Commercialisti, è l'aggregazione a sconfiggere la crisi: i dati nel documento elaborato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e dalla Fondazione Nazionale Commercialisti e diffuso il 5 agosto 2019. Gli studi associati sono poco più di 5 mila, eppure il reddito medio degli associati è di 125 mila euro contro i 49 mila degli individuali.
Commercialisti, è l’aggregazione a sconfiggere la crisi: la pubblicazione Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali realizzata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e dalla Fondazione Nazionale Commercialisti indica la strada per i quasi 119 mila professionisti iscritti all’albo.
Il volume di affari ed il fatturato degli associati superano di gran lunga gli individuali, eppure solo un commercialista su cinque esercita da associato. Aggregare professionisti e competenze grazie alla digitalizzazione è il monito per il futuro.
Commercialisti, gli associati fatturano molto di più
L’aggregazione e la collaborazione rendono molto più che assecondare le istintive spinte centrifughe verso l’autonomia e l’individualità del lavoro. Questo l’invito che il Consiglio e la Fondazione nazionale dei commercialisti formulano nel documento “Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali” pubblicato il 5 agosto 2019, che traccia una fotografia dell’andamento della professione.
La ricerca, che porta a supporto i dati forniti dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Commercialisti, dice che solo un commercialista su cinque esercita in forma associata o societaria: il suo reddito medio è pari a 125 mila euro, con un volume di affari di 245 mila euro, contro i 49 mila euro ed un volume di affari 80 mila euro di chi esercita esclusivamente in forma individuale.
Come si legge nel comunicato stampa che la Fondazione Nazionale Commercialisti ha diffuso il 5 agosto insieme al documento:
“L’evoluzione economica e sociale degli ultimi anni, la sempre più forte spinta alle specializzazioni e la crescente complessità dei sistemi socio-economici pubblici e privati, rendono sempre più inadeguato il modello “atomistico”, che ancora prevale in larga parte”.
Il 61,3% dei commercialisti lavora in uno studio individuale, il 71,1% in uno studio che non supera i cinque addetti. Tra gli studi individuali, quelli con più di cinque addetti sono l’8,6%; tra quelli associati sono il 62% e tra quelli condivisi sono, invece, il 22,5%. Gli studi associati sono poco più di 5 mila, ma tra questi bisogna distinguere la quota consistente di professionisti che esercita negli studi condivisi, ossia i commercialisti che si organizzano insieme per suddividere le spese, scegliendo però di rimanere individuali nella forma giuridica.
Tra le cause della crisi, il documento individua la spinta alla concorrenza e la crescente complessità normativa che coinvolgono il mondo delle Pmi italiane, con un aumento dei costi e delle responsabilità professionali che grava soprattutto sugli studi individuali.
C’è poi il costante e veloce aggiornamento che interessa le competenze dei professionisti e quindi la necessità di ricorrere sempre di più alla formazione continua o a nuova formazione specialistica, con costi di esercizio della professione, ma anche sulla qualità del lavoro che, in condizioni estremamente parcellizzate, è spesso fonte di crisi.
Nell’immediato anche i processi di digitalizzazione della professione rappresentano un costo, anche se il Consigliere nazionale delegato all’innovazione e organizzazione degli studi professionali, Maurizio Grosso, rimane convinto delle straordinarie opportunità di rinnovamento offerte dal digitale nel prossimo futuro.
Commercialisti, è l’aggregazione a sconfiggere la crisi
La ricetta che la ricerca suggerisce per sconfiggere la crisi, che ha interessato anche il numero di praticanti e abilitati, è dunque superare la polarizzazione in favore dell’aggregazione di professionisti e competenze, per ovviare alle sempre crescenti e più specifiche esigenze dei clienti ed alle continue modificazioni delle competenze professionali.
La dimostrazione dei vantaggi dell’aggregazione è data dalla diversificazione del fatturato, rispetto al reddito caratteristico: parallelamente al crescere dell’aggregazione professionale, si riduce la percentuale di studi che dichiara un fatturato proveniente da attività di base superiore all’80% ed aumenta, invece, significativamente la percentuale di studi che dichiara un fatturato prevalente da attività diverse.
Gli studi che dichiarano un fatturato superiore all’80% da attività di base sono il 40% tra quelli individuali, il 33% tra quelli condivisi e il 23,4% tra quelli associati.
Esiste, dunque, una relazione forte tra livello di aggregazione professionale, dimensione dello studio e livello di organizzazione ovvero di performance dello stesso.
Nel processo di aggregazione, il supporto della digitalizzazione diviene strategico per favorire il dialogo tra i professionisti, avvalendosi di strumenti quali software, piattaforme cloud, piattaforme web che permettono di migliorare l’interazione con i principali stakeholder: clienti, fornitori, colleghi, Pubblica Amministrazione.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Commercialisti, è l’aggregazione a sconfiggere la crisi