Valutazione della mediazione tributaria, incertezza della questione controversa e grado di sostenibilità della pretesa sono al centro di questo prezioso approfondimento di Gianfranco Antico
La fase dell’istruttoria del reclamo/mediazione segue le regole dettate dal comma 4, dell’articolo 17-bis, del Decreto Legislativo numero 546/92: autonomia, all’interno dell’ente, del soggetto che deve decidere sul reclamo, per consentire un corretto esercizio del relativo potere.
Più precisamente, con riferimento alle Agenzie fiscali, la valutazione del reclamo e della proposta di mediazione è affidata ad apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.
Per gli altri enti impositori il Legislatore ha rimesso all’organizzazione interna di ciascuno l’individuazione della struttura deputata alla trattazione.
L’opzione di istituire un soggetto “terzo” deputato all’istruttoria, come previsto per la mediazione civile, è stata esclusa dal legislatore atteso che – come si legge nella relazione illustrativa – in campo tributario l’istituto del reclamo/mediazione si configura maggiormente come espressione dell’esercizio di un potere di autotutela nonché più adeguata determinazione dell’ente impositore, che va stimolato ed incoraggiato, allo scopo di indurre ogni Amministrazione a rivedere i propri errori prima dell’intervento del giudice.
Il successivo comma 5, dell’articolo 17-bis, del Decreto Legislativo numero 546/1992, riproduce sostanzialmente la previsione secondo cui l’organo che procede all’istruttoria, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione del contribuente, formula d’ufficio una propria proposta di mediazione.
L’Ufficio, innanzitutto, deve valutare l’istanza in ragione della configurabilità di motivi di inammissibilità del ricorso giurisdizionale ai sensi dell’articolo 18, del Decreto Legislativo numero 546/1992.
Tuttavia, la circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 9/E/2012 ha ritenuto di ostacolo alla trattazione dell’istanza – oggi ricorso - in aggiunta alla tardiva presentazione della stessa, solo la carenza di quei requisiti, individuabili caso per caso, che impediscono di attribuire l’istanza/ricorso al contribuente (esempio, mancanza di sottoscrizione) ovvero che non consentono di individuarne l’oggetto.
Nei predetti casi l’Ufficio chiederà il rigetto del ricorso per assoluta inammissibilità.
Al di fuori delle fattispecie sopra individuate, il ricorso può essere comunque ammesso alla trattazione, fermo restando che l’assenza di una motivata proposta di mediazione da parte del contribuente, prevista in via eventuale, non costituisce motivo di rigetto.
Anche nei casi di palese inammissibilità il ricorso può comunque essere trattato come una richiesta di autotutela.
Nell’ipotesi in cui si ritiene possibile esperire la mediazione, l’Ufficio invita il contribuente al contraddittorio, sempre che non reputi possibile e/o opportuno formulare immediatamente una motivata proposta di rideterminazione della pretesa.
Come abbiamo già visto, l’Ufficio, nel valutare tutti gli elementi utili per la mediazione, risultanti dagli atti acquisiti, esaminerà anche l’eventuale proposta di definizione formulata in fase di accertamento con adesione.
I vizi formali e sostanziali dell’atto di accertamento, l’indicazione di documenti non esibiti in fase di accertamento con adesione, la formazione di un orientamento della Corte di Cassazione ovvero della giurisprudenza di merito locale, contrario o favorevole alle posizioni dell’Agenzia, possono risultare determinanti anche per il contribuente, che, in sede di mediazione, potrebbe decidere di aderire alla proposta (non accolta in sede di accertamento con adesione) a seguito della sopravvenuta conoscenza degli elementi sopra richiamati ovvero in considerazione dei motivi dell’eventuale rigetto dell’istanza prospettati dall’Ufficio, che anticipano la linea di difesa dell’Amministrazione nell’eventuale fase contenziosa.
L’esigenza di speditezza del procedimento impone che l’esito del contraddittorio – descritto in apposito verbale – si svolga possibilmente nell’ambito di un solo incontro.
Il verbale di contraddittorio deve essere sottoscritto, da un lato, dal contribuente o dal difensore munito di procura e, dall’altro, dal dirigente o dal funzionario incaricato del contraddittorio.
Qualora il contribuente non si presenti al contraddittorio, il dirigente o funzionario incaricato annota la “mancata presentazione” dello stesso sull’originale dell’invito al contraddittorio.
L’Agenzia delle Entrate - come espresso nella circolare numero 9/E/2012 - pur non escludendola, ritiene possibile la conclusione di una mediazione parziale esclusivamente in casi eccezionali, in presenza di specifiche e motivate ragioni.
Ciò è di maggiore interesse oggi, a seguito dell’innalzamento del valore delle liti mediabili, che può portare ad un aumento delle mediazioni parziali.
In modo speculare a quanto previsto per la conciliazione giudiziale, qualora non vi siano margini per la riduzione della pretesa, l’Ufficio – ancorché non obbligato - è legittimato a concludere un accordo di mediazione che confermi integralmente il tributo contestato con l’atto impugnato, con conseguente beneficio della riduzione delle sanzioni irrogate.
Per converso, non vi è spazio per un accordo confermativo della pretesa tributaria qualora la conseguente riduzione delle sanzioni sia più elevata di quanto consentito per effetto di acquiescenza in una fase amministrativa antecedente a quella della mediazione (su questo punto si confrontino utilmente le circolari dell’Agenzia delle Entrate numero 291 del 1996 e numero 9 del 2012).
- Modifiche alla disciplina del processo tributario
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 291 del 1996
L’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una propria proposta avuto riguardo ai seguenti tre criteri specifici, individuati dal comma 5 del medesimo articolo 17-bis:
- incertezza delle questioni controverse;
- grado di sostenibilità della pretesa;
- principio di economicità dell’azione amministrativa.
Incertezza della questione controversa
In ordine all’incertezza della questione controversa, gli estensori della circolare n. 9/E/2012, pur prendendo atto che, in via di principio, ogni questione giuridica proposta nell’ambito di un processo è “incerta” fino al momento in cui non sia intervenuta una sentenza passata in giudicato che definitivamente “accerti” la questione giuridica controversa, rilevano che in relazione a questioni di diritto, a seguito delle modifiche introdotte dall’art.47, comma 1, lett. a), della L. n.69/2009, è individuabile una “certezza”, rappresentata dalla presenza di un orientamento consolidato della Corte di Cassazione, tale da indurre a ritenere che un eventuale ricorso per cassazione potrebbe effettivamente essere dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte.
Osservano gli estensori della circolare n.9/E/2012:
“Nell’eventualità che la posizione assunta nell’atto impugnato contrasti con siffatto orientamento giurisprudenziale si rende opportuno favorire un accordo di mediazione, sulla base dell’eventuale proposta formulata dal contribuente o, diversamente, elaborata dall’Ufficio.
In assenza di prassi amministrativa e di pronunce della Suprema Corte, la proposta di mediazione sulla questione giuridica può essere motivata sulla base della presenza di un orientamento delle Commissioni tributarie, favorevole alle posizioni espresse dal contribuente, se del caso tenuto conto altresì degli altri due criteri della sostenibilità della pretesa in giudizio e dell’economicità dell’azione amministrativa”
L’Ufficio procede con la mediazione ogniqualvolta, in caso di possibile esito sfavorevole o parzialmente sfavorevole del contenzioso, non siano ravvisabili i presupposti per la prosecuzione in appello della controversia.
Per converso, la pretesa sostenibile va difesa in ogni stato e grado del giudizio, restando esclusa la mediazione in relazione a questioni risolte in via amministrativa con apposito documento di prassi, cui gli Uffici devono necessariamente attenersi anche nella gestione delle relative controversie, a nulla rilevando l’eventuale contrario orientamento della giurisprudenza cui l’Amministrazione non abbia ancora prestato adesione.
Pertanto, nell’eventualità che la posizione assunta nell’atto impugnato contrasti con siffatto orientamento giurisprudenziale si rende opportuno favorire un accordo di mediazione, sulla base dell’eventuale proposta formulata dal contribuente o, diversamente, elaborata dall’Ufficio (anche su questo punto si può utilmente approfondire mediante la circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 9/E del 2012).
In assenza di prassi amministrativa e di pronunce della Suprema Corte, la proposta di mediazione sulla questione giuridica può essere motivata sulla base della presenza di un orientamento delle Commissioni tributarie, favorevole alle posizioni espresse dal contribuente, se del caso tenuto conto altresì degli altri due criteri della sostenibilità della pretesa in giudizio e dell’economicità dell’azione amministrativa.
Il grado di sostenibilità della pretesa
In ordine al grado di sostenibilità della pretesa è necessario che l’Ufficio esamini le questioni di fatto basandosi sostanzialmente sul grado di sostenibilità della prova in giudizio della pretesa tributaria e sulla fondatezza degli elementi addotti dall’istante.
La scarsa sostenibilità della pretesa è sufficiente a motivare la mediazione su questioni di fatto.
Le valutazioni di opportunità, evidenziate sotto il profilo delle questioni di diritto risolte dalla Cassazione, vengono estese alla giurisprudenza di merito relativamente alle questioni di fatto sollevate nell’istanza di mediazione.
In sintesi, osserva la circolare numero 9/E/2012
“la proponibilità dell’accordo di mediazione è direttamente correlata, soprattutto per le questioni di fatto, al prevedibile esito sfavorevole del giudizio di merito”
La giurisprudenza da prendere in considerazione è essenzialmente quella della Commissione tributaria provinciale e della Commissione tributaria regionale nelle cui circoscrizioni ha sede la Direzione Provinciale, a condizione che sia condivisa o, viceversa, che possa essere utilmente contrastata con ricorso per cassazione.
Principio di economicità dell’azione amministrativa
In ordine al principio di economicità dell’azione amministrativa la circolare n. 9/E/2012 richiama l’articolo 1, comma 1, della Legge numero 241/1990, secondo cui
“l’attività amministrativa…è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”
Il principio di economicità va inteso non solo come necessità di ottimizzazione economica delle risorse, ma altresì come ottimizzazione dei procedimenti poiché
“si tratta di un criterio che sostanzialmente accompagna i precedenti, in quanto individua, in special modo a fronte di una scarsa sostenibilità della controversia, l’opportunità di procedere alla mediazione della pretesa tributaria”
In tale valutazione entra in gioco anche la valutazione del rischio di soccombenza nelle spese di lite.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Mediazione tributaria: il punto centrale della valutazione