Il Censimento permanente ISTAT delle istituzioni pubbliche mostra un aumento dei dipendenti pubblici a tempo determinato e dei non dipendenti, diminuiscono gli indeterminati. Le donne sono poco rappresentate al vertice delle istituzioni nonostante costituiscano la maggioranza degli occupati.
Più dipendenti pubblici ma più precari, donne penalizzate nell’ascesa ai posti di vertice nella pubblica amministrazione.
L’Istat ha scattato una fotografia non proprio positiva della pubblica amministrazione con il suo ultimo Censimento permanente delle istituzioni pubbliche.
Il report statistico relativo alla situazione esistente a fine 2017 è stato presentato il 17 dicembre alla presenza del ministro per la Pubblica amministrazione Fabiana Dadone:
12.848 le istituzioni pubbliche censite con 3.516.461 dipendenti, di cui 3.321.605 lavoratori dipendenti (94,5%) e circa 195.000 con altre forme contrattuali (co.co.co, a progetto ecc.).
Oltre il 54,6% del totale dei dipendenti pubblici è impiegato nelle amministrazioni centrali, ovvero ministeri, scuole statali, forze armate e sicurezza.
Tra 2015 e 2017 dipendenti pubblici in crescita, ma più precari
Tra il 2011 e il 2017 le unità locali della Pa, ovvero i luoghi fisici di lavoro sono diminuiti del 3,2%, ovvero circa 3.500 in meno, a causa delle politiche di contenimento della spesa pubblica. Politiche che hanno anche indotto una modificazione nella composizione degli occupati.
Infatti tra il 2011 e il 2017 si registra una lieve diminuzione del numero degli addetti dello 0,1%, ma soprattutto si nota un robusto incremento dei contratti a tempo determinato pari al 7,3% e il conseguente calo degli indeterminati dello 0.8%.
In realtà, l’Istat coglie dei segnali di ripresa nelle assunzioni nel periodo 2015-2017 (+1,1%), ma è un incremento soprattutto di dipendenti a tempo determinato (+2,2 contro uno 0,9 di indeterminati). Rispetto al 2011 sono poi in forte aumento i non dipendenti con una crescita del 50,6% che li porta a quota 65.000.
Le donne sono doppiamente penalizzate nella pubblica amministrazione
La componente femminile è maggioritaria tra gli occupati nella pubblica amministrazione con una quota pari al 56,9%. E questo rende ancor più stridente la condizione di penalizzazione che vivono, nonostante il loro numero sia cresciuto dell’1,9% rispetto al 2011 soprattutto tra i contratti a tempo indeterminato (+2,6%).
Se si analizza, infatti, la percentuale dei tempi determinati tra le lavoratrici pubbliche si nota che è più alta di quella maschile: 9.4% contro 7,2.
Il settore che vede la percentuale più alta di del genere femminile è quello del Servizio Sanitario Nazionale con il 65,9%, mentre le percentuali più basse riguardano le regioni (48,3%) e le Università (49,6%).
Ma le donne sono poco rappresentate anche al vertice delle istituzioni. Tra il 2015 e il 2017 il dato è sempre al 14,4%, nonostante esse siano la maggioranza del personale in servizio. Se possibile si potrebbe dire che la situazione è peggiorata, dato che le donne sono aumentate di quasi un punto percentuale nel numero degli occupati dal 2015.
Il dato inquietante dei commissariamenti al Sud
Molto inquietante è infine il panorama che l’Istat traccia in materia di commissariamenti dei comuni. Un dato che vede un aumento degli enti locali coinvolti del 23,2% tra 2015 e 2017 che coinvolge soprattutto il Mezzogiorno: l’incidenza dei comuni del sud e delle Isole era quattro anni fa era rispettivamente del 46,4% e del 13,6%, mentre nel 2017 è salita al 53,2% e al 16,9%.
Al 31 dicembre 2017 in Italia erano 154 i comuni commissariati.
Tra le regioni pù interessate vi erano la Calabria con il 17,5% dei provvedimenti registrati, seguita da Campania con 16,2%, dalla Sicilia (11,7) e Puglia (10,4).
Difficile ovviamente non mettere in relazione questi dati con la presenza della criminalità organizzata.
La digitalizzazione nella PA all’87,9%
Buone invece le prestazioni della pubblica amministrazione nel settore della digitalizzazione che vede l’87,9% delle istituzioni aver utilizzato nel 2017 il web per la gestione dei dati e l’erogazione dei propri servizi, con un significativo impiego della tecnologia cloud (30,5%) e dei social media (41,9%) anche se poco diffuse sono le applicazioni mobili e la cosiddetta Internet of Things (4,6%).
Insomma un ritratto in chiaro-scuro quello tratteggiato dall’Istat in cui però prevale davvero il secondo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dipendenti pubblici precari, donne penalizzate nella PA: i dati ISTAT