Fattura elettronica verso i consumatori finali solo se richiesta o quando obbligatoria. Ad evidenziarlo è il Garante per la Privacy nel provvedimento n. 454/2021, mettendo in chiaro i limiti previsti per le operazioni B2C.
Fattura elettronica verso i consumatori finali, da limitare l’emissione relativamente alle operazioni B2C.
Il titolare di partita IVA che effettua vendite di beni o prestazioni di servizi verso privati non può scegliere la tipologia di documento fiscale da emettere per certificare l’operazione, e la fattura elettronica non può considerarsi alternativa rispetto allo scontrino.
Ad evidenziare i limiti previsti è l’Autorità Garante per la Privacy, con il Parere n. 454 sullo schema di provvedimento dell’Agenzia delle Entrate relativo ai controlli sulle fatture elettroniche, pubblicato il 22 dicembre scorso.
Fattura elettronica verso i consumatori finali, per le operazioni B2C emissione limitata
Non è libera la scelta, da parte del titolare di partita IVA, di come certificare l’operazione di vendita di un bene o di prestazione di un servizio verso un soggetto privato.
Il Garante per la Privacy evidenzia un aspetto importante: l’emissione di fatture elettroniche verso consumatori finali in luogo di altri documenti commerciali, come lo scontrino, è limitata a casistiche precise.
Alle indicazioni rivolte all’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle nuove regole per la memorizzazione dei file XML delle fatture elettroniche, il provvedimento n. 454/2021 affianca quelle rivolte agli operatori economici, evidenziando nello specifico quanto segue:
“l’emissione, in luogo di altri documenti commerciali, di fatture elettroniche nei confronti dei consumatori finali – che, in conseguenza della trasmissione allo SDI, comporta anche i trattamenti da parte dell’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza disciplinati dallo schema in esame – può ritenersi autorizzata ai sensi del Regolamento unicamente laddove ciò sia previsto da un obbligo di legge (art. 6, par. 1, lett. c)), ovvero avvenga su richiesta del consumatore finale (art. 6, par. 1, lett. a)).”
Il Garante per la Privacy esprime quindi parere contrario all’utilizzo indiscriminato della fattura elettronica verso i consumatori finali. L’emissione è consentita solo se prevista per legge o se richiesta dal cliente.
Si tratta di un chiarimento importante e soprattutto inedito, di certo non fornito dall’Agenzia delle Entrate. L’emissione del classico scontrino fiscale, quando possibile e salvo richiesta esplicita da parte del consumatore privato, ha quindi priorità rispetto alla fatturazione in formato elettronico.
Sulle indicazioni fornite, l’Autorità Garante per la Privacy si affida al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ai fini della diffusione presso professionisti e imprese.
Fattura elettronica verso consumatori finali, dati memorizzati per 8 anni
I paletti posti dal Garante per la Privacy si inseriscono nel complicato scambio con l’Agenzia delle Entrate in merito all’utilizzo dei dati relativi ai documenti transitati dal SdI.
Il 20 settembre 2021 l’Agenzia delle Entrate ha trasmesso al Garante lo schema di provvedimento contenente le nuove regole per la memorizzazione delle fatture elettroniche, alla luce di quanto previsto dall’articolo 14 del decreto legge n. 124/2019.
La banca dati sintetica dell’Agenzia delle Entrate che conterrà i “dati fattura integrati” non includerà anche gli ulteriori dati rilevanti ai fini fiscali relativi alle fatture elettroniche verso privati, tra cui la natura, qualità e quantità di beni e servizi, come previsto al contrario per i documenti relativi ad operazioni IVA.
Anche le fatture elettroniche B2C, al pari di quelle B2B e B2G, entrano tuttavia nell’elenco dei documenti che l’Agenzia delle Entrate memorizzerà per otto anni, mettendo a disposizione ove necessario i file XML alla Guardia di Finanza.
Sebbene l’Autorità Garante per la Privacy prenda favorevolmente atto della parziale limitazione alla memorizzazione dei dati prevista per le operazioni tra privati, d’altro canto evidenzia alcune criticità emerse nell’ambito della fatturazione elettronica.
Dei 2 miliardi di fatture che transitano annualmente sul SDI dell’Agenzia delle Entrate, poco meno della metà è emessa nei confronti di privati.
La fattura elettronica B2C, Business to Consumer, al pari dei documenti tra titolari di partita IVA, contiene al suo interno dati di dettaglio, quali quelli relativi a beni ceduti o servizi prestati, descrizione delle prestazioni, sconti applicati o ancora abitudini di consumo del cliente.
Ed è da tempo che il Garante per la Privacy evidenzia i rischi legati alla tutela dei dati personali e di un’attività di trattamento dei dati da parte del Fisco che appare sproporzionata, seppur legata ad un legittimo interesse pubblico.
Fattura elettronica B2C, limitare i controlli verso i consumatori finali
In tale ottica, tra le condizionalità evidenziate nel parere del 22 dicembre 2021 un punto specifico è riservato ai controlli verso i consumatori finali.
Ad eccezione di quelli effettuati per detrazioni o deduzioni, all’Agenzia delle Entrate viene richiesto di prevedere che le verifiche fiscali verso i privati basate sulle informazioni contenute nei file XML delle fatture elettroniche siano avviate solo in conseguenza a controlli puntuali, effettuati preliminarmente nei confronti degli operatori economici, e in caso di elementi tanto rilevanti da far emergere un rischio di evasione fiscali.
Al di fuori di tali ipotesi, la richiesta è di escludere i dati degli XML relativi ad operazioni B2C dall’ambito dei controlli fiscali verso i consumatori finali.
La palla passa ora nelle man i dell’Agenzia delle Entrate, chiamata a recepire le indicazioni fornite dall’Autorità Garante per la Privacy.
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