Imposta unica sulle scommesse: è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta. I dettagli nel testo dell'Ordinanza n. 3868 del 2022.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 3868/2022, ha trattato il sempre rilevante tema dell’imposta unica sulle scommesse su bookmaker esteri e nazionali.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Dogane aveva effettuato varie contestazioni nei confronti di una società di diritto austriaco, relative agli anni di imposta 2011, 2012 e 2013, quale coobbligata solidale con una ditta svolgente l’attività di centro di trasmissione dati, per mancato pagamento dell’imposta unica sulla raccolta delle scommesse a quota fissa.
La contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale aveva rigettato il ricorso, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.
L’Ordinanza n. 3868 del 2022 su imposta unica su scommesse e bookmaker esteri
I giudici di secondo grado affermavano la legittimità della ripresa operata dall’Ufficio, alla luce di quanto disposto dall’art. 1, comma 66, della L. n. 220 del 2010, di interpretazione autentica dell’art. 3 del Dlgs. n. 504 del 1998, nonché dell’art. 1 del medesimo Dlgs. n. 504.
Avverso tale sentenza la società proponeva infine ricorso per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 1, comma 66, della L. n. 220 del 2010 e dell’art. 3 del Dlgs. n. 504 del 1998, per avere la CTR, a suo avviso, erroneamente ritenuto il centro di trasmissione dati (cd. CTD) soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse (qualifica che, al contrario, apparteneva unicamente al bookmaker estero).
La ricorrente, con un secondo motivo di impugnazione, deduceva poi la violazione della L. n. 288 del 1998, per applicarsi l’imposta unica alle sole scommesse accettate in Italia, laddove, al contrario, nella specie, le scommesse erano state accettate all’estero dal bookmaker, unico soggetto responsabile nei confronti dello scommettitore.
Con un terzo motivo la società si duoleva poi della violazione dell’art. 1, comma 66, della L. n. 220 del 2010, che, siccome norma innovativa e non interpretativa, non poteva trovare applicazione retroattiva, rispetto al centro di trasmissione dati, in relazione agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore.
Infine, con un quarto motivo parte ricorrente lamentava la violazione della Direttiva CE n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, per violazione del divieto di doppia imposizione, presentando l’imposta unica sulle scommesse “caratteristiche che la sovrappongono all’imposta sul valore aggiunto”.
Secondo la Suprema Corte tutte le censure, suscettibili di trattazione unitaria, erano infondate.
Chiarimenti su imposta unica su scommesse e bookmaker esteri
Evidenziano i giudici di legittimità che la Cassazione, con la recente ordinanza del 30 marzo 2021, n. 8757 (seguita da numerose altre: cfr., tra le tante, Cass. 8907-8911/2021, 9079-9081/2021, 9144-9153/2021, 9160/2021, 9162/2021, 9168/2021, 9176/2021, 9178/2021, 9182/2021, 9184/2021, 9160/2021, 9516/2021, 9528-9537/2021, 9728- 9735/2021), all’esito di una compiuta ed analitica ricostruzione del sistema dell’imposta unica, fondata anche sui recenti interventi della Corte Costituzionale (sentenza 23.1.018, n. 27) e della CGUE (sentenza 26 febbraio 2020, in causa C-788/18), ha chiarito che:
- a) in tema di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria, operante per conto di bookmakers esteri privi di concessione, poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria, che costituisce il presupposto impositivo, assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, ed occupandosi della trasmissione all’allibratore dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento delle somme giocate, nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite;
- b) l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti, sicché, dovendosi escludere qualsivoglia restrizione discriminatoria tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri, nonché un pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi, il centro di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo di concessione avente sede in altro Stato membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali concessionari, è soggetto passivo d’imposta a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), L. n. 220 del 2010, godendo altrimenti di un’irragionevole esenzione per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema concessorio, funzionale a prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco (CGUE 26 febbraio 2020, causa 788-18, punti 18 e 21);
- c) in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della L. n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore;
- d) la Corte costituzionale ha dichiarato comunque l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del Dlgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della L. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie (e dunque, non il bookmaker estero) operanti per conto di soggetti privi di concessione. Per quel periodo non si può infatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità delle commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla L. n. 220 cit.;
- e) l’imposta di cui si discute non ha natura armonizzata, sicché i giochi d’azzardo rilevano in relazione alle norme concernenti non già i consumi, quanto, al contrario, la libera prestazione di servizi, presidiata dall’art. 56 del TFUE (Corte giust. 26 febbraio 2020, in causa C-788/18, punto 17). Come già recentemente chiarito dalla Cassazione (cfr. Cass., Sez. 5, 21.9.2021, n. 25450; Cass., Sez. 5, 14.7.2021, n. 20013), il tributo che qui rileva è, del resto, differente da una imposta sulla cifra di affari per varie ragioni, tra cui il fatto:
- che riguarda unicamente operazioni relative all’esercizio delle scommesse, irrilevanti a fini IVA;
- che non tiene conto del valore aggiunto di ciascuna, difettando nel sistema il meccanismo della detrazione IVA ed applicandosi il tributo all’importo scommesso;
- che è calcolata senza alcun riconoscimento di deduzione degli acquisti di beni e servizi inerenti effettuati nel periodo in cui sono poste in essere le operazioni di scommessa.
Ricorda infine la Corte come effetto del tutto risolutivo e dirimente ha avuto comunque, sul punto, il chiaro dictum del Giudice unionale (CGUE, sent. n. 24 ottobre 2013 in causa n. C-440/2012, Metropol Spielstàtten Unternehmergesellschaft), secondo il quale in forza dell’articolo 401 della direttiva IVA “le disposizioni di [tale] direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte (...) sui giochi e sulle scommesse, (...) e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d’affari (...)”.
La formulazione di tale articolo non osta, pertanto, a che gli Stati membri assoggettino un’operazione all’IVA, nonché, in modo cumulativo, a un tributo speciale non avente il carattere d’imposta sul volume d’affari.
Imposta unica su scommesse e bookmaker esteri: alcune considerazioni generali
L’art. 401 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, in combinato disposto con l’art. 135, paragrafo 1, lettera i) della stessa direttiva, deve essere pertanto interpretato nel senso che l’imposta sul valore aggiunto e un tributo speciale nazionale sui giochi d’azzardo possono essere riscossi in modo cumulativo, a condizione che tale ultimo tributo non abbia il carattere di un’imposta sul volume d’affari.
Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova infine anche evidenziare quanto segue.
La Corte di Giustizia si è pronunciata sul tema dell’imposta unica a carico di agenzie di scommesse e di bookmaker che operano in Italia senza concessione, stabilendo che l’articolo 56 del Trattato UE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno Stato membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i centri trasmissione dati stabiliti in tale Stato membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro stato membro, indipendentemente dall’ubicazione della sede di tali operatori e dall’assenza di concessione per l’organizzazione delle scommesse.
Conformemente all’articolo 1 del decreto legislativo del 23 dicembre 1998, n. 504, l’imposta unica è dovuta, del resto, per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero.
L’articolo 3 di detto decreto legislativo, intitolato “Soggetti passivi”, è così formulato: “Soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse”.
Ai sensi poi dell’articolo 1, comma 66, della legge del 13 dicembre 2010, n. 220:
-* (...) a) (...) l’imposta unica (...) è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze –Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
- b) l’articolo 3 del decreto legislativo [n. 504/1998] si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze –Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni.
Nessun dubbio sussiste, peraltro, in ordine al fatto che il contratto ex art. 1336 c.c., tra il ricevitore e lo scommettitore, si conclude in questi casi in Italia e non all’estero, anche considerato che la ricevuta di pagamento, rilasciata al giocatore dal ricevitore, è titolo al portatore per riscuotere l’eventuale vincita.
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