Burocrazia italiana sempre più lenta ed inefficiente. Dai dati elaborati dalla Cgia di Mestre emerge un divario nel tempo necessario alle imprese per aprire un'attività, pagare le tasse e ottenere giustizia rispetto alla media dei paesi dell'Area Euro.
La burocrazia italiana è sempre più lenta.
L’affermazione sembra ormai un luogo comune, ma puntualmente arrivano a sostenerla i dati elaborati dalla Cgia di Mestre. L’ultimo studio statistico in merito dell’organizzazione di categoria veneta centra l’attenzione su diversi comparti della pubblica amministrazione nei loro rapporti con i cittadini e le imprese, immancabilmente definiti come negativi.
Così dall’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia su dati della Banca Mondiale (Doing Business 2019) appare che in Italia ci vogliono oltre 7 mesi (228 giorni) per ottenere tutti i documenti necessari a costruire il classico “capannone” per uso produttivo, mentre nell’area Euro la media è di poco più di 6 mesi (186 giorni): uno svantaggio di 42 giorni.
La lentezza della burocrazia italiana pesa sulle imprese
Ma i maggiori aggravi burocratici per le imprese che operano in Italia si estendono anche ad altri settori come si evidenzia, in questo caso, dalla elaborazione Cgia di dati Istat relativi a due anni fa.
- Il pagamento delle tasse richiedeva nel 2017 a una Srl al secondo anno di vita e con 60 dipendenti, una media di 238 ore, includendo il tempo per preparare, presentare e pagare i tre tipi principali di imposte (su reddito, su lavoro e contributi obbligatori, sui consumi). Anche in questo caso il raffronto con l’area Euro è impietoso per il nostro paese perché altrove sono necessarie 147 ore.
- La risoluzione di una controversia commerciale presso il Tribunale di Roma richiede più di tre anni in media (1120 giorni) contro la media europea che utilizza quasi la metà del tempo, ovvero 661 giorni dal momento in cui si intenta la causa fino al pagamento della somma da versare o da ricevere.
Burocrazia, inefficienza che pesa anche sui cittadini, soprattutto al Sud
Anche per i cittadini le cose non vanno affatto bene se nel 2017 un’ipotetica fila dinanzi a uno sportello di una Asl è aumentata mediamente di ben 19 persone rispetto alla stessa coda di vent’anni prima, mentre quella dinanzi all’ufficio dell’anagrafe di un qualsiasi comune si è ingrossata di altri 13 “malcapitati”.
In questo caso l’elaborazione della Cgia è stata condotta su dati Istat rilevati su cittadini intervistati che si sono recati presso sportelli pubblici e hanno atteso per più di venti minuti.
In particolare, mentre nel 1997 era il 33,8 per cento degli intervistati ad aver atteso più di venti minuti a uno sportello di una Asl, nel 2007 il dato cresceva al 43,7 e nel 2017 diventava del 52,7 con una crescita del 55,9 per cento. Lo stesso andamento è rilevabile nel caso degli uffici dell’anagrafe dove venti anni fa attendeva il 10,5 per cento, nel 2007 il 15,1 e nel 2017 il 23,8 (aumento del 126,7 per cento).
Ovviamente, la situazione è anche peggiore al sud dove spiccano in negativo le attese alle Asl di Calabria, Basilicata e Puglia (variazioni in negativo del 52,1, del 57 e del 62 per cento sul 1997).
Per gli uffici anagrafe la maglia nera spetta invece a quelli dei comuni del Lazio, della Sicilia e ancora della Puglia (variazioni in negativo del 117, del 106 e del 160 per cento). La regione più efficiente è invece il Trentino Alto Adige che ha una variazione in negativo di “solo” il 17,9 per cento.
Le cause dell’inefficienza della burocrazia italiana
La cosa che certamente colpisce di più l’Ufficio studi della Cgia (e confessiamo anche noi) è il peggioramento marcato delle prestazioni della pubbliche amministrazioni rispetto a venti anni fa, nonostante l’avvento delle nuove tecnologie e la possibilità per i cittadini di inoltrare domande e richieste da remoto.
“Nonostante il processo di informatizzazione abbia interessato tutta la nostra PA – ha dichiarato in una nota il segretario della Cgia Renato Mason - la fila agli sportelli non è cresciuta per colpa di chi ci lavora. La responsabilità va ricercata negli effetti che caratterizzano moltissime leggi, decreti e circolari che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato a dismisura la burocrazia,complicando non solo la vita dei cittadini e delle imprese, ma anche quella degli impiegati pubblici”.
E su questo non ci piove! Ma forse oltre che appellarsi alle complicazioni burocratiche bisognerà anche dare un’occhiata alle condizioni attuali della pubblica amministrazione.
Se si prendono in considerazione i dati del Conto Annuale redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato si viene a sapere che da dieci anni a questa parte i dipendenti pubblici sono diminuiti di 165mila unità e (cosa finora mai accaduta) hanno un’età media superiore ai 50 anni (quasi 53 nelle funzioni locali: quelle che si occupano degli uffici anagrafe per intenderci).
Quindi abbiamo meno lavoratori e più anziani, presumibilmente a disagio con le nuove tecnologie. Il confronto con il resto dell’Europa è quindi facilmente spiegabile in termini di risorse e investimenti freschi per uno strumento prezioso come il comparto pubblico. Insomma, qualcosa di più concreto su cui riflettere che le lamentazioni sulla inefficienza della burocrazia nostrana.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cgia, in Italia una burocrazia più lenta e inefficiente di vent’anni fa