Non spetta il rimborso dell'IVA per l'acquisto di beni e servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un'attività esente ai sensi della sesta direttiva 77/388/CEE. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione
In tema di IVA, l’esenzione prevista dall’articolo 13, parte B, lettera c), della sesta direttiva 77/388/CEE, si applica esclusivamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati per l’esercizio di un’attività esentata in forza di detto articolo.
Questo perché l’IVA versata in occasione dell’acquisto iniziale dei detti beni non ha formato oggetto di un diritto a detrazione.
Di conseguenza, non spetta il rimborso dell’imposta versata per l’acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un’attività esente.
Questo il sunto del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 34407 depositata l’11 dicembre 2023.
Niente rimborso sull’IVA dei beni destinati ad attività esente, un caso pratico
Il giudizio verte sul ricorso proposto da una società avverso il silenzio-rifiuto della Agenzia delle Entrate, opposto a seguito della presentazione dell’istanza di rimborso con cui l’istante chiedeva la restituzione dell’IVA sul presupposto che, per effetto dell’applicabilità dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della direttiva CEE/77/388 del 1977 (cd. sesta direttiva sull’IVA), conseguirebbe la rimborsabilità dell’imposta relativa ad operazioni di fornitura di beni e servizi destinati all’esercizio di attività esenti, quale quella relativa all’ambito sanitario.
La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo applicabile la suddetta previsione della direttiva.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione ma l’appello è stato respinto dalla CTR.
Da qui la presentazione da parte dell’Ufficio erariale del ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, in cui si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 del DPR n. 633 del 1972, in quanto la giurisprudenza unionale ed interna ha sancito la non rimborsabilità dell’IVA per operazioni di acquisto destinate all’esercizio di attività esenti.
I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondato il motivo e cassato la sentenza della CTR e, decidendo la causa nel merito, hanno rigettato il ricorso introduttivo del giudizio.
L’esenzione si applica solo per la rivendita di beni e servizi precedentemente acquistati per attività esenti
Premesso che la CTR, richiamando la sentenza di primo grado, ha implicitamente ritenuto che dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. b), della sesta direttiva derivasse una posizione soggettiva di vantaggio in capo alla contribuente, azionabile mediante rimborso nei limiti dell’ordinaria prescrizione decennale, viene preliminarmente in conto che, in realtà, il citato articolo 13 non fonda affatto una tale posizione soggettiva.
A riguardo, l’Ordinanza 2006 della Corte di Giustizia UE, nelle cause riunite C-18/05 e C-155/05, ha affermato che, in materia di “altre esenzioni” di cui all’art. 13, parte B, della sesta direttiva, rispetto alle esenzioni elencate nella parte A:
“la prima parte dell’art. 13, parte B, lett. c), della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari dev’essere interpretata nel senso che l’esenzione da essa prevista si applica unicamente alla rivendita di beni preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un’attività esentata in forza del detto articolo, in quanto l’imposta sul valore aggiunto versata in occasione dell’acquisto iniziale dei detti beni non abbia formato oggetto di un diritto a detrazione.”
La Corte di Cassazione ha condiviso appieno tale principio già con le passate Sentenze n. 355/2010 e n. 20752/2008 e lo ha ribadito con la sentenza in argomento, in cui ha affermato che, in tema di IVA, l’art. 13 parte B lett. c) della direttiva 77/388/CEE deve essere interpretato nel senso che l’esenzione ivi prevista trova applicazione alla rivendita di beni preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un’attività esente (nel caso di specie un’attività in ambito sanitario), in quanto l’IVA versata in occasione dell’acquisto iniziale dei suddetti beni non abbia formato oggetto di un diritto alla detrazione.
Da qui la cassazione della sentenza della CTR, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente avverso il silenzio-rifiuto.
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