione in partecipazione viene fatta rientrare nell’ambito del contratto sinallagmatico, prevedo una corrispettività tra i due contraenti:
- associante, ovvero colui che è teso a ricevere un finanziamento;
- e associato, ovvero colui che si attende degli utili dal contratto di partecipazione.
Va sottolineato però che tale guadagno non è affatto garantito per l’associato. L’ago della bilancia è costituito dalla gestione dell’impresa o dell’affare a cui è legato il contratto di associazione in partecipazione.
La prestazione a favore dell’associato è infatti ‘aleatoria’, dal momento che non risulta fissata a priori ma dipendente dall’andamento della partecipazione in questione.
Il ruolo dell’associato in questo senso si esplica sia nella partecipazione agli utili e, se è stipulato un patto contrario, alle perdite dell’affare. In questo secondo caso l’importo non può superare il valore del suo apporto (art. 2553, codice civile), inteso come capitale o lavoro ceduto.
L’associato quindi partecipa al rischio di impresa per utili e perdite dal momento della stipula del contratto di associazione in partecipazione.
L’associato inoltre può esercitare un controllo sulla gestione dell’impresa o affare (dipendente dalla tipologia di contratto), rimanendo la loro gestione in ogni caso in capo all’associante.
L’associato, infatti, ha diritto al rendiconto dell’affare e, se il rapporto ha una durata superiore all’anno, alla relazione annuale.
Contratto di associazione in partecipazione: gli elementi fondamentali
Il contratto di associazione in partecipazione è stato rivisto dal Jobs Act.
In virtù delle novità introdotte non è più consentito che la partecipazione si esprima, nemmeno in parte, con una prestazione di lavoro da parte dell’associato.
Tale previsione sul contratto di associazione è imposto unicamente per le persone fisiche.
Ad esclusione delle persone giuridiche quindi, la partecipazione potrà essere stipulata solo per mezzo di capitali come denaro, aziende, beni mobili o immobili.
Tale effetto si è prodotto in virtù del comma 2 dell’art. 2549 de codice civile, come novellato dall’art. 57 del D.Lgs. 81/2015 in attuazione della delega del Jobs Act.
I contratti di associazione in partecipazione sottoscritti prima del 25 giugno 2015 non sono toccati dalle novità del Jobs Act fino alla loro cessazione.
Il contratto di associazione in partecipazione ha alcuni elementi caratterizzanti ovvero:
- l’oggetto, che consiste nel compimento di un’attività economica a scopo di lucro;
- l’apporto dell’associato in favore dell’impresa associante;
- la quota di partecipazione agli utili dell’associato;
- la titolarità piena e il potere di gestione dell’impresa in capo all’associante.
Trattamento fiscale del contratto di associazione in partecipazione
Il contratto di associazione in partecipazione è soggetto all’imposta di registro fissa o variabile a seconda del tipo di apporto, come per i conferimenti.
Ai fini delle imposte dirette IRPEF ed IRES, qualora l’apporto sia di solo capitale la relativa remunerazione a titolo di partecipazione agli utili è indeducibile per l’associante, a prescindere dalla natura giuridica dell’associato (persona fisica non imprenditore, imprenditore individuale, società di persone o società di capitali).
I compensi corrisposti all’associato sono rendicontate ai percipienti con il modello CUPE (“Certificazione relativa agli utili ed agli altri proventi equiparati corrisposti“).
Tale certificazione non deve essere effettuata per quanto riguarda gli utili assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, ai sensi dell’art. 27 del DPR n. 600/73.
Al contrario, la certificazione deve essere effettuata nei confronti dei contribuenti non residenti, che sono tassati con ritenuta a titolo di acconto, in modo che possano avere un documento giustificativo che consenta loro di scomputare l’imposta nel proprio Paese di residenza.
Nel campo “Codice del soggetto che rilascia la certificazione“ della CUPE, l’associante dovrà indicare:
- il codice A, se è una società di capitali;
- il codice G, se è un imprenditore individuale o una società di persone.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Il contratto di associazione in partecipazione