Dipendenti statali precari: i dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Ragioneria dello Stato pubblicati il 23 maggio 2022 sul portale OpenBDAP inquadrano un fenomeno in leggera diminuzione rispetto all'anno precedente. I comparti più interessati dal precariato sono la Sanità e le Funzioni Locali. Le donne sono il 62,5 per cento dei dipendenti contratti flessibili.
Dipendenti statali e precari? L’abbinamento è possibile.
Il MEF ne ha contati oltre 109.000 nel 2020. Il dato viene rilevato nel conto annuale 2020 e nei dati pubblicati il 23 maggio 2022 sul portale OpenBDAP, e riporta come più della metà siano donne, precisamente nella proporzione del 62,5 per cento.
Tra i settori del pubblico impiego con maggior presenza di forme di precariato troviamo la Sanità con 47.284 unità e le Funzioni Locali con 38.815 addetti.
Peraltro, stando ai dati della Ragioneria Generale dello Stato nel tempo il ricorso a forme flessibili di lavoro dipendente è anche diminuito, dato che si partiva dai 121.824 dipendenti così contrattualizzati nel 2010.
L’andamento però di questa diminuzione è stato tutt’altro che costante, con una risalita nel 2017 e una nuova discesa negli anni seguenti.
Ma vediamo la distribuzione e la tipologia di questa categoria di lavoratori pubblici.
Dipendenti statali, ma precari: oltre 109.000 nei dati MEF, dove sono collocati?
Di solito non si abbina il precariato al lavoro nelle amministrazioni statali, ma come rileva lo studio del Ministero dell’Economia e delle Finanze sopra citato si tratta ormai di un mito, perché di dipendenti pubblici non a tempo indeterminato ve ne sono oltre 109.000 rilevati nel 2020.
Il fenomeno riguarda in gran parte forza lavoro femminile in una percentuale pari al 62,5 per cento, rafforzando la percezione di un fenomeno legato alla disuguaglianza di genere, anche perché può essere letto in combinazione con il dato del part-time che anche nel pubblico impiego è soprattutto femminile nella percentuale del 83,5 per cento.
In generale, il lavoro flessibile o precario che dir si voglia pesava per il 3,3 per cento nel 2020 con un calo dello 0,02 per cento rispetto all’anno precedente, considerando tutte le forme contrattuali relative quali la formazione, il lavoro in somministrazione o interinale, socialmente utile e a tempo determinato.
C’è anche una gerarchia dei settori a maggior presenza di dipendenti con contratti di tipologia cosiddetta flessibile: Sanità e Funzioni Locali rispettivamente con 47.284 e 38.815 unità, sono seguiti da Istruzione e Ricerca con 18.442 dipendenti, Comparto Autonomo o Fuori Comparto, che riguarda enti come la Presidenza del Consiglio e Unioncamere, 3.705 e Funzioni Centrali 1.064.
Lavoratori statali e precari, ma con quale contratto?
Appurato che il fenomeno del precariato nella Pubblica Amministrazione persiste, sebbene con numeri molto inferiori a quelli che spinsero la Commissione Europea a inviare un avviso formale al Governo italiano nel 2020, cerchiamo ora di vedere con quali contratti queste persone lavorano al servizio dello Stato.
Dai dati del MEF emerge che la prevalenza di dipendenti assunti con forme precarie ha un contratto a tempo determinato: ben 89.806 unità nel 2020.
Seguono i 13.248 assunti tramite agenzie per l’impiego, pertanto interinali o in somministrazione; mentre i lavoratori socialmente utili erano 6.048 e i contratti relativi a periodi di formazione erano 595.
Il quadro del lavoro flessibile nella Pubblica Amministrazione si può completare con il dato del lavoro a tempo parziale, che nel 2020 ha riguardato il 5,7 per cento dei lavoratori pubblici totali, ovvero poco più di 190.000, come già visto in gran parte donne.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dipendenti statali, ma precari: oltre 109.000 nei dati MEF aggiornati