Qual è il procedimento di Conciliazione giudiziale? Il processo passa dalla definizione del contraddittorio, determinato a seconda dello stato del contenzioso, alla conclusione dell'accordo che si perfeziona in modi diversi
Gli istituti deflativi introdotti nel corso di questi anni – a partire dall’accertamento con adesione e per finire, da ultimo alla mediazione –, trovano tutti la loro ragione d’essere nella ricerca della concordata rivisitazione della pretesa, contemperando da una parte le legittime pretese erariali e dall’altra parte gli elementi offerti dal contribuente, così che:
“il dibattito sull’esclusiva natura premiale dell’istituto e la disponibilità o meno dell’obbligazione erariale viene decisamente a sfumarsi: la definizione della maggiore pretesa imponibile emerge esclusivamente quale risultato di un più raffinato procedimento logico-presuntivo mirante ad una maggiore attendibilità della ricostruzione dei redditi del contribuente (MANCA, Controlli sostanziali – Contabilità regolare e accertamento analitico-induttivo, in “il fisco”, n.9/2001, pag.3520).”
Il ponderato utilizzo della discrezionalità non può mai comunque prevedere il riconoscimento a priori e in via generalizzata, di una percentuale di abbattimento quale incentivo alla conciliazione. In sede di contraddittorio, pertanto:
“… se la valutazione di fatti e circostanze avanzati dal contribuente si pone quale momento di legalità e trasparenza dell’attività dell’amministrazione, ciò non va certamente confuso con la possibilità di mercanteggiare con il contribuente un ammontare d’imposta ritenuto conveniente per entrambi. La discrezionalità amministrativa non dovrebbe infatti degenerare fino all’arbitrio (MANCA, Parametri. Presunzioni, prova contraria e contraddittorio, in «il fisco», n.20/2001).”
Resta fermo che gli Uffici operativi devono concretizzare, nell’espletamento dell’attività di controllo, i principi di efficienza ed economicità ai quali va sempre improntata l’azione amministrativa, con un attento esame del lavoro già svolto, al fine di evitare la prosecuzione di ulteriore attività amministrativa e contenziosa che potrebbe rivelarsi non solo dispendiosa ma che potrebbe dar luogo al pagamento delle spese di giudizio, al termine dell’eventuale procedimento contenzioso che veda l’Ufficio soccombente, fermo restando che il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione fiscale non può portare a riconoscere immotivate riduzioni del debito tributario.
Infatti, non ci troviamo davanti ad istituti transattivi bensì ad atti unilaterali di imposizione, caratterizzati dalla adesione del contribuente alla quantificazione dell’imponibile operata dall’Ufficio impositore.
Il procedimento di Conciliazione giudiziale: il contraddittorio
La determinazione della giusta imposta non può che passare attraverso un giusto contraddittorio fra le parti, non di facciata ma concreto e reale.
Il termine contraddittorio, che deriva dal latino contradicere, indica una discussione pubblica fra due persone che sostengono opinioni contrarie. Così visto, il contraddittorio si qualifica come istituto più processuale che amministrativo, che consente alle parti di esporre ed offrire le proprie diverse argomentazioni al vaglio dell’autorità giudicante.
Oggi, tuttavia, anche nel campo amministrativo si è aperta la strada al contraddittorio, non solo nell’ambito degli istituti deflativi, ma anche in via propedeutica rispetto all’accertamento (si pensi all’invito a comparire obbligatorio, salve le ipotesi espressamente previste, di cuiall’art.5-ter, del D.Lgs.n.218/97).
Come rilevato da attenta dottrina (FUSCONI, Il contraddittorio nell’adesione e nel concordato preventivo, in «il fisco» n. 42/2003, pag. 6550):
“la regola del contraddittorio va inserita nel quadro del principio costituzionale del diritto alla difesa, il quale mira a garantire non solo l’uguaglianza delle parti, ma soprattutto di poter esporre e far valere le proprie ragioni e di conoscere le ragioni dell’altra parte, in modo da potervi controbattere ed influire così sull’esito della controversia.”
La stessa dottrina rileva che:
“se l’obbligo del contraddittorio nel processo tributario, derivante in prima ratio dall’art. 24 della Costituzione, è ormai unanimemente riconosciuto, opinioni contrastanti si osservano, invece, sull’esistenza del contraddittorio in sede amministrativa. Richiamandosi alla mancanza di una norma generale che sancisca il diritto del soggetto passivo a partecipare al procedimento di accertamento, certa dottrina tende a considerare l’interpello del contribuente solo come facoltà dell’Amministrazione e non come obbligo.”
Se mettiamo in fila i diversi istituti deflativi – adesione, mediazione, conciliazione – notiamo che, in particolare per gli accertamenti di valore non superiore a 50.000 euro, l’atto è stato già oggetto di un doppio contraddittorio (adesione e mediazione), per poi eventualmente ricevere un terzo contraddittorio con la conciliazione.
Il procedimento di Conciliazione giudiziale: il diverso contraddittorio
Nell’ambito della conciliazione giudiziale, si possono determinare contraddittori diversi a seconda dello stato del contenzioso. E sicuramente la gestione del contraddittorio sarà diversa.
Infatti, nella conciliazione ante sentenza, il contraddittorio non potrà che investire l’avviso di accertamento e il ricorso, mentre nel contraddittorio post primo grado entra in scena pure la sentenza, che sicuramente ha un peso nelle scelte di entrambe le parti.
In pratica, in queste ipotesi, a nostro avviso, si è in presenza di un contraddittorio “spintato”.
Il procedimento di Conciliazione giudiziale: la conclusione dell’accordo
La conciliazione fuori udienza si realizza con il deposito in giudizio – di primo o di secondo grado – di una “istanza congiunta”, cioè di una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito, con l’unica differenza che il soggetto deputato ad effettuare il deposito è ora individuato in ciascuna delle parti del giudizio e non più esclusivamente nell’Ufficio.
Elementi dell’istanza, così come analiticamente declinati nel corpo della circolare n.38/E/2015, sono:
- indicazione della commissione tributaria adita;
- dati identificativi della causa, anche con riferimento all’Ufficio dell’Agenzia e al contribuente parti in giudizio;
- manifestazione della volontà di conciliare, con indicazione degli elementi oggetto della proposta conciliativa ed i relativi termini economici;
- liquidazione delle somme dovute in base alla conciliazione (ovvero, per le conciliazioni intervenute nell’ambito di controversie aventi ad oggetto operazioni catastali, gli elementi che individuano esattamente i termini dell’accordo conciliativo, quali l’indicazione del classamento o della rendita catastale rideterminati);
- motivazione delle ragioni per conciliare;
- accettazione incondizionata del ricorrente di tutti gli elementi della proposta nonché delle somme liquidate;
- data, la sottoscrizione del titolare dell’Ufficio e la sottoscrizione del contribuente o, nei casi in cui vi sia obbligo di assistenza tecnica, anche del difensore ( il potere di conciliare la controversia deve essere espressamente conferito nella procura al difensore).
Pur in assenza di un termine prestabilito, gli estensori della circolare n.38/E/2015 ritengono che il deposito della proposta preconcordata debba avvenire non oltre l’ultima udienza di trattazione, in camera di consiglio o in pubblica udienza, del giudizio di primo o di secondo grado (un limite temporale è rappresentato dal momento in cui la causa è trattenuta in decisione).
Se sussistono le condizioni di ammissibilità della conciliazione, il giudice dichiara la cessazione della materia del contendere, anche parziale, qualora l’accordo riguardi solo una parte della pretesa erariale, procedendo in tal caso all’ulteriore trattazione della causa.
La conciliazione “fuori udienza” si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme dovute, con i termini e le modalità di pagamento (oppure sono indicati gli elementi relativi alla conciliazione “catastale”).
L’accordo conciliativo raggiunto “in udienza” deve risultare da apposito processo verbale, nel quale sono indicate le somme dovute ed i termini e le modalità di pagamento. L’accordo in questo caso viene formalizzato all’interno del processo verbale redatto dal segretario della Commissione.
La conciliazione “in udienza” si perfeziona con la redazione del processo verbale.
In entrambe le ipotesi la conciliazione ha efficacia novativa, con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente determina unicamente l’iscrizione a ruolo del credito derivante dall’accordo stesso e l’applicazione delle sanzioni per l’omesso versamento delle somme dovute in base alla conciliazione.
A seguito dell’intervenuta conciliazione, la Commissione dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
In ordine alla cd. terza conciliazione, cioè quella proposta dalla Corte di giustizia tributaria, per le controversie soggette a reclamo, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione, formulabile in udienza o fuori udienza, la conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale, nel quale sono indicati le somme dovute nonché i termini e le modalità di pagamento.
Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.
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