Il reddito di cittadinanza non ha i requisiti per garantire l'impatto sperato sul mercato del lavoro, soprattutto al Sud. Lo segnala il rapporto SVIMEZ 2019, la risposta di ANPAL offre un ulteriore indizio di inefficienza. Il sistema è lento e debole in tutta Italia, arrivano dopo 8 mesi le piattaforme per la gestione dei patti per il lavoro.
Il reddito di cittadinanza coinvolge oltre un milione di italiani, ma non ha i requisiti per garantire l’impatto sociale sperato. Nessun beneficio per il mercato del lavoro, soprattutto al Sud, nei territori più caldi per numero di richieste.
Ad segnalare che c’è un impatto zero è il rapporto elaborato da SVIMEZ, Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, e la risposta di ANPAL, Agenzia in prima linea nella ricerca di nuove opportunità lavorative per i beneficiari è tutt’altro che rassicurante.
Siamo difronte a un sistema lento, fa fatica a mettere in moto quel meccanismo di politiche attive del lavoro che sarebbe dovuto essere il tratto distintivo rispetto alle misure di sostegno economico del passato.
Reddito di cittadinanza a impatto zero: mancano i requisiti per garantire benefici adeguati
Il quadro tracciato dal Rapporto SVIMEZ 2019, Il Mezzogiorno nella nuova geografia europea delle disuguaglianze, è allarmante. Per il Sud, come per il resto di Italia.
Se è vero che l’analisi si concentra solo su una parte del territorio nazionale, è anche vero che i riflettori sono puntati sul territorio più rappresentativo per misurare gli effetti del reddito di cittadinanza. Secondo i dati INPS, dal Sud e dalle Isole è partito il 56% delle domande.
Nel comunicato stampa di presentazione dello studio si legge:
“La SVIMEZ giudica utile il Reddito di cittadinanza ma la povertà non si combatte solo con un contributo monetario, occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza. Peraltro l’impatto del RdC sul mercato del lavoro è nullo, in quanto la misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro”.
Le persone in povertà assoluta sono salite nell’ultimo biennio poco sopra i 5 milioni, di cui quasi 2,4 milioni nel solo Mezzogiorno.
Ma, come sottolinea il rapporto, non bisogna fare l’errore di pensare che il reddito di cittadinanza sia una questione meridionale, è una misura per tutti. E in tutto il territorio il sistema è troppo debole per affrontare la sfida del mercato del lavoro.
Reddito di cittadinanza a impatto zero, ANPAL: non mancano i requisiti, c’è bisogno di tempo
All’allarme lanciato con il rapporto SVIMEZ, risponde l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro, ANPAL, in prima linea per la gestione della fase 2 del reddito di cittadinanza, messa in piedi per trovare nuove opportunità professionali per i beneficiari.
“Secondo i dati Istat non c’è evidenza del temuto effetto divano, ossia di una fuga dal mercato del lavoro di persone che beneficiano del reddito di cittadinanza confidando nel ritardo dell’entrata a regime del nuovo sistema di politiche attive e nei pochi controlli.
Il tasso di attività nazionale si è mantenuto stabile al 65,7% dal IV trimestre 2018 fino al II trimestre del 2019, mentre nel Mezzogiorno, dopo un calo di un decimo di punto nel I trimestre 2019 rispetto al IV trimestre 2018, nel secondo trimestre il tasso di attività è cresciuto in termini congiunturali di due decimi di punto, assestandosi al 54,6%”.
Non ci sono i rischi individuati dall’Associazione per lo sviluppo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, sottolinea ANPAL nella nota pubblicata il 5 novembre, subito dopo la diffusione del Rapporto. Ma non ci sono neanche gli effetti sperati.
Reddito di cittadinanza, i tempi lunghi rendono più debole l’impatto
Dare una valutazione sul reddito di cittadinanza come misura di politica attiva, dal momento che i navigator hanno debuttato a settembre, non è possibile: va valutata in un periodo molto più lungo.
È questa la giustificazione di ANPAL. Ma anche i tempi hanno il loro peso, e il sistema del reddito di cittadinanza si muove troppo lentamente per gli obiettivi che si pone.
I primi numeri emersi dall’incontro tra la Conferenza Stato Regioni e il Ministero del Lavoro del 21 ottobre 2019 sono parziali ma parlano chiaro:
“In base alle prime verifiche, ci sono 200 mila convocazioni, oltre 70 mila colloqui effettuati e 50 mila Patti per il lavoro sottoscritti”.
Sono dati irrisori se confrontati con il numero dei beneficiari che avrebbero dovuto stipulare i patti per il lavoro: 704.595 in tutta Italia, 178.370 in Campania, 162.518 in Sicilia, 64.057 in Calabria solo per citare i primi tre territori. E che verosimilmente ad oggi sono anche più alte.
La fase 2 è stata caratterizzata da una serie di ritardi: i navigator che, nelle previsioni iniziali, dovevano essere operativi a giugno hanno debuttato a settembre, e in Campania la diatriba tra il governatore della Regione e l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro ha bloccato i contratti fino a qualche settimana fa.
In più, solo il 5 novembre ANPAL ha dato notizia dell’istituzione delle due piattaforme che consentono di gestire i percorsi di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale.
Dal 6 marzo 2019, primo giorno utile per presentare domanda di accesso al reddito di cittadinanza, sono passati esattamente 8 mesi: è vero che non è possibile stimare gli effetti reali delle politiche attive messe in moto perché la macchina organizzativa è partita da poco, ma è anche vero che i tempi, più o meno lunghi, contribuiscono a diluirne l’impatto.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Reddito di cittadinanza a impatto zero: mancano i requisiti per vederne gli effetti