Accertamento delle imposte sui redditi, l'atto notificato all'indirizzo indicato in dichiarazione è valido anche se diverso dalla residenza anagrafica. A chiarirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 20017 del 14 luglio 2021.
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, se il contribuente indica nella dichiarazione dei redditi un indirizzo diverso dalla residenza anagrafica, deve ritenersi corretta la notificazione dell’avviso di accertamento effettuata presso il recapito palesato dal contribuente all’amministrazione in sede di dichiarazione, anche se diverso da quello risultante dai pubblici registri anagrafici.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 20017 del 14 luglio 2021.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 20017 del 14 luglio 2021
- Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 20017 del 14 luglio 2021.
La sentenza – Il caso attiene alla presunta illegittimità della notifica di un avviso di accertamento nei confronti di una contribuente, da cui era scaturita una cartella di pagamento. Nel ricorso proposto avverso l’atto de qua la contribuente ha denunciato l’irritualità della notifica dell’avviso di accertamento, effettuata presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi Mod. 730.
Il ricorso è stato respinto sia in primo che in secondo grado. In particolare i giudici della CTR hanno dichiarato che nel caso di specie è applicabile l’art. 58, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché per gli uffici finanziari la dichiarazione contenuta nel Mod. 730 era vincolante ai fini dell’individuazione del domicilio fiscale del contribuente cui fare riferimento per la notifica degli atti impositivi.
La contribuente ha così proposto ricorso avverso la decisione d’appello, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del D.P.R. 600/73.
Nella sentenza in commento i giudici della sezione tributaria di legittimità hanno respinto le doglianze della contribuente, sulla premessa che la disciplina della notifica degli atti tributari è particolarmente rilevante perché ha la funzione di portare a conoscenza del destinatario il contenuto di un determinato atto contenente la pretesa erariale.
La procedura di notifica va necessariamente coordinata con i principi generali dettati nella legge n. 212 del 2000, a tenore del quale l’amministrazione finanziaria deve, in linea generale, assicurare l’effettiva conoscenza, da parte del contribuente, degli atti a lui destinati, e ciò nel rispetto dei canoni di collaborazione, cooperazione e buona fede a cui devono essere improntati i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente.
Lo Statuto dei diritti del contribuente intende in questo modo affermare il principio generale per cui, per tutti gli atti dell’amministrazione destinati al contribuente, deve essere garantito un grado di conoscibilità il più elevato possibile.
Ciò premesso l’art. 60, primo comma, lett. c) , del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, “salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario” e l’art. 58, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 600 del 1973, a sua volta, dopo avere stabilito che agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato, prevede, al secondo comma, che le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato “hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte”, mentre quelle non residenti “hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato”.
Nell’ipotesi in cui ci sia difformità tra residenza anagrafica e la residenza indicata nella dichiarazione dei redditi, la Corte di Cassazione ha chiarito la validità della notifica effettuata presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, e ciò anche quando il perfezionamento della notifica sia avvenuto tramite il meccanismo della compiuta giacenza dell’atto, nonostante tale indicazione sia difforme rispetto alle risultanze anagrafiche.
Pertanto, in linea con i principi a cui si ispira la legge n. 212 del 2000, che, all’art. 10, sancisce che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria “sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”, deve ritenersi corretta una notificazione effettuata presso un recapito coincidente con quello palesato dal contribuente all’amministrazione finanziria, anche se diverso da quello risultante dai pubblici registri anagrafici.
In senso conforme si cita la sent. n. 20939/2019 in cui il Collegio ha affermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la notificazione dell’avviso effettuata presso la residenza anagrafica invece che presso il diverso indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, situato sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, non è valida, atteso che tale indicazione equivale ad elezione di domicilio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 e 60 del D.P.R. n. 600 del 1973”. (in tal senso cfr. Cass. nn. 23024 e 15258 del 2015, e n. 14280/2018).
Nel caso di specie, la contribuente aveva indicato nella dichiarazione dei redditi Mod. 730 presentata per l’anno in contestazione un domicilio fiscale, presso il quale l’Agenzia delle entrate ha effettuato la notifica dell’avviso di accertamento.
Pertanto il domicilio indicato in dichiarazione costituiva l’unico recapito conosciuto dall’Amministrazione per procedere alla notifica dell’atto impositivo, cosicché tale indicazione, in difetto di diversa comunicazione, da parte della contribuente, effettuata con le modalità prescritte dal richiamato art. 60, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, non può che equivalere ad elezione di domicilio all’indirizzo indicato in dichiarazione.
Per tale ragione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente confermando la legittimità della notifica dell’atto impositivo.
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