Manca poco alla chiusura della definizione agevolata delle liti pendenti: la scadenza è il 2 ottobre. Ecco una utile panoramica sulle norme vigenti e sulle istruzioni per fare domanda di adesione
A pochi giorni dalla scadenza per la chiusura delle liti pendenti – originariamente il 30 settembre, di fatto 2 ottobre, atteso che oggi è sabato – ci sembra opportuno riepilogare sinteticamente, con l’ausilio delle indicazioni di prassi diramate, le regole per chi aspetta magari gli ultimi giorni per decidere.
Ma i tempi sono assai stretti.
Chiusure liti pendenti: scadenza lunedì 2 ottobre, ecco la normativa di riferimento
La chiusura delle liti pendenti, disciplinata dalla L. n. 197/2022, cosi come modificata dal D.L. n. 34/2023, convertito con modifiche nella legge n. 56/2023, permette di definire le controversie, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti - alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023, ossia al 1° gennaio 2023 - in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e quello instaurato a seguito di rinvio, attraverso il pagamento di un determinato importo correlato al valore della controversia e differenziato in relazione allo stato e al grado in cui pende il giudizio.
Il Provvedimento prot. n. 30294 del 1° febbraio 2023 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per la presentazione telematica della domanda di adesione alla definizione agevolata delle liti pendenti, reso disponibile sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, unitamente alle relative istruzioni, che forniscono le indicazioni per la determinazione degli importi dovuti per la definizione.
- Provvedimento Agenzia delle Entrate numero 30294/2023
- Modalità di attuazione dell’articolo 1, commi da 186 a 202, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, concernenti la definizione agevolata delle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate
Successivamente, con il Provvedimento prot. n. 250755 del 5 luglio 2023, il modello di domanda è stato oggetto di restyling, per adeguarlo a quanto disposto dal D.L. n. 34/2023, convertito con modifiche dalla L. n. 56/2023, che ha allungato i termini di accesso alla definizione agevolata delle controversie tributarie.
Le liti possono essere definite a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, da presentare entro il 30 settembre 2023 (2 ottobre), con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, come indicato dal comma 2, dell’articolo 12, del D.Lgs. n. 546/1992.
In via generale il costo dell’operazione è pari al 100 per cento delle imposte richieste con l’atto oggetto di definizione, senza sanzioni e interessi, qualora, alla data del 1° gennaio 2023, l’Agenzia delle Entrate sia risultata vincitrice nell’ultima o unica pronuncia depositata ovvero il ricorso in primo grado sia stato notificato all’Agenzia delle Entrate, ma non ancora depositato o trasmesso alla segreteria della Corte di Giustizia Tributaria provinciale.
In deroga, in caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.
In caso di ricorso pendente in primo grado per il quale il contribuente si sia costituito in giudizio alla data del 1° gennaio 2023, ma non abbia ancora ottenuto, alla stessa data, una decisione giurisdizionale non cautelare.
In caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data del 1° gennaio 2023, le controversie possono essere definite con il pagamento del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado ovvero del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
Nell’ipotesi di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui sopra, per la parte di atto annullata.
Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia.
Mentre le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza erariale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 1° gennaio 2023, e con il pagamento del 40 per cento negli altri casi.
In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata.
Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte:
- le risorse proprie tradizionali previste dall’art.2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’IVA riscossa all’importazione;
- le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art.16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Le regole relative alla chiusura delle liti pendenti
L’attuale formulazione normativa consente il perfezionamento della definizione agevolata con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti, entro il 2 ottobre 2023.
Nel caso in cui gli importi dovuti superino l’ammontare di 1.000 euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni del D.Lgs. n. 218/1997, in un massimo di venti rate di pari importo, di cui le prime tre da versare, rispettivamente, entro:
- il 30 settembre 2023;
- il 31 ottobre 2023;
- il 20 dicembre 2023.
Le rate successive entro:
- il 31 marzo;
- il 30 giugno;
- il 30 settembre;
- il 20 dicembre di ciascun anno.
A scelta del contribuente, le rate successive alle prime tre possono essere versate in un massimo di cinquantuno rate mensili di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a decorrere dal mese di gennaio 2024, fatta eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale il termine di versamento resta fissato al giorno 20 del mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata.
È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17, del D.Lgs.n.241/1997.
Le ultime dalle Entrate: il lieve inadempimento allargato
Le Entrate, nel corso di un incontro svolto con la stampa specializzata pochi giorni fa, hanno sciolto due dubbi che investivano l’errore incolpevole e gli interessi da rateazione.
Nell’ipotesi in cui nella ripartizione delle somme versate il contribuente avesse erroneamente determinato il saldo dovuto, stante il rinvio alle disposizioni di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, contenuto nel comma 194, le Entrate ritengono che trovi applicazione la normativa sul c.d. “lieve inadempimento”, contenuta nei commi 3 e 4 dell’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, cui rinvia il comma 4 del citato articolo 8, come già affermato dalla circolare 27 gennaio 2023, n. 2/E, pag. 28.
La disciplina del lieve inadempimento si applica, quindi, in relazione al versamento di quanto dovuto per il perfezionamento della definizione agevolata in esame.
In particolare, il versamento tardivo o carente dell’importo complessivo delle somme dovute per la definizione della lite o della prima rata nei limiti fissati dal comma 3 del citato articolo 15-ter, non compromette il perfezionamento della definizione agevolata della lite.
Inoltre, in caso di versamento rateale, sono applicabili il comma 2 dell’articolo 15-ter, secondo cui:
“il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione”
Il successivo comma 3, che esclude la decadenza dalla rateazione in presenza di lieve inadempimento.
Ai sensi del comma 5 dello stesso articolo 15-ter, in tutti i casi in cui si configura il lieve inadempimento, l’Ufficio procede all’iscrizione a ruolo:
“dell’eventuale frazione non pagata, della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, commisurata all’importo non pagato o pagato in ritardo, e dei relativi interessi.”
A norma del successivo comma 6 dell’articolo 15-ter, tale iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente si avvale del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro novanta giorni dalla scadenza del termine previsto per il versamento.
Le Entrate offrono, altresì, un’importante apertura: considerate le specifiche finalità deflattive del contenzioso, proprie della definizione agevolata in esame, è opportuno che gli Uffici:
“in un’ottica di collaborazione con il contribuente e di non aggravamento del procedimento amministrativo, in presenza di errori incolpevoli dovuti, ad esempio, alla complessità del calcolo delle somme da versare che, pur eccedendo i limiti del lieve inadempimento, non siano incompatibili con l’evidente volontà di definizione della lite tempestivamente espressa, prima della emissione del provvedimento di diniego, invitino il contribuente a regolarizzare le carenze riscontrate.”
In caso di errore incolpevole:
“si ritiene, quindi, applicabile la disciplina del lieve inadempimento, ma l’Ufficio, attraverso la valutazione del singolo caso specifico, può, in ogni caso, invitare il contribuente alla regolarizzazione, in caso di complessità di calcolo delle somme dovute.”
Gli interessi da rateazione
Gli interessi da rateazione, per le somme dovute da un contribuente in pendenza di giudizio, sono scomputabili dal totale dovuto per la definizione agevolata della controversia ai sensi dell’articolo 1, comma 196, legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023).
Per le Entrate, le suddette conclusioni risultano confermate dalla circolare 1° aprile 2019, n. 6/E (cfr. il paragrafo 5.2), che, nel commentare il comma 9 dell’articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018, sostanzialmente analogo al richiamato comma 196 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2023, ha chiarito che il cd. “importo netto dovuto”, si calcola al netto di:
“a) somme pagate prima della presentazione della domanda di definizione a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione dell’atto ovvero in pendenza del giudizio.
Possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio, per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire.
Si ritiene che tra le somme scomputabili rientrino altresì gli interessi per dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo o affidate. In sintesi, vanno scomputati tutti gli importi in contestazione di spettanza dell’Agenzia delle entrate, già pagati in esecuzione dell’atto impugnato. Sono esclusi gli importi di spettanza dell’agente della riscossione (aggi, spese per le procedure esecutive, spese di notifica, ecc. (…).”
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Chiusura delle liti pendenti in scadenza lunedì 2 ottobre