Compenso avvocati: la Cassazione, con l'ordinanza numero 2631 del 4 febbraio 2021, ammette il mancato rispetto delle tariffe professionali quando sono frutto di libero accordo con il cliente. Per legge, la pattuizione dalle parti risulta prevalere sui parametri forensi che, invece, hanno un carattere meramente residuale.
Compenso avvocati: legittimo il superamento delle tariffe professionali quando sono frutto di un libero accordo con il cliente.
Questo è ciò che ha sancito la Suprema Corte di Cassazione, II Sezione Civile, con l’ordinanza numero 2631 pubblicata il 4 febbraio 2021.
A fondamento di questa decisione vi è la corretta applicazione dell’articolo 2233 del Codice Civile che prevede una gerarchia di carattere preferenziale in ordine alla fissazione dei compensi del professionista indicando, in primo luogo, l’accordo delle parti e, in via soltanto subordinata e residuale, i parametri forensi.
Compenso avvocati: il libero accordo legittima superamento delle tariffe professionali
La pronuncia numero 2631 del 4 febbraio 2021, come sempre, prende le mosse da un caso concreto: il cliente di un avvocato richiedeva la restituzione di parte di quanto versato in favore del proprio difensore per la sua prestazione professionale, una parcella di 380.000 euro.
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Avvocato e patrocinato, infatti, avevano inizialmente concordato che il 10% di quanto ottenuto in forza della sentenza, per cui la parte era risultata vincitrice, sarebbe andato all’avvocato, oltre alle spese e agli onorari.
Successivamente, era intervenuta una seconda pattuizione ove le parti avevano convenuto un nuovo importo, per la somma complessiva di 150 mila euro.
Compenso che, poi, era stato ritenuto sproporzionato dal cliente - ricorrente che, sebbene avesse siglato la scrittura privata in cui ne accettava l’ammontare, rilevava il mancato rispetto delle tariffe professionali e considerava eccessiva la misura del 33% del ricavato, vista anche la modesta attività svolta in giudizio dal difensore.
La Cassazione ha ritenuto infondata la doglianza ed ha rigettato il ricorso.
Compenso avvocato: il ruolo preminente dell’accordo tra le parti
La Corte di Cassazione, infatti, ha confermato l’interpretazione fornita sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello in ordine all’applicazione dell’articolo 2233 del Codice Civile in tema di compensi dei prestatori di opere intellettuali.
La norma, riguardo alle modalità in cui si stabilisce la tariffa, prevede una gerarchia di carattere preferenziale.
In primo luogo, vi è l’accordo delle parti, in subordine le tariffe professionali (quelle tabellari fissate dal Decreto n. 55 del 10 marzo 2014 aggiornato al 2018) o gli usi e, solo in ultima istanza, quando non sia possibile determinare il compenso secondo questi parametri, la decisione del giudice.
Ecco, quindi, che la Suprema Corte si è espressa in questo senso:
“L’art. 2233 cod. civ. pone una gerarchia di carattere preferenziale, indicando in primo luogo l’accordo delle parti ed in via soltanto subordinata le tariffe professionali, ovvero gli usi: le pattuizioni tra le parti risultano dunque preminenti su ogni altro criterio di liquidazione ed il compenso va determinato in base alla tariffa ed adeguato all’importanza dell’opera soltanto in mancanza di convenzione”.
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