Il reddito di cittadinanza ha permesso a oltre un milione di persone ogni anno di uscire dalla povertà. I requisiti di reddito e patrimonio però hanno limitato la copertura a meno di un terzo dei poveri assoluti. I dati nella relazione pubblicata dal Ministero del Lavoro
Pubblicata la relazione con il bilancio sulla misura del reddito di cittadinanza, operativo dal 2019 a fine 2023.
Se da un lato il sussidio ha permesso a circa un milione di persone all’anno di uscire o di non ricadere nella povertà assoluta, dall’altro sono diverse le criticità emerse, dalla mancata copertura di famiglie bisognose al flop delle politiche attive per il lavoro.
Per le nuove misure di inclusione, ADI e SFL, il Comitato scientifico incaricato per la valutazione degli esiti del reddito di cittadinanza raccomanda di aggiornare le soglie ISEE per la partecipazione, in particolare la soglia del reddito annuale di 6.000 euro, tenendo conto dell’inflazione.
Con il reddito di cittadinanza oltre un milione di persone fuori dalla povertà assoluta
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato la “Relazione per la valutazione del Reddito di cittadinanza” effettuata dal Comitato Scientifico incaricato per la valutazione degli esiti del RdC e della Pensione di Cittadinanza (PdC), dalla sua introduzione nel 2019 all’abolizione nel dicembre 2023, quando ha lasciato il posto alle nuove misure per l’inclusione sociale: l’assegno di inclusione (ADI) e il supporto per la formazione e il lavoro (SFL).
In media, per ogni anno di operatività, il sussidio ha permesso a circa un milione di persone di uscire dalla povertà assoluta. Nel triennio 2020-2022, infatti, sono circa 450.000 le famiglie che hanno potuto mantenersi fuori da questa soglia.
Una spesa complessiva di 34 miliardi di euro ha permesso a 2,4 milioni di famiglie di ottenere almeno una mensilità del sostegno, per un totale di 5,3 milioni di persone beneficiarie. Solo un terzo dei beneficiari ha percepito il sussidio per tutti e 56 mesi, in media la fruizione ha avuto una durata di 26 mesi.
Reddito di cittadinanza: i requisiti hanno lasciato fuori molte famiglie povere
Ma la relazione mette in luce anche gli aspetti meno efficaci del reddito di cittadinanza. Uno di questi è legato ai requisiti di reddito e patrimonio che consentono l’accesso alla misura, i quali hanno permesso di coprire solamente un terzo (32,3 per cento) delle famiglie in condizione di povertà assoluta, con il picco (38 per cento) che si è registrato nel 2021, in piena crisi pandemica.
Si tratta di numero, sottolinea il Ministero, che evidenziano la mancata partecipazione di un rilevante numero di famiglie povere. Questo, però, perché non sono rientrate nei requisiti di accesso.
Non c’è molta corrispondenza, infatti, tra le famiglie che hanno diritto al RdC e quelle che si trovano in uno stato di povertà assoluta. L’indicatore di benessere per ottenere il reddito, infatti, è dato dal valore di redditi e patrimonio (misurati con l’ISEE), mentre l’ISTAT per stimare la povertà assoluta prende a riferimento le spese delle famiglie.
In molti casi, si legge nella relazione, i nuclei non rientrano tra i potenziali beneficiari, anche se hanno un valore ISEE inferiore a 9.360 euro, per l’assenza di altri requisiti di residenza o legati al valore del patrimonio immobiliare e mobiliare, come ad esempio chi ha una casa di proprietà.
“Per i nuclei che soddisfano il criterio di ammissibilità ISEE, il principale motivo di non ammissibilità è lo sforamento della soglia reddituale che riguarda 1,5 milioni di nuclei (37 per cento del totale dei nuclei con ISEE inferiore a 9.360), seguito dal patrimonio mobiliare per oltre mezzo milione di nuclei (14 per cento del totale dei nuclei con ISEE sotto i 9.360).”
A questo si aggiunge il fatto che, come mostrato dalle stime ISTAT, la povertà con il passare del tempo coinvolge anche sempre più famiglie con occupati.
Nel 2022, poco più di una famiglia con persona di riferimento in cerca di lavoro su cinque è in povertà assoluta (20,2 per cento) mentre la quota di famiglie povere tra le famiglie con persona di riferimento occupata ha raggiunto il 7,5 per cento nel 2022, in crescita dal 6,8 per cento del 2021. Nel complesso, gli occupati rappresentano il 30,5 per cento degli individui in povertà assoluta.
A non funzionare poi sono stare le politiche attive, limitate dalla debolezza dei servizi dedicati e per l’interruzione delle attività nel corso della pandemia. A partire dalla seconda metà del 2021 sono aumentate le prese in carico delle persone e dei nuclei familiari, ma nel complesso non si registrano effettivi riscontri sull’entità delle misure adottate e sulla loro efficacia.
La situazione dovrebbe cambiare con l’introduzione delle nuove misure, ma ancora non è stato fornito nessun dato a riguardo.
Assegno di inclusione: valutare un aggiornamento dell’ISEE in base dall’inflazione
Una questione, quella dei requisiti, che rischia di essere riscontrata anche per le nuove misure. Per l’accesso all’assegno di inclusione, infatti, non è cambiato il limite ISEE di 9.360 euro e sono sempre presenti requisiti patrimoniali e legati alla residenza. Senza contare che il beneficio è ristretto ai soli nuclei minori, disabili, over 60 e persone in condizione di svantaggio.
Non ci sono ancora numeri sulla misura che possano fornire un confronto, ma il Comitato autore della relazione, nella sezione dedicata alle raccomandazioni, suggerisce al Governo di valutare l’opportunità di aggiornare le soglie ISEE per la partecipazione alle nuove misure.
In particolare andrebbe aggiornata la soglia del reddito annuale di 6.000 euro, aumentato dalla scala di equivalenza sulla base dei carichi familiari, tenendo conto dell’impatto dell’inflazione negli ultimi anni.
Inoltre, continua il Comitato, il sussidio dovrebbe essere considerato come un livello minimo della prestazione da integrare con misure personalizzate e con programmi di potenziamento dei servizi che tengano conto delle caratteristiche dei nuclei familiari e del territorio di appartenenza, predisponendo dei pacchetti nazionali di misure facilmente accessibili e da erogare sulla base dei fabbisogni che possono emergere dalla valutazione multidimensionale dei nuclei familiari (sanitaria, assistenziale, abitativa, lavorativa).
Andrebbero poi potenziate le politiche attive del lavoro, visto anche il coinvolgimento dei beneficiari del SFL, e aumentato il limite di cumulabilità tra l’indennità di sostegno al reddito e i salari percepiti dalle prestazioni lavorative, così da incentivare il tasso di impiego dei lavoratori sottoccupati e contrastare il lavoro sommerso.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Con il reddito di cittadinanza oltre un milione di persone fuori dalla povertà assoluta