Il calcolo della pensione si effettua con tre diversi metodi. Qual è la differenza tra il sistema contributivo, il sistema retributivo e il misto, e quando si applicano? Determinante è la data di inizio dell'attività lavorativa, secondo quanto previsto dalla riforma Dini e dalla riforma Monti-Fornero. Facciamo il punto delle istruzioni da seguire.
Come fare il calcolo della pensione?
Il sistema contributivo, il retributivo e il sistema misto prevedono diverse regole per determinare l’importo dell’assegno mensile spettante.
Districarsi tra le norme che regolano il sistema pensionistico italiano sembra a volte un’impresa ardua anche per gli addetti ai lavori.
Per il comune cittadino può rappresentare un vero rebus: chiunque oggi desideri andare in pensione, deve verificare di poterlo di farlo ossia di possedere i diversi requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge.
Deve anche valutare la convenienza tra le diverse opzioni che le norme gli mettono a disposizione.
Nonostante il dibattito sulla riforma sia sempre molto infuocato tra le forze politiche, i sindacati e gli esperti del settore e nonostante non manchino promesse di riforma e semplificazione, è un dato di fatto che il quadro normativo sia composto ancora oggi da regole difficili da comprendere, stratificate nel tempo e spesso contraddittorie tra loro.
Una criticità che non risparmia le regole per il calcolo della pensione. Soffermiamoci quindi sui tre metodi previsti, per capire i casi in cui si applica il sistema contributivo, il sistema retributivo o il misto.
Calcolo della pensione: guida completa
- Calcolo della pensione: sistema contributivo, retributivo e misto
- Calcolo della pensione: il metodo retributivo
- Calcolo della pensione: il metodo contributivo
- Calcolo della pensione con metodo contributivo: importo più alto per chi lascia dopo il lavoro
- Calcolo della pensione: il metodo misto o pro-rata
Calcolo della pensione: sistema contributivo, retributivo e misto
Cercando di fare chiarezza, possiamo ricordare che il sistema di calcolo delle pensioni è stato oggetto di modifiche legislative importanti nel 1995, anno della cosiddetta riforma Dini (legge 8 agosto 1995 n. 335) dal nome dell’allora presidente del Consiglio, e si differenzia in base all’anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 1995.
In sintesi, per i lavoratori che perfezionano i requisiti per la pensione possono verificarsi tre casi principali:
- lavoratori con almeno 18 anni di contributi maturati fino al 31 dicembre 1995 e dunque applicazione del sistema di calcolo retributivo, più conveniente perché basato sulla media degli stipendi degli ultimi anni di carriera;
- lavoratori con meno di 18 anni di contributi maturati al 31 dicembre 1995 e dunque applicazione del sistema di calcolo misto, retributivo fino al 1995 e contributivo per i periodi di attività successivi.
- lavoratori assunti dopo il 1° gennaio 1996 e dunque applicazione del sistema di calcolo contributivo.
La riforma Monti Fornero, ossia il decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha poi previsto l’estensione del calcolo contributivo a tutti i lavoratori a partire dal 1° gennaio 2012.
Anche coloro che hanno maturato almeno 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 avranno dunque una quota di pensione calcolata con il sistema contributivo per il periodo successivo al 1° gennaio 2012 e manterranno il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011.
Condizioni | Metodo calcolo pensione |
---|---|
Lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 | Calcolo retributivo |
Lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 | Calcolo misto - retributivo fino al 1995 e contributivo per anni successivi |
Lavoratori assunti dopo 1° gennaio 1996 | Calcolo contributivo |
Post riforma Monti-Fornero | Metodo contiributivo per tutti per i periodi successivi al 1° gennaio 2012 |
Calcolo della pensione: il metodo retributivo
Il metodo retributivo è considerato il metodo di calcolo più conveniente della pensione, perché prende in considerazione la media degli stipendi degli ultimi anni di lavoro e l’anzianità lavorativa, ossia il numero degli anni di lavoro fino ad un massimo di 40 anni.
L’aliquota di rendimento è pari al 2 per cento annuo per retribuzioni e redditi inferiori ai limiti fissati dalla legge o inferiore al 2 per cento per le retribuzioni e i redditi più elevati.
Il calcolo dell’assegno si basa sul sistema delle due quote:
- la quota A è calcolata sui contributi maturati fino al 31 dicembre 1992, prendendo come base la media degli ultimi 5 anni di retribuzione dei lavoratori dipendenti. Per i lavoratori autonomi si considera la media degli ultimi 10 anni di retribuzione e per i lavoratori pubblici la retribuzione dell’ultimo anno di attività;
- la quota B è calcolata sull’anzianità contributiva maturata dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 2011: si considera la media degli ultimi 10 anni di stipendio dei lavoratori dipendenti pubblici o privati e degli ultimi 15 per gli autonomi.
Il lavoratore dipendente del settore privato che abbia maturato un’anzianità contributiva inferiore a 15 anni entro il 31 dicembre 1992 vedrà tuttavia calcolarsi la propria media di quota B sulle retribuzioni percepite per tutta la vita lavorativa fino alla pensione e su quelle percepite nei cinque anni antecedenti al 1993 (in questo caso gli anni diventano 10 per i lavoratori autonomi).
Per i lavoratori del pubblico impiego con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992, il periodo di riferimento andrà dal 1993 alla data di decorrenza della pensione.
Le retribuzioni utili ai fini pensionistici vengono rivalutate, secondo indici di rivalutazione pubblicati annualmente, fino all’anno antecedente a quello del pensionamento.
Le medie delle retribuzioni vengono poi moltiplicate per aliquote di rendimento che variano sulla base della retribuzione, della collocazione temporale dell’anzianità e del fondo di appartenenza del lavoratore.
Calcolo della pensione: il metodo contributivo
Il metodo contributivo è oggi molto diffuso rispetto al metodo retributivo.
Utilizzato in molte forme di anticipo pensionistico introdotte dal legislatore, come Opzione donna, è un metodo considerato tuttavia penalizzante soprattutto per le nuove generazioni e per quei lavoratori che hanno carriere discontinue e stipendi poco elevati.
Tutti contributi maturati dal lavoratore e versati all’ente di previdenza nel corso dell’intera vita lavorativa, rivalutati sulla base del tasso calcolato periodicamente dall’ISTAT secondo il PIL, formano il montante contributivo su cui viene calcolata la pensione.
Per conoscere L’importo dell’assegno, è sufficiente moltiplicare la retribuzione pensionabile annua per l’aliquota di computo (pari al 33 per cento per i lavoratori dipendenti).
La percentuale di retribuzione annua così accantonata a fini pensionistici viene poi aggiornata con un tasso di rivalutazione annuo variabile in base alla crescita nominale del PIL degli ultimi cinque anni.
Tutti i contributi versati concorrono a determinare l’ammontare della pensione, attraverso il coefficiente di trasformazione, ossia un valore percentuale che viene aggiornato ogni due anni e che cresce in base all’età di pensionamento.
Calcolo della pensione con metodo contributivo: importo più alto per chi lascia dopo il lavoro
Il metodo contributivo è dunque meno penalizzante se si lascia il lavoro tardi: la pensione sarà tanto più elevata quanto più sarà alto il montante contributivo ed il coefficiente di trasformazione, che aumenta all’aumentare dell’età del lavoratore.
Il decreto del Ministro del Lavoro 1° giugno 2020 fissa, per esempio:
- un coefficiente pari al 5,220 per cento per chi va in pensione a 65 anni;
- un coefficiente pari al 5,575 per cento per chi ha raggiunto i 67 anni.
A 67 anni l’importo pensionistico sarà perciò sicuramente più elevato.
La Circolare INPS n. 15 del 28 gennaio 2022 ha determinato infine il massimale contributivo per il 2022, ossia il tetto contributivo pensionabile oltre il quale non sono dovuti contributi pari a 105.014,00 euro.
La quota di retribuzione eventualmente eccedente il tetto non produce benefici sul calcolo della pensione.
Il sistema contributivo si applica a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e a coloro che hanno maturato meno di 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995, per le attività lavorative svolte dal 1996 in poi.
L’art. 1 comma 23 della legge 335 del 1995 ha introdotto la possibilità anche per altri lavoratori di optare per il contributivo puro.
Coloro che, pur avendo iniziato a lavorare prima del 1 gennaio 1996, hanno maturato al 31 dicembre 1995 un’anzianità inferiore a 18 anni ma hanno accantonato in totale un minimo di contributi pari a 15 anni, 5 dei quali versati dopo il 1996, possono scegliere di andare in pensione, senza attendere il compimento dei 67 anni di età, optando per il calcolo contributivo della pensione.
Calcolo della pensione: il metodo misto o pro-rata
Il metodo misto o pro-rata si applica a coloro che, fino al 31 dicembre 1995, hanno meno di 18 anni di contributi e a coloro che, alla stessa data, hanno un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni.
Nel primo caso il lavoratore avrà una pensione calcolata con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo per il periodo successivo.
Nel secondo caso il lavoratore avrà una pensione calcolata con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011 e con il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012.
Un metodo vantaggioso dunque, che può generare, secondo gli esperti, una rata di pensione mensile più elevata del 25 o 30 per cento di quella calcolata con il metodo esclusivamente contributivo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Calcolo della pensione: sistema contributivo, retributivo e misto