La Corte di Cassazione con la sentenza n. 22628 depositata il 10 giugno 2022 ha stabilito che il datore di lavoro non può essere condannato per responsabilità oggettiva, a seguito di un infortunio, se ha affidato la responsabilità della sicurezza sul lavoro ad un consulente. Per giudicare nel modo corretto la responsabilità del datore, è necessario verificare la natura della consulenza e la sua influenza.
Sicurezza sul lavoro, per stabilire la responsabilità del datore di lavoro in seguito ad un infortunio, è necessario verificare l’influenza del servizio di consulenza in materia.
Questa la decisione della Corte di Cassazione, sentenza n. 22628/22, dopo il ricorso presentato da un datore di lavoro.
In seguito ad un incidente, il datore di lavoro non può essere accusato di responsabilità oggettiva senza una specifica verifica sulla natura e sull’influenza della consulenza.
Si applica il principio dell’esigibilità del comportamento dovuto, per valutare il mancato rispetto delle regole previste e se questo sia da imputare alla consulenza.
Sicurezza sul lavoro: la responsabilità del datore di lavoro è limitata se interviene un consulente
La Corte di Cassazione, tramite la sentenza n. 22628 depositata il 10 giugno 2022, ha deliberato in relazione ad un caso di infortunio sul lavoro avvenuto nonostante i sevizi di un consulente per la sicurezza sul lavoro.
In caso di incidente, il datore non può essere condannato per responsabilità oggettiva, cioè senza che il fatto sia stato commesso con volontà o colpa, se prima non è stata verificata la natura della consulenza, la professionalità del consulente e la complessità della scelta effettuata.
La questione è stata sollevata in seguito ad un incidente avvenuto in un’azienda. Il datore di lavoro è stato condannato dal tribunale locale per negligenza poiché non aveva fornito dispositivi di protezione individuale idonei. A consigliarli, però, è stato un consulente per la sicurezza sul lavoro.
In fase di ricorso, il datore di lavoro lamenta di essere stato condannato per responsabilità oggettiva per aver causato l’evento che ha portato all’infortunio.
Secondo il ricorrente, non sarebbe stato preso in adeguata considerazione il fatto di aver delegato la scelta dei dispositivi di protezione individuale, che si sono rivelati non idonei, ad una società di consulenza per la sicurezza sul lavoro.
Il ricorso è stato accolto dalla Cassazione, la quale ha disposto un rinvio a giudizio.
Il fatto di affidarsi ai servizi di una società di consulenza per la sicurezza sul lavoro non equivale a una delega di funzioni in materia, allo stesso tempo, pero, è necessario valutare l’influenza delle attività di consulenza.
La valutazione deve considerare la professionalità del consulente, la sua esperienza e specializzazione nel settore, l’ampiezza e la specificità dell’ambito della consulenza e l’eventuale complessità della scelta di specifici dispositivi di protezione.
Sicurezza sul lavoro: il principio di esigibilità del comportamento dovuto
Secondo la Corte, si rischia di addossare al datore di lavoro una responsabilità oggettiva al posto di quella relativa al mancato rispetto del comportamento a cui è tenuto.
In particolare, è necessario valutare l’influenza della consulenza in relazione al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto.
La Corte sottolinea l’importanza di questo principio, indispensabile per formulare un rimprovero specifico al datore di lavoro. La colpa, infatti, ha un aspetto oggettivo, la condotta, e uno soggettivo, cioè la possibilità per il soggetto di rispettare le regole previste. Il rispetto della regola costituisce appunto il principio di esigibilità del comportamento dovuto.
Pertanto, bisogna valutare adeguatamente l’attività di consulenza e la sua influenza per determinare la responsabilità del datore di lavoro in merito al mancato rispetto delle regole.
“In tema di infortuni sul lavoro, il conferimento da parte del datore di lavoro di una effettiva e specifica attività di consulenza nel settore della sicurezza, a soggetto con esperienza e specializzazione in esso, volta a integrare il bagaglio di conoscenze al fine precipuo di raggiungerne il livello adeguato alla gestione dello specifico rischio, implica la verifica dell’ampiezza e della specificità dell’oggetto della consulenza e, quindi, dell’eventuale particolare complessità della scelta degli specifici idonei dispositivi di protezione onde poter dedurre la conoscenza o la conoscibilità di questi ultimi da parte del datore di lavoro.”
La Cassazione sottolinea come il giudice territoriale non si sia attenuto a tale principio, omettendo valutazioni sull’efficacia della consulenza, sulla professionalità del consulente e sulla complessità della scelta di specifici DPI, necessarie per rimproverare al datore di lavoro una responsabilità oggettiva.
Il ricorso, dunque, è stato accolto e la sentenza impugnata è stata rinviata a giudizio presso il tribunale locale, che dovrà applicare il principio evidenziato.
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