Focus su insinuazione tardiva al passivo e calcolo degli interessi considerando criticità e posizioni della Corte di Cassazione
Capita spesso che gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate presentino domande di insinuazione tardiva, ex art. 101 L.F., richiedendo l’ammissione al passivo di crediti erariali, risultanti da partite di ruolo, nei confronti di soggetti dichiarati falliti.
Tali crediti sono peraltro composti di diverse voci, a titolo, rispettivamente, di imposte, sanzioni ed interessi.
Proprio in merito a tale ultima voce, però, possono verificarsi delle criticità, laddove il Curatore trasmetta il progetto di stato passivo afferente le domande tardive relative al fallimento, proponendo l’ammissione dei crediti erariali con esclusione delle somme dovute a titolo di interessi, per i quali, seppur specificatamente quantificati, non sia stato a suo avviso prodotto il completo dettaglio del calcolo.
Insinuazione tardiva al passivo e criteri di calcolo degli interessi
A fronte di ciò, l’Ufficio può comunque presentare osservazioni al progetto di stato passivo, trasmettendo prospetti esplicativi afferenti alle domande di insinuazione tardiva, con indicazione, ad esempio, con specifico riguardo agli interessi, del tasso applicato, della base imponibile e del periodo di riferimento.
Laddove poi neppure queste osservazioni siano reputate convincenti e il giudice delegato ammetta comunque gli importi dovuti all’Erario come da progetto del curatore (e dunque con esclusione degli interessi), sarà senz’altro opportuno proporre opposizione allo stato passivo, reso esecutivo ex art. 96 L.F., quanto meno per conoscere le ragioni della mancata ammissione.
A tal proposito, analizzando la fattispecie in diritto, è del resto opportuno evidenziare quanto segue.
La Suprema Corte ha, in più occasioni, statuito, sia pur in via generale e con riguardo a tutti i crediti, che, per il trattamento preferenziale accordato dalla legge agli accessori del credito, gli stessi non sono sottratti alla necessità di una specifica domanda di ammissione al passivo, ai fini della quale non è sufficiente la mera individuazione dell’importo complessivamente dovuto per interessi, ancorché distinta da quella relativa alla sorte capitale, ma occorre l’indicazione di tutti gli elementi necessari per il calcolo degli stessi (e quindi almeno della data di scadenza del credito e del tasso d’interesse applicabile), in modo tale da consentire al Giudice delegato nel procedimento di verificazione, ed al Tribunale nell’eventuale giudizio di opposizione, di verificare l’esatta determinazione dell’importo richiesto, anche in relazione al trattamento differenziato previsto per gl’interessi maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento (cfr., Cass., n. 21459/2017).
In base a tali indicazioni giurisprudenziali è comunque sufficiente l’indicazione dei parametri di calcolo e non certo anche l’allegazione dei fogli di calcolo.
L’art. 93 L.F., statuisce del resto, testualmente, al comma 3, al punto 2), che il ricorso deve contenere, tra gli altri elementi, “la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo”, e, al punto 3), “la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda”.
Il comma 4 del medesimo articolo specifica poi che il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ai numeri 1, 2 o 3.
La somma richiesta deve essere quindi sicuramente determinata, laddove però tale determinazione si ravvisa attraverso la precisazione dell’importo e l’individuazione delle ragioni in virtù delle quali si perviene a detto importo e non (come a volte richiedono i giudici) attraverso la produzione dei veri e propri calcoli che esplicitino il procedimento matematico per pervenire all’individuazione della stessa somma.
Come già espresso in sede di legittimità, tale interpretazione sarebbe infatti eccessivamente restrittiva (cfr., Cass., n. 21459 del 2017 già citata), precisando la stessa Cassazione che è necessario esplicitare gli elementi utili per il calcolo, i criteri di calcolo, ma non anche i fogli di calcolo, con indicazione di tutti i passaggi matematici attraverso cui si è giunti al quantum richiesto.
La Corte di Cassazione, come detto, non parla di produzione dei calcoli, ma di elementi necessari per il relativo calcolo.
E le due cose sono ben diverse.
La posizione della Corte di Cassazione su insinuazione tardiva al passivo e criteri di calcolo degli interessi
Per comprendere meglio la erroneità della tesi restrittiva è opportuno comunque richiamare anche altra più recente giurisprudenza della Corte, la quale ha specificatamente affermato che
“Il giudice delegato ai fallimenti, in mancanza di una sentenza passata in giudicato che abbia accertato il credito maturato a titolo di interessi moratori, deve compiere lui il detto accertamento in sede di ammissione al passivo del credito (…), secondo le regole stabilite dalla legge speciale, attuativa della direttiva comunitaria; e parimenti tale accertamento deve compiere il tribunale nella eventuale sede dell’opposizione al passivo” (Cass., n. 9730 del 25 marzo 2022).
Ancora la Suprema Corte, proprio in riferimento ad interessi su crediti tributari (seppur con riferimento ad un giudizio di impugnazione di cartelle esattoriali), con l’Ordinanza n. 38047 del 29 dicembre 2022, ha poi affermato che:
“La questione relativa all’onere di motivazione in punto interessi risulta infondata alla luce della recente statuizione di questa Corte (Cass. SS. UU. sent. n. 22281 del 14/07/2022) secondo la quale la cartella de qua allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata - con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati - attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, ….; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati - la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono - e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo”.
Le stesse Sezioni Unite, nella pronuncia richiamata, rilevano che, con riferimento al calcolo degli interessi, l’art. 20, primo periodo, Dpr. n. 602/1973, stabilisce che “sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 4 per cento annuo”, come determinato dall’art. 2, Dm. 21 maggio 2009, nonché dalle periodiche modifiche degli interessi dovuti, laddove l’art. 30 Dpr. n. 602/1973, stabilisce che “decorso inutilmente il termine previsto dall’art. 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”.
Il disposto normativo, secondo la Suprema Corte, consente dunque di procedere agevolmente alla verifica dell’importo comunicato dall’Amministrazione.
Le Sezioni Unite, quanto all’obbligo di motivazione in punto di interessi (e questo vale naturalmente in termini generali per ogni tipo di procedimento), osservano inoltre che rilevano, in tale contesto, anche i valori democratici ex artt. 2, 3, 52 e 97 Cost., dovendo reputarsi prevalenti, rispetto a non indispensabili oneri informativi (laddove rispettati nei minimi richiesti dalla normativa sopra richiamata), gli interessi “correlati al recupero delle entrate volontariamente non versate dal contribuente e da questi dovute, per effetto dell’accertato inadempimento contestato al contribuente evasore, in virtù dei doveri inderogabili di solidarietà, fra cui quello di concorrere alle spese pubbliche secondo il principio di capacità contributiva, nonché del principio di buon andamento dell’amministrazione con i suoi corollari di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione dei pubblici uffici”.
In applicazione di tali argomenti, le Sezioni Unite hanno quindi escluso la necessità di indicare in modo specifico le modalità di calcolo degli interessi e dei saggi d’interesse applicati, essendo invece sufficiente (e necessaria) l’indicazione della relativa base normativa e il computo complessivo del quantum richiesto.
Naturalmente, ogni, ulteriore, elemento informativo che l’Amministrazione finanziaria individui sarà di aiuto al giudice e potrà essere quindi utile ed opportuno.
Ma non a pena di legittimità ed ammissione dell’importo.
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