Rientro dei cervelli, le agevolazioni durano 10 anni per i lavoratori tornati in Italia nel 2010: tra il regime dei contro esodati e quello degli impatriati si crea una “staffetta”. E il periodo di fruizione del primo non blocca il secondo. A stabilirlo è l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 26 del 6 febbraio 2020.
Rientro dei cervelli, le agevolazioni possono durare anche 10 anni: è il caso dei lavoratori tornati in Italia nel 2010 che, grazie a una “staffetta” tra il regime dei contro esodati e quello degli impatriati, possono beneficiare di una riduzione della base imponibile fino al 31 dicembre 2020.
Il periodo di fruizione del primo, infatti, non pone ostacoli al secondo e può porsi in linea di continuità. A stabilirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 26 del 6 febbraio 2020.
Lo spunto per fare luce sulla scadenza del regime agevolato arriva dall’analisi di un caso pratico ed è l’occasione per ricostruire il quadro delle agevolazioni previste per il rientro dei cervelli negli ultimi dieci anni.
- Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 26 del 6 febbraio 2020
- Interpello articolo 11, comma 1, lettera), legge 27 luglio 2000, n.212 - Articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 147 del 2015 - opzione per il regime agevolativo previsto per gli impatriati da parte dei soggetti in possesso dei requisiti di cui alla legge n. 238 del 2010.
Rientro dei cervelli, le agevolazioni durano 10 anni per gli impatriati nel 2010
Protagonista è una società che si rivolge all’Agenzia delle Entrate per conoscere il corretto trattamento fiscale da applicare a uno dei suoi dipendenti, tornato in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero e assunto nel 2010.
Al momento dell’assunzione la condizione del lavoratore era la seguente:
- aveva svolto attività lavorativa all’estero per 24 mesi continuativi, conseguendo lo status di soggetto fiscalmente non residente in Italia;
- era cittadino italiano con residenza continuativa per 24 mesi in Italia prima dell’espatrio;
- avrebbe trasferito la residenza anagrafica in Italia entro tre mesi dall’assunzione.
La società, in qualità di sostituto di imposta, ha applicato negli anni un particolare trattamento fiscale, alla luce delle agevolazioni previste per i lavoratori che tornano in Italia dopo un periodo oltreconfine:
- 2011-2015, ritenute in acconto dell’IRPEF su un imponibile pari al 30% del reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia, in linea con il regime di parziale imponibilità del reddito di lavoro dipendente previsto dalla legge numero 238 del 30 dicembre 2010 (regime dei contro esodati);
- dal periodo di imposta 2016, ritenute IRPEF su un imponibile pari al 70% in linea con il regime degli impatriati previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo numero 147 del 14 settembre 2015;
- dal periodo d’imposta 2017 ad oggi, ritenute IRPEF su un imponibile pari al 50% del reddito.
Alla luce delle diverse agevolazioni di cui il lavoratore ha beneficiato nel tempo, la società si rivolge all’Agenzia delle Entrate con un quesito: per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia, può continuare a beneficiare del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, nonostante il pregresso periodo di fruizione degli incentivi previsti dalla legge numero 238 del 2010?
I chiarimenti nella risposta all’interpello numero 26 del 6 febbraio 2020: il lavoratore può continuare a beneficiare del regime agevolato fino alla fine del 2020, il periodo pregresso di fruizione non rappresenta un ostacolo.
Il testo chiarisce:
“l’Istante, in qualità di sostituto d’imposta potrà continuare ad operare, fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, le ritenute d’acconto ai fini dell’IRPEF sul 50 per cento del reddito di lavoro dipendente prodotto in territorio italiano”.
Rientro dei cervelli, agevolazioni valide fino al 31 dicembre 2020 per gli impatriati nel 2010
Nel motivare la sua risposta, l’Agenzia delle Entrate ricostruisce il quadro normativo e l’evoluzione delle agevolazioni previste per il rientro dei cervelli e per i lavoratori impatriati.
Si parte dalla legge numero 238 del 2010: era questa la prima forma di incentivo riservata a chi è tornato in Italia nel 2010.
Si trattava del cosiddetto regime dei contro-esodati che è stato applicato fino al 2017.
L’agevolazione consisteva in una minore imponibilità del reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa, avviate in Italia, in favore di cittadini dell’Unione Europea che, dopo un percorso di studi o di lavoro all’estero per almeno ventiquattro mesi, decidevano di ritrasferire residenza e domicilio in Italia per intraprendere sul nostro territorio un’attività.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 3, i redditi concorrevano alla formazione della base imponibile IRPEF in misura ridotta:
- 20% per le lavoratrici;
- 30% per i lavoratori.
Dal periodo di imposta 2016 nel sistema di incentivi per il rientro dei cervelli ha debuttato il regime degli impatriati, previsto dall’articolo 16 decreto legislativo numero 147 del 2015, che consente di applicare per il 2016 ai redditi di lavoro dipendente la tassazione su una base imponibile del 70%, e dal periodo d’imposta 2017, di far concorrere alla formazione del reddito complessivo i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo in misura pari al 50%. Cinque i periodi di imposta a cui è applicabile l’agevolazione.
La chiave della risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate è da rintracciare nel comma 4 del citato articolo 16, che ha esteso “il regime speciale per i lavoratori impatriati anche ai lavoratori dipendenti, ai lavoratori autonomi e ai titolari di attività di impresa, che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015”. Senza alcun vincolo sul passato.
Il testo dell’Agenzia delle Entrate specifica:
“Potevano esercitare, entro il 2 maggio 2017, l’opzione per il regime agevolativo previsto per gli impatriati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 i soggetti in possesso dei requisiti di cui alla legge n. 238 del 2010 purché rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015.
Il diritto all’opzione non era dunque condizionato ad alcun termine iniziale di trasferimento della residenza, con la conseguenza che l’opzione poteva essere esercitata anche dai soggetti in possesso dei requisisti di cui alla legge n. 238 del 2010 rientrati in Italia prima del 2015”.
Nessun contrasto, dunque, tra i due meccanismi di incentivi, ma la costruzione di una linea di continuità.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Rientro dei cervelli, le agevolazioni durano 10 anni per gli impatriati nel 2010