Analizziamo insieme le principali regole operative dell'istituto della mediazione tributaria. Di Gianfranco Antico.
Il vigente comma 1, dell’articolo 17-bis, del D.Lgs.n.546/92, stabilisce che
“il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa”
così che, nelle controversie in questione, la proposizione dell’impugnazione produce, oltre agli effetti sostanziali e processuali tipici del ricorso, anche quelli del reclamo/mediazione.
Come osservato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 38/E/2015:
“il procedimento di reclamo/mediazione è introdotto automaticamente con la presentazione del ricorso”
senza più la necessità di una apposita istanza di reclamo.
Resta ferma la facoltà per il contribuente di inserire nel ricorso una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.
In forza di quanto previsto dal nuovo comma 2, dell’art.17-bis
“Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo”
Ciò significa – osserva la circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 38/E/2015 - che la proposizione del ricorso determina l’apertura di una fase amministrativa di 90 giorni entro la quale deve svolgersi il procedimento di reclamo/mediazione.
Il termine di 90 giorni va computato dalla data di notifica del ricorso all’ente impositore ed è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, come esplicitato dal comma 2, ultimo periodo, dell’art.17-bis.
A seguito del perfezionamento della mediazione, la pretesa tributaria viene definitivamente rideterminata nella misura fissata dall’accordo di mediazione e il rapporto giuridico tributario, sottostante all’atto impugnato, si intende definito e non ulteriormente contestabile.
Nelle ipotesi di versamento rateale, l’atto originariamente impugnato perde efficacia a seguito del pagamento della prima rata.
In considerazione della definitività del rapporto tributario, intervenuta per effetto del perfezionamento della mediazione, la cartella di pagamento, emessa in caso di mancato versamento di una delle rate successive alla prima, può essere impugnata solo per vizi propri.
A seguito del perfezionamento, la mediazione non è impugnabile in quanto viene meno l’interesse ad agire in giudizio: l’eventuale ricorso sarebbe inammissibile.
In assenza del versamento integrale delle somme dovute, ovvero della prima rata in caso di pagamento rateale, la mediazione non si perfeziona e l’atto originario, avverso il quale il contribuente ha proposto ricorso, continua a produrre effetti.
Conseguentemente, il contribuente può decidere di:
- agire in giudizio, costituendosi in giudizio ai sensi dell’articolo 22 del D.Lgs. n. 546/1992;
- desistere dal contenzioso; in tal caso, decorso il termine di cui all’articolo 22 del Decreto Legislativo numero 46/1992, l’atto oggetto di istanza diviene definitivo e l’Ufficio procede alla conseguente riscossione.
Reclamo e mediazione: le spese del giudizio
La Legge numero 130/2022 – articolo 4, comma 1, lett. e) – è intervenuta sull’articolo 17-bis, del Decreto Legislativo numero 546/92, inserendo, dopo il comma 9, il comma 9-bis, secondo cui:
“In caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata ai sensi del comma 5, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio.
Tale condanna può rilevare ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione”
L’ipotesi di condanna alle spese di giudizio rafforza quanto già contenuto nell’articolo 15, del D. Lgs. n. 546/1992, in materia di spese di giudizio.
Infatti, in via generale, le spese del giudizio tributario seguono la soccombenza, per cui la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza - mentre la possibilità per la commissione tributaria di compensare in tutto o in parte le medesime spese - traslata al comma 2, dell’art.15, del D.Lgs.n.546/1992 – è consentita solo:
“in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate”
Per quel che qui ci interessa nello specifico, con la disposizione del comma 2-septies, dell’articolo 15, del D.Lgs.n.546/1992, il legislatore ha disciplinato le spese riferite alle controversie oggetto di reclamo/mediazione, con l’intento di incentivare l’utilizzo dell’istituto, potenziandone l’effetto deflattivo: nel caso di controversie proposte avverso atti reclamabili, le spese di giudizio liquidate in sentenza sono maggiorate del 50 per cento.
La disposizione ha riguardo alle spese di giudizio di cui al comma 1, dell’articolo 15, del D. Lgs. n. 546/92, ossia alle spese di lite che sono poste a carico della parte interamente soccombente, con la duplice finalità di incentivare la mediazione, e di riconoscere alla parte vittoriosa i maggiori oneri sostenuti nella fase procedimentale obbligatoria ante causam.
Come osservato allora dagli estensori della circolare n. 38/E/2015 non è stato, invece, riprodotto il secondo periodo del comma 10 del precedente art.17-bis, del D. Lgs. n. 546/92, che, ai fini della compensazione delle spese, faceva riferimento ai
“giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione”
Ciò nondimeno, resta salva l’applicabilità delle disposizioni recate dal comma 2, dell’art. 15, del D. Lgs. n. 546/1992; pertanto, fuori dai casi di soccombenza reciproca, la compensazione delle spese, comprese quelle della fase di reclamo/mediazione, può essere disposta solo qualora sussistano e siano espressamente dedotte in motivazione specifiche circostanze o aspetti della controversia, assistite dai requisiti della gravità e della eccezionalità, tra le quali potranno rilevare anche considerazioni in ordine ai motivi che abbiano indotto la parte soccombente a disattendere una eventuale proposta di mediazione.
- La riforma del processo tributario
- Circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 38/E del 29 dicembre 2015 (file integrale in formato pdf)
La norma oggi introdotta dalla Legge numero 130/2022, in particolare sulla responsabilità dei funzionari, che sicuramente ha come scopo principale quello di deflazionare il contenzioso tributario (ricordiamo che siamo ancora in una fase di contraddittorio amministrativo pre-processuale) va, inoltre, letta con la disposizione di cui all’art.39, comma 10, del D.L. n. 98/2011, conv., con modif., dalla L. n. 111/2011, secondo cui
“Ai rappresentanti dell’ente che concludono la mediazione o accolgono il reclamo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”. Nella specie, l’art.29, comma 7, secondo periodo del D.L. n. 78/2010, conv., con modif. dalla L.n.122/2010, prevede che “Con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate ai fini della definizione del contesto mediante gli istituti previsti dall’articolo 182-ter del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e dall’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata alle ipotesi di dolo”
Resta fermo che sarà necessario capire il significato di “immotivatamente” indicato dalla norma, per individuare le ipotesi in cui il funzionario potrà essere chiamato a risponderne, legato alla condanna al pagamento delle relative spese di giudizio.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Reclamo e mediazione: regole operative e spese del giudizio