I redditi del cittadino italiano fiscalmente residente negli Emirati Arabi devono essere tassati esclusivamente in tale Stato, secondo la convenzione tra i due Paesi. Non si pone il problema della mancanza della doppia imposizione giuridica
La recente giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione ha chiarito che, una volta dimostrata la residenza fiscale di un cittadino italiano negli Emirati Arabi, in relazione al trattamento impositivo del reddito di lavoro dipendente è applicabile l’art. 15, paragrafo 1 della Convenzione Italia-Emirati Arabi.
Prevede che i redditi di lavoro dipendente derivanti da una prestazione svolta negli Emirati Arabi da un residente negli Emirati Arabi siano tassati in via esclusiva in tale Stato.
Si verte in un’ipotesi in cui, sulla base della disciplina convenzionale, l’esclusione dalla base imponibile delle imposte italiane risulta espressa in termini incondizionati e non si pone il problema della mancanza della doppia imposizione giuridica in ragione del fatto che gli Emirati Arabi non hanno un’imposta analoga all’IRPEF.
Cittadino residente fiscale negli Emirati Arabi: si applicano i criteri convenzionali, un caso pratico
Con apposita istanza un contribuente ha chiesto all’Ufficio il rimborso delle ritenute operate dal proprio datore di lavoro sulle somme erogategli a titolo di reddito da lavoro dipendente, in relazione all’anno d’imposta 2011, nel quale assumeva di essere stato residente fiscalmente a Dubai.
L’istante ha invocato l’articolo 15 della Convenzione tra Repubblica Italiana ed Emirati Arabi Uniti (E.A.U.) contro le doppie imposizioni, firmata il 22 gennaio 1995, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge n. 309/1997, secondo cui:
“i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato.”
L’Ufficio ha negato il rimborso, non avendo il contribuente prodotto l’apposito attestato ufficiale dello Stato contraente di cui il contribuente è residente che certificasse la sussistenza delle condizioni richieste per aver diritto all’applicazione dei benefici previsti dalla Convenzione.
Il ricorso avverso il diniego al rimborso è stato respinto in primo grado, ma la CTR ha ribaltato il giudizio riconoscendo il diritto al rimborso da parte del contribuente, in base al disposto dell’art. 15, par. 1 della Convenzione, che implicava che le remunerazioni percepite come corrispettivo da attività di lavoro dipendente per l’attività svolta negli Emirati fossero solo lì imponibili, osservando testualmente:
“che l’Italia, con questa disposizione convenzionale, ha rinunciato, ab origine, ad esercitare la propria pretesa impositiva sui redditi in questione.”
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, osservando che la CTR avrebbe errato nel ritenere provata la residenza fiscale del contribuente negli Emirati nel periodo d’imposta in oggetto sulla base di elementi di prova che non avrebbero potuto surrogare la necessaria produzione del certificato di cui all’art. 28 paragrafo 2 della Convenzione, secondo cui:
“Le istanze di rimborso, da prodursi in osservanza dei termini stabiliti dalla legislazione dello Stato contraente tenuto ad effettuare il rimborso stesso, devono essere corredate da un attestato ufficiale dello Stato contraente che certifichi la sussistenza delle condizioni richieste per aver diritto all’applicazione dei benefici previsti dalla Convenzione.”
A sostegno della propria tesi, l’Agenzia ha citato a sostegno alcune decisioni della Corte di Cassazione (Cass. sez. 5, n. 5927/2021; Cass. sez. 5, n. 13159/2019), rese in relazione a fattispecie riguardanti diverse Convenzioni, pur sempre basate sul modello OCSE, non essendo ammessi equipollenti alla produzione di detto certificato.
Residenti fiscali all’estero: l’esclusione dalla base imponibile delle imposte italiane deve essere espressa in termini incondizionati
Nel ritenere infondati i motivi di ricorso, il Collegio di legittimità - si veda, in particolare, l’Ordinanza n. 35284/2024 - ha precisato che il problema cardine della controversia in esame è quello di verificare se, sulla base della disciplina convenzionale, l’esclusione dalla base imponibile delle imposte italiane sia espressa in termini incondizionati ovvero risulti correlata all’ulteriore presupposto della doppia imposizione giuridica.
La decisione della CTR ha affermato in maniera puntuale la sussistenza dei requisiti della residenza fiscale, ex art. 4 della Convenzione, del contribuente negli Emirati, in uno alla sua famiglia ivi interamente trasferitasi.
Tale circostanza è stata supportata sulla base di una pluralità di documenti, ivi compreso il certificato di iscrizione all’AIRE che, sostanzialmente, hanno indotto il giudice di merito a ritenere superata la presunzione legale relativa di cui all’art. 2, comma 2-bis, del DPR n. 917/1986, secondo cui si considerano altresì residenti (in Italia), salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi delle popolazioni residenti ed emigrati in Stati, per quanto qui rileva, gli Emirati Arabi Uniti, aventi un regime fiscale privilegiato.
Pertanto, si verte nell’ipotesi in cui, sulla base della disciplina convenzionale, l’esclusione dalla base imponibile delle imposte italiane risulta espressa in termini incondizionati e non si pone il problema della mancanza della doppia imposizione giuridica in ragione del fatto che gli Emirati Arabi non hanno un’imposta analoga all’IRPEF, e l’assenza di certificazione dell’Autorità fiscale degli Emirati di cui all’art. 28 non preclude l’applicabilità della disciplina convenzionale, essendo sufficiente la generale soggezione del contribuente residente fiscalmente al potere impositivo di detta Autorità.
Il contribuente pertanto, per l’anno 2011, ha legittimamente chiesto il rimborso limitatamente alle ritenute applicate per i redditi percepiti dalla società nel periodo di residenza fiscale negli Emirati, restando per il periodo precedente, applicate le imposte dovute in Italia in ragione del principio di territorialità (art. 23, comma 1, lett. c, TUIR). Da qui il rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.
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