Per la Suprema Corte di Cassazione non si prefigura il reato di occultamento o distruzione di scritture contabili qualora non si possa provare con certezza la concreta istituzione delle stesse e la successiva distruzione o occultamento
La Corte di Cassazione, con la Sentenza 26247 del 8 Giugno 2018, chiarisce il punto sul reato di occultamento e distruzione delle scritture contabili: non costituisce illecito penale tributario l’omessa tenuta delle scritture e dei registri contabili, perché occorre la preesistente esistenza delle stesse.
Per la Suprema Corte la realizzazione di un reato, richiede la completa corrispondenza tra gli elementi costitutivi della fattispecie e quelli dell’evento compiuto dal soggetto interessato e quindi l’elemento oggettivo (il fatto), quello soggettivo (il dolo o la colpa), ed i presupposti.
Omessa tenuta delle scritture contabili: il caso
La Corte di Cassazione con al Sentenza 26247 si esprime sul caso di un imprenditore indagato per aver occultato e distrutto le scritture contabili, violando l’art. 10 del D.Lgs 74/2000.
Concluse le le indagini egli era stato ritenuto responsabile del delitto per il mancato rinvenimento della documentazione e pertanto veniva condannato in primo grado dal Tribunale.
Il contribuente ha proposto ricorso in Appello, impugnando la predetta pronuncia, ma si è visto condannare ugualmente in secondo grado, dalla sentenza del 12/05/2017 della Corte di Appello di Lecce sezione distaccata di Taranto.
Avverso la seconda decisione a sfavore, l’imprenditore ha avanzato ricorso in Cassazione lamentando l’insussistenza della condotta fraudolenta, in quando, per poter essere accusato di aver occultato e distrutto le scritture contabili, quindi per commettere materialmente il reato, è necessaria la materiale esistenza della contabilità in seguito alla produzione di reddito, cosa che secondo l’imprenditore, non è mai avvenuta.
Omessa tenuta delle scritture contabili: la decisione
La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 26247 dell’ 8 giugno 2018, ha accolto il ricorso dell’imputato.
In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che il reato previsto dall’articolo 10 del D.Lgs 74/2000, presuppone l’istituzione della documentazione contabile, ma non contempla la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili.
Infatti, secondo la Corte, il reato si configura se posto in essere dall’imprenditore, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, mediante l’occultamento o la distruzione in tutto o in parte delle scritture contabili o dei documenti, dei quali ne è obbligatoria la conservazione, in modo da impedire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
In questo caso specifico, la Corte non ha rilevato l’esistenza del reato: la condotta fraudolenta non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo, ovvero il non aver tenuto le scritture contabili, ma richiede, ai fini dell’integrazione della fattispecie penale, un elemento l’ulteriore occultamento e la distruzione dei documenti contabili pre-esistenti.
La conclusione è quindi che il semplice fatto di non trovare le scritture contabili in azienda non è sufficiente ai fini della realizzazione del reato: il ricorso quindi è stato pienamente accolto annullando le sentenze precedenti.
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