Solo l'inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria non fa scattare le sanzioni e la valutazione spetta al giudice tributario. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 6094 del 28 febbraio 2023
L’incertezza normativa oggettiva per la disapplicazione delle sanzioni tributarie può essere invocata solo in caso di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria.
Tale condizione può essere riferita solo al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere - dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione e non già ad un generico contribuente.
Questi i principi richiamati dall’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 6094 del 28 febbraio 2023.
L’Ordinanza della Corte di Cassazione sull’incertezza normativa
Nel caso in commento l’Agenzia delle entrate aveva notificato a due contribuenti due distinti avvisi di accertamento per violazioni delle disposizioni sul monitoraggio fiscale all’estero di attività finanziarie.
In particolare i contribuenti avevano presentato istanza di voluntary disclosure per l’emersione dei beni illecitamente detenuti all’estero ma la procedura non si era perfezionata per il mancato pagamento di tutte le rate dovute.
Da qui l’emissione degli atti impositivi, con applicazione delle sanzioni di cui al comma 2 dell’art. 2 d.l. n. 78/2009 e nei termini raddoppiati previsti da successivo comma 2-ter.
Con il primo motivo di ricorso i contribuenti hanno lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 2-ter e dell’art. 3 L. n. 212/2000, nella parte della sentenza in cui la CTR ha ritenuto l’applicabilità retroattiva del raddoppio dei termini previsto dall’art. 12, comma 2-ter d.l 78/2000 in ragione della sua natura sostanziale e non procedurale, anche alla luce dell’art. 3 dello Statuto del Contribuente.
Sul punto la Corte ha ribadito che la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, secondo comma, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale, con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva.
Diversamente, hanno natura procedimentale e non sostanziale, quindi con efficacia retroattiva, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12 in parola, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero.
Esse si applicano pertanto anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, secondo comma.
Alla luce di tali principi la Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso.
Continuando, i ricorrenti hanno lamentato violazione dell’art. 10, primo e secondo comma, l. n. 212/2000, relativamente all’irrogazione delle sanzioni nonostante il mancato perfezionamento della procedura per fatto dell’Ufficio e senza colpa dei contribuenti, quali persone offese dalla condotta delittuosa del loro consulente fiscale, appropriatosi delle ingenti somme, in violazione del principio di tutela di buona fede dei contribuenti, e la conseguente inapplicabilità delle sanzioni.
A riguardo la Corte ha ribadito l’orientamento per cui, in tema di sanzioni pecuniarie amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua dell’art. 10, terzo comma, del d.lgs. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria.
Tale condizione deve essere riferita al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere - dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione e non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario.
Nel caso di specie i contribuenti non deducono alcuna condizione di incertezza della norma quanto una loro personale e pretesa incolpevolezza, con conseguente incensurabilità della decisione impugnata.
La Corte di cassazione ha quindi rigettato il ricorso dei contribuenti.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Sull’incertezza normativa postula il giudice tributario