La lettura dell’emendamento governativo alla Legge di Bilancio 2022 in discussione al Senato conferma la sensazione che dovremo aspettare ancora molto prima di poter cogliere i segni del cambiamento auspicato.
Gli ultimi decreti - il DL Fiscale ed il DL Antifrode - tracciano una prima linea provvisoria della Manovra 2022 che dovrebbe arrivare mercoledì in aula ma non si distinguono, purtroppo come di consueto, per la chiarezza espositiva, suscitando forti dubbi interpretativi da parte degli operatori professionali e dei contribuenti stessi.
Questo purtroppo seguendo il filone ormai noto dei rinvii e correzioni a precedenti atti normativi, così come il fuoco di emendamenti, ivi compreso quello del Governo presentato nella giornata di venerdì scorso.
Non voglio qui riepilogarne il contenuto, piuttosto evidenziare quelle che a mio parere sono le mancanze dell’azione del governo Draghi, che avrebbe dovuto di fatto anticipare quella che sarà la linea della riforma fiscale, il cui perimetro è stato dettato dal documento finale del lavoro congiunto delle commissioni di Camera e Senato del Giugno scorso, a cui si è ispirata la Proposta di Legge Delega sul tema fisco, ora all’esame in commissione alla Camera.
Semplificazione e chiarezza di indirizzo anche oggi l’attenderemo domani
Alcuni interventi, quello sul Patent Box in particolare, di cui nessuno si attendeva la revisione intervenuta con il decreto fiscale, sono stati oggetto di rivisitazione al fine di chiarire meglio l’effettiva decorrenza ovvero la corretta applicazione nel regime transitorio.
Focus: perché intervenire su una normativa apprezzata dagli operatori economici e catalizzatore di investimenti nel nostro Paese con un testo contenuto nel decreto fiscale confuso ed obiettivamente scritto da una penna non avvezza alla scrittura delle norme?
Norma per la quale si è dovuti ora intervenire nuovamente, modificando ancora le carte in tavola a meno di un mese dalla sua conversione in legge, ingenerando confusione in un momento di ripresa economica.
Una ripresa economica che non può essere consolidata se nel sistema vengono creati dubbi negli investitori: prima marchi si ora marchi no, credito di imposta R&S cumulo prima no ora si, misura da 90% a 110% ecc ecc…
Stessa confusione con il Decreto Antifrode
Stessa situazione con il Decreto Antifrode, intervenuto per la corretta intenzione di limitare le frodi registrate dall’Agenzia delle Entrate, ma di fatto a gamba tesa, cancellando di un tratto quella fetta di mercato sui piccoli interventi di recupero edilizio e di risparmio energetico resi antieconomici per l’aggravio di costi per asseverazioni e visti di conformità inizialmente non previsti.
Un cenno doveroso a quanto relativo alle rivalutazioni agevolate che, dapprima allettate lo scorso anno con una fiscalità di particolare vantaggio, sono state fortemente ridimensionate da una norma correttiva.
Quest’ultima ha cambiato le carte in tavola ad operazione in fase di conclusione o addirittura avvenuta, in cui è stata coinvolta una impresa che ha operato la rivalutazione agli atti di Bilancio 2020 ed i cui numeri ivi esposti possono aver influenzato gli stakeholders della impresa quali banche, fornitori, investitori.
Ora la Legge di Bilancio 2022 che interviene sulle imposte dirette con una riduzione di aliquote e rimodulazione degli scaglioni, un nuovo meccanismo di detrazione sui redditi da lavoro e pensione nonché una clausola di salvaguardia che tutela i redditi più bassi.
Un testo che può essere preso ad esempio di come non deve essere scritta una norma, peraltro di semplice attuazione.
Infine, due punti da evidenziare a cui non sembra sia sia posta correzione ma già più volte discussi in passato:
- l’IRPEF, dove resiste l’atavico distinguo nel trattamento fiscale dei redditi da lavoro dipendente da quello autonomo od occasionale, favorendo il primo. Un primo passo nell’uniformare il trattamento tributario del qualsiasi reddito da lavoro poteva ben essere previsto in questo anticipo di riforma fiscale;
- l’IRAP: ben venga l’esenzione da tale imposizione riconosciuta alle partite IVA persone fisiche, peccato che paradossalmente sarebbe stato meglio riconoscerlo alle società. Così come ora previsto invoglia a svolgere l’attività in forma autonoma e non aggregata come in realtà da tempo si auspica, in particolare nelle professioni. IRAP e regime forfettario, così come impostate per il 2022, non favoriscono - anzi tendono a disincentivare - la tanto auspicabile aggregazione professionale.
Un problema di metodo
C’è ancora tanto da lavorare ma le scelte importanti di indirizzo e di metodo a cui il Legislatore è chiamato a dare risposte non possono essere più lasciate ad un Governo che, dopo una prima fase di slancio, sembra costretto a lavorare al ribasso per tenere insieme le diverse anime su cui poggia il consenso in Parlamento, ingenerando conseguentemente confusione di indirizzo e contenuto delle ultime sue iniziative legislative.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Semplificazione inversa