L'incongruenza delle norme di riferimento crea un vantaggio che il Legislatore non ha considerato, a parere di chi scrive, a favore dei soggetti titolari di reddito assoggettato al regime forfettario
La corretta individuazione del reddito complessivo di un contribuente e del proprio nucleo familiare ha una sua importanza anche per temi non strettamente attinenti al fisco o alle analisi economico sociali.
La determinazione del reddito permette l’accesso a diverse forme di agevolazioni, si pensi alle esenzioni dal pagamento dei ticket sanitari o, tornando a riferimenti meramente tributari, al diritto alle agevolazioni per i familiari a carico.
In linea generale le norme istitutive delle varie agevolazioni fanno riferimento a soglie relative al “Reddito Complessivo”.
Agevolazioni fiscali: come individuare il reddito complessivo
L’importo del valore da considerare ai fini della verifica per l’accesso alle agevolazioni è indicato al rigo 137 del modello 730-3 ed al rigo RN1 colonna 1 del modello Redditi.
Le norme, tuttavia, possono individuare ulteriori elementi reddituali che non concorrono alla formazione della base imponibile e che devono essere ulteriormente considerati sia in aumento che in diminuzione.
Per quanto attiene la fruizione dell’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari l’articolo 8 della Legge 24 dicembre 1993, n. 537 stabilisce al comma 16:
“16. A decorrere dal 1 gennaio 1995 sono esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria di cui ai commi 14 e 15 i cittadini di età inferiore a sei anni e di età superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo riferito all’anno precedente non superiore a lire 70 milioni.”
Le detrazioni per i familiari a carico invece, come indicato all’articolo 12 del Tuir:
“…spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili ….”
Fin qui nessun problema, atteso che sono le singole norme agevolative a stabilire caso per caso le modalità di determinazione del riferimento reddituale, come sopra riportato.
Ma veniamo ora alla norma sul punto che interessa il regime forfettario.
L’articolo 1 comma 75 della Legge 190/2014, nella versione modificata dalla Legge di Bilancio 2020, la numero 160/2019, prevede quanto di seguito riportato:
“75. Quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato al regime forfetario.”
Come si individua il reddito assoggettato al regime forfettario?
Diciamo subito che non si tratta del reddito emergente dall’applicazione del coefficiente di redditività, indicato al rigo LM34, come rinvenibile dalla lettura delle istruzioni relative al rigo RN1 del modello redditi.
Queste individuano puntualmente la formula per calcolare l’importo della colonna 1 (Reddito di riferimento per agevolazioni fiscali):
“indicare l’importo risultante dalla seguente operazione: RN1, col. 5 + RB10, col. 14 + RB10, col. 15 + RC16, col. 9 + RL10, col. 6 + LM14, col. 2 + LM38”
LM 38 è il rigo del quadro del modello relativo, appunto, al regime forfettario in cui viene riportato il reddito da assoggettare all’imposta sostitutiva, anche al netto dei contributi previdenziali versati nell’anno.
L’incongruenza che emerge dal trattamento della contribuzione previdenziale
Nel caso dei contribuenti che applicano il regime forfettario tale voce può essere portata in diminuzione.
Nel caso dei contribuenti assoggettati all’IRPEF invece no, atteso che questo importo è portato in diminuzione del reddito imponibile ma nei righi successivi al rigo RN1.
Vediamo quindi un esempio che evidenzia inequivocabilmente la differenza di trattamento.
Prendiamo il caso di un professionista con reddito lordo pari a 50.000 euro ed una contribuzione obbligatoria versata nell’anno alla propria cassa di previdenza, pari a 10.000 euro.
A seconda del regime di tassazione applicata sarà diverso il trattamento:
- in regime forfettario il suo reddito di riferimento sarà pari a 40.000 euro;
- in regime IRPEF avrà invece un reddito di riferimento pari a 50.000 euro.
Una differenza che può rivelarsi determinante per la determinazione della salute finanziaria dei conti delle famiglie meno abbienti.
Non è possibile sapere se questa sia l’effettiva volontà del Legislatore.
Tuttavia, è obiettivamente curioso che l’unico elemento di contatto tra tassazione ordinaria e forfettaria, quale appunto la possibilità in entrambi i regimi di portare in diminuzione del reddito imponibile l’onere sostenuto per la previdenza obbligatoria, comporti una diversa valenza di questa componente ai fini dell’accesso alle agevolazioni, fiscali e non fiscali.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Agevolazioni fiscali in base al reddito: l’accesso non è uguale per tutti