Se la società è in fase di start up e i costi fissi sono destinati ad essere recuperati in un arco temporale sufficientemente lungo, il sostenimento di costi elevati non è sintomo di antieconomicità
Il sostenimento di costi elevati rispetto ai ricavi non è necessariamente un elemento di antieconomicità, sufficiente a legittimare un accertamento di tipo induttivo, se la società è in una fase di startup e i costi fissi sono destinati ad essere recuperati in un arco temporale sufficientemente lungo.
Questo in estrema sintesi il contenuto di una serie di pronunce giurisprudenziali più o meno recenti, come quella analizzato nel caso di specie.
Startup, antieconomicità e riflessi fiscali
La controversia riguarda il ricorso proposto dalla curatela fallimentare avverso un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate ai fini IPERG e IVA.
La CTP, che accolto il ricorso, ha ritenuto che non sussistessero i presupposti dell’accertamento induttivo utilizzato dall’Amministrazione finanziaria. In particolare non è stato accolto il rilievo sulla presunta antieconomicità della gestione, fondata sulla vendita di traffico telefonico ad un prezzo inferiore di quello d’acquisto, senza però considerare che il progetto imprenditoriale in questione versava in una fase di start up e comprendeva tra i costi anche quelli fissi destinati ad essere recuperati in un arco temporale sufficientemente lungo.
La CTR ha accolto l’appello dell’Ufficio e avverso tale decisione la società ha proposto ricorso per cassazione.
Per quanto qui di interesse, la società ha censurato la sentenza d’appello per erronea applicazione dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, avendo ritenuto che l’accertamento induttivo extracontabile potesse essere legittimato dall’inattendibilità della documentazione contabile, desunta dal risultato antieconomico della gestione imprenditoriale, derivante da costi economici che l’Ufficio non ha ritenuto proporzionati ai ricavi, senza tuttavia porne in discussione l’inerenza.
La corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo e cassato con rinvio la sentenza impugnata.
Il motivo di ricorso in esame attiene la questione relativa alla sussistenza dei presupposti per procedere all’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973.
A parere dell’Amministrazione finanziaria la prevalenza dei costi sui ricavi, tale da denotare un “comportamento che, oggettivamente, sfugge a qualsiasi parametro di buon senso imprenditoriale”, rappresenta un elemento sufficiente a valutare l’inattendibilità della contabilità della società.
Di diverso parere i giudici di legittimità che hanno mosso il giudizio osservando che la curatela aveva reiterato le proprie difese, anche riguardo all’asserita anti economicità dell’attività imprenditoriale in questione, con particolare riferimento alla concentrazione dei costi nella fase iniziale.
Reddito d’impresa e anti economicità
A riguardo la Corte ha già avuto modo di chiarire che, in materia di reddito d’impresa
“l’inerenza all’attività dei costi sostenuti deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro dai riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo, anche se l’anti economicità e l’incongruità della spesa possono essere indici rivelatori del difetto di inerenza”
Tuttavia il giudice - si veda, in particolare, la sentenza della Corte di Cassazione n. 24536/2019 - nel valutare l’anti economicità e l’incongruità della spesa, avrebbe dovuto prendere in considerazione le circostanze di fatto attinenti alle concrete modalità di svolgimento della fase iniziale dell’attività in questione, con particolare riguardo ai relativi costi fissi.
Se tali circostanze fossero state debitamente apprezzate, infatti, avrebbero anche potuto escludere il fondamento stesso dell’accertamento induttivo.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: In fase di startup gli elevati costi fissi non sono indice di antieconomicità