Condizioni per accedere al cross class cram down

Partendo da un caso pratico, focus sulle condizioni di accesso al cross class cram down con un'analisi della normativa di riferimento

Condizioni per accedere al cross class cram down

Il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 100 del 2024, si è espresso in tema di cross class cram down, affermando alcuni principi che meritano di essere evidenziati.

Nel caso di specie, il piano concordatario era qualificabile alla stregua di concordato in continuità indiretta e prevedeva la stipula di un contratto di affitto di azienda per il periodo 1° gennaio 2024 - 31 dicembre 2029.

L’attivo concordatario era pari ad Euro 591.000, costituito, per la parte preponderante, dal ricavato dell’affitto del ramo d’azienda, nonché dal realizzo di crediti e da apporto di disponibilità liquide del socio debitore, oltre a finanza esterna, per Euro 110.000.

Condizioni di accesso al cross class cram down: il caso analizzato

All’esito delle operazioni di voto del ceto creditorio il Commissario Giudiziale aveva comunicato che la proposta di concordato non era stata approvata dai creditori, essendo state raggiunte le maggioranze richieste, di cui all’art. 109 comma 5 del CCII, solo nelle classi 2, 3, 4 e 5 e quindi in sole quattro classi sulle otto totali.

Il debitore presentava comunque istanza ex art. 112, 2 comma, CCII per aprire la fase della omologazione del concordato, ritenendo di avere tutti i requisiti stabiliti da tale norma per ottenere la omologazione da parte del Tribunale, anche in assenza di approvazione dei creditori.

Il Commissario Giudiziale esprimeva il suo parere positivo in ordine al possesso da parte della società proponente di tutti i requisiti stabiliti dalle lettere da a) a c) dell’art. 112, 2 comma, CCII, rimettendo all’interpretazione del Tribunale la valutazione sul requisito di cui alla lettera d), con particolare riguardo alla possibilità di ritenere esistente una maggioranza e, in mancanza, alle caratteristiche della classe cd. “in the money”.

L’Agenzia delle Entrate si opponeva all’omologa, censurando sia le risultanze della perizia sui beni immobili di proprietà della società, il cui valore sarebbe stato a suo avviso sottostimato, e ritenendo irragionevole la mancata valorizzazione del compendio aziendale e delle risorse ricavabili dall’esercizio di azioni di responsabilità, con conseguente alterazione delle prospettazioni in ordine alla alternativa liquidatoria. Inoltre si sollevavano dubbi sulla effettiva solidità del soggetto affittuario dell’azienda.

Quanto alla maggiore convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria il Tribunale rilevava che, in caso di liquidazione giudiziale, quasi l’intero valore del compendio immobiliare sarebbe stato destinato alla soddisfazione dei creditori ipotecari e, al più, dei lavoratori, nulla residuando per i crediti dell’Erario, seppur privilegiati.

Quanto poi alla valutazione delle azioni di responsabilità, tale aspetto era stato già valutato dal Commissario Giudiziale, il quale aveva rilevato che anche qualora fossero emersi elementi tali da giustificare un ricorso ad azioni di questo tipo, l’utilità a favore della procedura non sarebbe potuta essere superiore a quella attuale.

Quanto infine alle perplessità sulla solidità della società affittuaria, il Tribunale evidenziava che la valutazione doveva avvenire nei limiti della “non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”, laddove la giurisprudenza intervenuta sul punto chiarisce che (Trib. Trieste, 15 settembre 2023):

“Si tratta quindi di una prognosi di realizzabilità dei risultati attesi indicati nel piano, da condursi … in termini di non irragionevolezza del loro verificarsi. E, al riguardo, utili elementi a riscontro della sussistenza del requisito sono forniti dalla relazione dell’attestatore”.

Attestatore che sul punto aveva chiarito che “il piano concordatario assume connotati di fattibilità, nel senso che lo stesso appare ragionevole, sostenuto da una coerenza complessiva del programma con la situazione di partenza esposta, con una concreta probabilità di riuscita e realizzabile in base alle risorse generate dai flussi dell’affitto d’azienda e di quelle che si potrà concretamente ed effettivamente realizzare dando seguito agli impegni assunti”.

Giudizio sostanzialmente condiviso anche dal Commissario e con cui anche il Tribunale concordava.

Passando quindi al giudizio di omologazione, il Tribunale richiama il disposto dell’art. 109, comma 5, CCII sulle maggioranze necessarie per l’approvazione della proposta di concordato preventivo, secondo il quale, qualora si tratti di concordato in continuità, è necessario il voto favorevole di tutte le classi i creditori.

Tale ipotesi, come visto, non si era verificata dato che la proposta era stata votata favorevolmente solo dalla metà delle classi (quattro su otto).

Cross class cram down: le condizioni da verificare

Il successivo art. 112, 2 comma, CCI, per l’ipotesi di mancata approvazione nel concordato preventivo in continuità aziendale, consente poi al debitore di fare istanza al Tribunale, volta ad ottenere l’omologazione del concordato non approvato dai creditori qualora ricorrano congiuntamente quattro condizioni, ovvero che:

  • A) il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;
  • B) il valore eccedente quello di liquidazione sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore;
  • C) nessun creditore riceva più del proprio credito;
  • D) la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione; oppure, in mancanza, la proposta sia approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione, anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Passando ad analizzare la sussistenza, nel caso di specie, di ciascuna delle quattro condizioni di cui al secondo comma dell’art. 112 CCII, il Tribunale rileva che la prima (valore di liquidazione distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione) era rispettata.

Quanto alla seconda condizione (valore eccedente quello di liquidazione distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore), la distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione, quantificabile in poco più di Euro 21.000, non alterava l’ordine delle cause legittime di prelazione in termini di pagamenti percentuali dei crediti.

Quanto alla terza condizione (che nessun creditore riceva più del proprio credito), anche questa era ritenuta soddisfatta perché sulla base della documentazione presentata risultava chiaramente che non c’erano creditori con trattamenti preferenziali che andavano a percepire importi maggiori rispetto al credito vantato.

Quanto, infine, alla quarta condizione (approvazione della proposta dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione) essa richiedeva un’analisi più articolata.

Accesso al cross class cram down: le conclusioni del Tribunale

Il Tribunale conferma innanzitutto il principio già espresso anche dal Tribunale di Lucca (sentenza del 18 luglio 2023), in tema di alternatività tra cram down e cross class cram down, affermando che non è applicabile la norma di cui all’art. 88 comma 2 bis CCII con riguardo alle classi formate da creditori istituzionali privilegiati il cui voto sarebbe determinante e per le quali la proposta concordataria sarebbe più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, ribadendo, in sostanza, che il cram down fiscale non può essere adoperato per realizzare le condizioni per l’applicazione dell’art. 112, comma lett. d) in materia di ristrutturazione trasversale dei debiti (in senso contrario, si richiama invece orientamento della dottrina fatto proprio, seppure con qualche distinguo, da Trib. Spoleto 29 dicembre 2023).

Restava quindi da accertare se la proposta fosse stata approvata “da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione”, laddove, secondo il Tribunale, la ratio della disposizione risiede nel fatto che a sostenere la proposta debba essere una classe di creditori che, in ragione della collocazione della loro pretesa e della consistenza dell’attivo concordatario, sono destinati a sopportare (in linea tendenziale) i costi della loro scelta.

Si tratta, quindi, di creditori che nutrono comunque un’aspettativa di soddisfazione quantomeno parziale della loro pretesa “a valori di continuità”, risultando portatori di un reale interesse a che il piano di rilancio sia fattibile. A non potere concorrere con il loro (esclusivo) consenso a legittimare la ristrutturazione trasversale, sarebbero invece solo quei creditori c.d. “out of-the-money”, i quali riceverebbero una qualche soddisfazione esclusivamente in caso di approvazione del piano e che quindi non avrebbero nulla da perdere nel sostenere un piano anche ove lo stesso apparisse irrealizzabile.

I creditori “interessati”, in definitiva, possono essere tali in quanto hanno comunque due alternative fra le quali scegliere: da una parte una soddisfazione certa - ancorché meno consistente - ove si distribuisse il valore di continuità rispettando le cause legittime di prelazione, dall’altra una soddisfazione magari maggiore, ma incerta, in quanto legata alla realizzazione del piano concordatario.

In applicazione della norma così interpretata, il Tribunale concludeva pertanto per la possibilità di applicare la ristrutturazione trasversale in ragione della esistenza della classe 4 di creditori interessati (i professionisti), in quanto comunque destinatari di una qualche soddisfazione sul valore eccedente la liquidazione, con conseguente accoglimento della domanda di omologa.

In sostanza il Tribunale afferma che non deve trattarsi necessariamente di una classe “svantaggiata”, nel senso di classe che accetta nel concordato un trattamento deteriore rispetto a quanto le spetterebbe (come invece ritiene il Tribunale di Bergamo con pronuncia del 11/4/2023), in quanto nella norma del Codice non vi è riferimento alcuno alla classe “svantaggiata”.

Dal testo dell’art. 112 CCII risulterebbe chiaro, infatti, secondo il Tribunale, che il legislatore nazionale, fra le diverse opzioni possibili, ha scelto di fare riferimento unicamente a creditori “che sarebbero parzialmente soddisfatti”, ma senza richiedere che la soddisfazione sia migliore rispetto a quanto gli stessi otterrebbero in sede concordataria.

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